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Crociata contro “Via col vento”, riscrivere il passato non è il modo di scrivere un futuro migliore

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Raccontiamo velocemente gli accadimenti di questi giorni: lo sceneggiatore John Ridley, premio Oscar, qualche anno fa, per la sceneggiatura di “12 anni schiavo”, scrive al Los Angeles Times di “Via col vento” dicendo che è un film tremendo che “romanticizza lo schiavismo” e perpetua “alcuni degli stereotipi più dolorosi delle persone di colore”. HBO MAX, il nuovo servizio di streaming americano, rimuove il film dalla piattaforma. La gente si arrabbia per la censura e, quindi, viene comunicato che il film tornerà quando si sarà aggiunto all’inizio un disclaimer appropriato per comprendere al meglio quello che si andrà a vedere.

Io penso di aver visto Via col vento per la prima volta a 13 anni, l’ultima qualche mese, più di 30 anni dopo, in un aereo che mi portava alle Mauritius. C’è un fil rouge che unisce queste due visioni. La consapevolezza di cosa fosse la schiavitù e la capacità di capire che sullo schermo si stava narrando una tragedia incredibile. Mai ho pensato che i sudisti potessero aver ragione, mai ho pensato che il personaggio di Mami fosse “una macchietta divertente”. Esattamente come mai ho pensato che gli indiani fossero degli esaltati che andavano in giro a cavallo tirando frecce, né che il principe azzurro fosse quello di Cenerentola.

Ma non è solo questo il punto: tentare di cancellare pezzi della storia pop(olare) è un male, non perché sia “stalinista” o “censura” o qualsiasi cosa la gente di destra ami urlare, ma perché non è reale. Ovviamente parlo per me ma preferisco sempre sapere tutto, avere tutto, vedere tutto. Se guardo i personaggi gay o simil tali dei film degli anni 50/60, nove volte su dieci sono uno stereotipo vile e offensivo. Eppure amo vedere tutto ciò perché è una prova: un piccolo, amaro antidoto per l’invisibilità che era allora la regola. Eravamo lì e la gente ci trattava così. E in quel momento sento un po’ più di potere, perché so una piccola cosa in più su come ora siamo arrivati qui. Riscrivere il passato non è il modo di scrivere un futuro migliore.

Attenzione: sono d’accordo che “Via col vento” sia tutto quello che John Ridley dice che sia, così come so che è stato un film importantissimo. L’apice di un certo tipo di successo di Hollywood a soli dieci anni dall’avvento del sonoro e una pietra miliare importante nella carriera di tutti coloro che hanno partecipato alla sua realizzazione (pensiamo a Hattie Mc Daniels, interprete di Mami, primo premio Oscar ad un’attrice di colore grazie a quel ruolo, che ai membri delle associazioni che la chiamavano “zio Tom” rispondeva placidamente: “Perché dovrei vergognarmi a guadagnare 700 dollari a settimana per interpretare una cameriera? Se non lo facessi dovrei guadagnarne 7 a settimana facendo la cameriera per davvero”)

Dovreste guardarlo? Non devo certo dirvelo io. Dovreste poterlo guardare, anche questa settimana? Sì. E magari posso essere anche d’accordo con la decisione di HBO Max di aggiungere “un avvertimento”. Gli avvertimenti sono utili per le persone che ne hanno bisogno, e piccoli ed estremamente sopportabili per le persone che non ne hanno bisogno. Nonostante questo, Via col vento non penso necessiti di disclaimer. Ha 81 anni: il suo posto (buono e cattivo) nella storia del cinema è stato ampiamente discusso per decenni. Se ancora dopo 81 anni ne parli, quale sarà mai il limite della discussione? Cosa dovrebbe fare, per esempio, HBO Max con “A spasso con Daisy” dove nel 1989 la meravigliosa Jessica Tandy assume uno chaffeur di colore, per di più analfabeta? O con “il miglio verde” o “La leggenda di Bagger Vance” (quest’ultimo, ben più recente, ambientato in Georgia negli anni dei linciaggi) dove, praticamente, le persone di colore sono dipinte come santoni avvezzi alla magia nera? Cosa dovrebbe fare HBO Max con “Friends” per il suo cast tutto bianco e l’oblio voluto sulla diversità razziale? Ve li ricordate “I Robinson”? Rimossi da alcune piattaforme dopo la condanna di Bill Cosby come stupratore seriale. Ecco: come è possibile capire la storia della rappresentazione delle persone di colore in tv se mancano quei 200 episodi di una delle serie più viste di tutti i tempi?

Mettere un’etichetta di avvertimento su Via col vento è un modo per non esplorare nessuna di queste domande. E’ la fine di una conversazione piuttosto che l’inizio di una domanda più complessa: vogliamo che i servizi streaming che amiamo siano i custodi della storia del cinema o “i curatori” attivi di essa? Cosa ha cambiato la rimozione di “Via col Vento”? Cosa cambierà mettere un disclaimer? Nulla. HBO Max, così come i nostri Netflix, Prime Video è una strana combinazione di vecchio e nuovo: un vasto museo che ha un enorme negozio pieno di nuovi prodotti nella parte anteriore (ha annunciato che ha un miliardo di dollari stanziati per i nuovi contenuti). Proprio per questo se HBO Max vuole raccontare, giustamente, che “non siamo più così” la soluzione è piuttosto semplice: finanziare nuovi show, nuove storie, nuove serie capaci di parlare più forte di qualsiasi parola che ora precederà Gone With the Wind. Questo è quello che tutti dovremmo chiedere a gran voce.

Leggi anche: La storia va studiata, non cancellata. Abbattere i monumenti è pericoloso (di Stefano Mentana)
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