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Coronavirus, un esame del sangue può svelare a che punto è la malattia e quanto durerà

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Un esame del sangue svela a che punto è il Coronavirus e quanto durerà

Nella lotta contro il Coronavirus arriva quella che sembra a tutti gli effetti una buona notizia: c’è un esame del sangue in grado di predire la progressione dell’infezione e quanto durerà la malattia: a dirlo uno studio, nominato Covid-Ip, di un team internazionale di ricercatori guidato da Adrian Hayday del King’s College London e del Francis Crick Institute di Londra, che ha visto anche il coinvolgimento dell’Istituto di Biologia e Patologia Molecolare del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-Ibpm) di Roma. La ricerca, pubblicata sulla rivista Nature Medicine, si è concentrata sull’analisi del sangue periferico e ha permesso di identificare alcuni dei tratti immunologici più comuni nei pazienti con Covid-19. In altre parole, ha dimostrato che il Coronavirus ha una sua firma immunitaria dinamica.

S&D

Gli studiosi hanno analizzato i campioni di sangue di 63 soggetti positivi al Coronavirus per cui si è reso necessario il ricovero in ospedale e confrontato i dati con quelli di un gruppo di controllo, formato da 55 persone sane, includendo i risultati ottenuti su 23 asintomatici o paucisintomatici che avevano superato l’infezione e 10 pazienti ricoverati per infezioni del tratto respiratorio inferiore, ma negativi al Covid-19. Lo studio sottolinea l’importanza dell’utilizzo di un test per analizzare nel sangue il ciclo cellulare dei linfociti T, cellule fondamentali della risposta immunitaria specifica. Il test in questione ha permesso di “identificare alcuni sotto-tipi di linfociti T proliferanti nei pazienti più gravi e di avere informazioni dettagliate sul loro ciclo cellulare, ovvero l’insieme degli eventi compresi tra la formazione di una cellula e la sua divisione in due”, spiegano i ricercatori.

“Le alterazioni dei linfociti T – ha spiegato Francesca Di Rosa, ricercatrice senior del CNR-Ibpm e visiting scientist presso il Francis Crick Institute – potrebbero riflettere la capacità del virus Sars-Cov-2 di tenere sotto scacco la risposta immunitaria, nonostante quasi tutti i pazienti abbiano anticorpi specifici nel sangue, prodotti dai linfociti B. I linfociti T e B sono le cellule del sistema immunitario che si occupano di mediare la risposta specifica contro un agente patogeno, infatti in presenza di uno stimolo i linfociti si attivano e si riproducono velocemente per fronteggiarlo. Nel Covid-19 la risposta dei linfociti T appare disregolata. Altro elemento correlato con la gravità del decorso clinico è la notevole riduzione dei granulociti basofili e delle cellule dendritiche plasmacitoidi. Inoltre, è stato dimostrato che l’aumento dei livelli di una triade di molecole (chemochina IP-10, interleuchina-10 e interleuchina-6) è un segnale premonitore dell’aggravarsi della malattia più attendibile di quelli finora analizzati (proteina C-reattiva, ferritina, D-dimero)”.

In parole più semplici, lo studio ha fatto luce su una serie di elementi che potrebbero essere combinati ai test clinici di routine per conoscere in anticipo quali sono i pazienti più a rischio e che potrebbero essere di grande aiuto in caso di emergenza sanitaria.

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