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Strade affollate e tutto aperto: quel 7 marzo a Bergamo, video-reportage alla vigilia dell’inferno (di S. Lucarelli)

Tredici giorni fa, in piena emergenza, la città appariva così. In provincia, invece, c'era già la paura del contagio

 

 

 

Quando ci si chiede come sia stato possibile che a Bergamo si sia arrivati a 11 pagine di necrologi, come sia stato possibile che l’esercito abbia dovuto portare via le salme perché non si riuscivano più a cremare i corpi, come sia stato possibile che la Lombardia tutta sia diventata un lazzaretto, non bisogna partire da lontano. Bisogna partire da vicino. Da 13 giorni fa, per esempio. Cosa accadeva nel più grande focolaio d’Italia con quello del Basso Lodigiano, ovvero Bergamo e la Val Seriana quando ormai il Coronavirus era un’emergenza nazionale? Nulla che si possa neppure paragonare a quello che è accaduto a Codogno e i comuni limitrofi, comprese le più grandi Lodi e Crema.

Se infatti il basso lodigiano è diventato immediatamente zona rossa così come Vo’ Euganeo in Veneto, il 7 marzo, a poche ore dal decreto del governo che avrebbe reso zona rossa tutta la Lombardia, tra i comuni di Alzano, Nembro, Albino in cui era scoppiato un micidiale focolaio e la città di Bergamo, c’era una differenza impressionante. Nei primi si respirava l’aria del coprifuoco imminente, del lutto che era già entrato nelle case, della paura di uscire e di ammalarsi. A Bergamo Alta, a 10 minuti di macchina da quei comuni e quel focolaio, sembrava un giorno qualunque: negozi aperti, bar e ristoranti con gente che pranzava all’aperto, persone sedute sui gradini. Una Bergamo che non voleva fermarsi, distratta, forse inconsapevole.

Viene da chiedersi come sia stato possibile che quello che già accadeva negli ospedali della città e dei comuni limitrofi non fosse già abbastanza per chiudere tutto e chiedere con forza ai cittadini di rimanere in casa. Quando l’emergenza Coronavirus finirà qualcuno dovrà assumersi la responsabilità di tante scelte sciagurate e chiarire i perché, fermo restando che con ogni probabilità quei perché si trovano tutti nell’intervista al signore di Nembro, quello che nel video dice senza esitazione: “Finchè è aperto il cantiere di Luna Rossa, qui noi sappiamo che questi comuni zona rossa non lo diventeranno mai”. E così è stato.

Leggi anche:

1. Coronavirus Anno Zero, quel 23 febbraio all’ospedale di Alzano Lombardo: così Bergamo è diventata il lazzaretto d’Italia / 2. Le bare di Bergamo sono l’immagine simbolo della tragedia che stiamo vivendo (di Luca Telese)

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