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“Su Alzano e Nembro toccava a Conte chiudere, ma Fontana doveva insistere”: a TPI parla il consigliere lombardo che ha divulgato il verbale Cts

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Il consigliere regionale Niccolò Carretta (Azione) ha ottenuto, con un accesso agli atti, il verbale della riunione del 3 marzo in cui il Comitato tecnico scientifico invitava il governo all'istituzione della zona rossa in Val Seriana. Un appello rimasto inascoltato

“È stato il comitato tecnico scientifico, messo in piedi dal governo, a dire che ad Alzano lombardo e Nembro si doveva chiudere come nel lodigiano. La zona rossa in quei comuni non avrebbe risolto tutti i mali, ma sicuramente sarebbe stata di grande aiuto. Se il campanello d’allarme era suonato non si capisce perché chi di dovere non l’abbia ascoltato”. A dirlo in un’intervista a TPI è Niccolò Carretta, consigliere regionale lombardo di Azione, che ha ottenuto grazie a un accesso agli atti richiesto il 7 aprile il verbale di una riunione del Comitato tecnico scientifico dello scorso 3 marzo, al termine della quale gli esperti chiedevano l’istituzione della “zona rossa” nei comuni di Alzano Lombardo e Nembro, nella bergamasca. La mancata chiusura dei comuni è stata oggetto di un’inchiesta a puntate di TPI sul focolaio di Covid-19 in Val Seriana.

S&D

Da cosa nasce la sua richiesta di accesso agli atti?
È una delle numerose che ho fatto durante i mesi del lockdown, da consigliere regionale bergamasco di opposizione e membro della Commissione Sanità. Credo che sia nostro dovere di consiglieri regionali usare tutti gli strumenti a nostra disposizione, inclusi gli accessi agli atti, per far emergere con trasparenza le informazioni che purtroppo la Giunta regionale e il governo hanno gestito in questi mesi.
Che idea si è fatto sulle responsabilità del governo? 
È un ulteriore tassello che dimostra quanto fosse importante chiudere repentinamente, come è stato fatto nel lodigiano, anche la media Val Seriana in bergamasca. Credo che Conte e Fontana – ma soprattutto Conte – debbano dare delle spiegazioni chiare, cosa che non è ancora stata fatta. Tant’è vero che questi verbali erano sotto segreto.

L’invito del Cts al governo secondo lei sminuisce le responsabilità di Fontana?
Non risparmio nessuna critica alla Regione. Penso abbiano gestito molto male l’emergenza sanitaria che pure – questo va detto – è stata assolutamente uno tsunami anomalo che ha travolto la Lombardia. È stata gestita male sopratutto per le scelte politiche fatte negli ultimi anni, come il venir meno degli investimenti sulla medicina del territorio. Per quanto riguarda il singolo caso della zona rossa ho sempre pensato che la responsabilità maggiore fosse in capo al governo.
Perché ritiene che sia Conte il maggiore responsabile?
Perché in quei giorni febbrili, in cui ci si attendeva la zona rossa, era pressoché chiaro a tutti che fosse un’azione che doveva arrivare dal governo di concerto con la Regione, come è stato fatto nel lodigiano. La sensazione è che a Roma non avessero minimamente idea di quanto fosse grave la situazione nella bergamasca – e credo che a tutt’oggi non ne abbiano pienamente idea – mentre l’errore della Regione è stato quello di non insistere adeguatamente.

Il risultato è che non c’è stata alcuna zona rossa.
Esatto. Personalmente non credo che una zona rossa avrebbe risolto tutti i problemi ed evitato tutte le tragedie che abbiamo visto a Bergamo e dintorni, ma sarebbe stata comunque un’azione di contenimento danni molto importante. Sono ancora in attesa di capire chi abbia bloccato questa zona rossa.
Eppure lo schieramento delle forze dell’ordine nei giorni successivi c’è stato.
Sì, c’è stata una perlustrazione che però si è fermata lì. Qualcuno li ha mandati in avanscoperta per capire la logistica di questa eventuale chiusura. Ma quando si è trattato di doverla fare si è preferito attendere qualche giorno, quando poi è arrivata la “zona arancione” per tutta Italia. Il problema – per rimanere in ambito medico – è che si è somministrata la stessa medicina a due malati in condizioni profondamente diverse. La “zona arancione” è stata utilissima in altre parti d’Italia e della Lombardia, nella bergamasca serviva una medicina molto più forte. Questo è stato un errore tragico.

Pensa che contro la decisione della chiusura abbiano avuto un peso possibili pressioni da parte delle industrie del territorio?
Questo punto per me è una questione molto chiara: ognuno fa il proprio mestiere. Il compito delle scelte, sopratutto in fasi così difficili, spetta solo alla politica. Non ho idea se Confindustria o singole imprese abbiano fatto pressioni. È possibile, non lo escludo. Ma se anche fosse vero, la responsabilità della mancata chiusura è imputabile solo ed esclusivamente a Stato e Regione, perché loro avrebbero potuto chiudere. Le associazioni di categoria delle imprese, se hanno fatto richieste, lo hanno fatto perché era interesse specifico della categoria che loro difendono. La chiusura della zona rossa non la doveva firmarla il presidente di Confindustria, ma Conte o Fontana. Non bisogna togliere alla politica le proprie responsabilità, lo dico da politico. Non ci si può nascondere dietro le presunte pressioni degli industriali.

Qual è la sua sensazione da cittadino e politico bergamasco, di fronte all’invito inascoltato del Cts al governo?
La sensazione è di grande amarezza e rabbia, perché il Cts – l’equipe di medici e scienziati scelti proprio per orientare le decisioni politiche – sono stati ascoltati in tanti casi, quindi hanno dato un contributo positivo. Dovevano essere ascoltati anche su quel caso specifico. La zona rossa non avrebbe risolto tutti i mali, ma sicuramente sarebbe stata di grande aiuto. Se il campanello d’allarme era suonato non si capisce perché chi di dovere non l’abbia ascoltato.

Leggi anche: Esclusivo Tpi: Documenti Cts, spunta una lettera inedita della Lombardia: “Dpcm di Conte ci impedivano di intervenire su Alzano e Nembro”

L’inchiesta di TPI sulla mancata chiusura della Val Seriana per punti:

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