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In cosa consistono concretamente le nuove sanzioni alla Corea del Nord

Immagine di copertina
Kim Jong Un passa in rassegna le truppe durante le celebrazioni del Capodanno. Credit: Reuters

L'Onu ha deciso di ridurre le forniture di petrolio a Pyongyang e ne ha vietato le esportazioni tessili. Quali effetti avranno concretamente queste misure?

Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato all’unanimità nel pomeriggio di lunedì 11 settembre una risoluzione che impone nuove sanzioni economiche alla Corea del Nord dopo il suo ultimo test nucleare.

La risoluzione approvata, originariamente proposta dagli Stati Uniti, prevede in particolare:

  • la restrizione delle importazioni petrolifere da parte di Pyongyang, il cui principale fornitore è la Cina
  • il divieto di esportazioni tessili da parte del paese asiatico, per un valore complessivo di oltre 700milioni di dollari all’anno
  • una serie di provvedimenti al fine di limitare la possibilità dei cittadini nordcoreani di lavorare all’estero

Le sanzioni petrolifere

Che effetto avranno le restrizioni petrolifere sul regime? Impediranno davvero a Kim Jong Un di continuare a sviluppare il proprio arsenale nucleare e balistico? Probabilmente no.

Nonostante gli Stati Uniti volessero imporre un embargo totale sulle importazioni petrolifere da parte di Pyongyang, la Cina – principale partner economico della Corea del Nord – si è opposta.

Pechino non pubblica statistiche riguardo le proprie esportazioni di petrolio verso il regime di Kim Jong Un, ma si stima che fornisca a Pyongyang almeno 4 milioni di barili di greggio all’anno.

La mancanza di statistiche ufficiali rende l’analisi degli effetti di queste misure più difficile. Secondo l’Energy Information Administration degli Stati Uniti, il fabbisogno petrolifero giornaliero di Pyongyang non supera i 15mila barili di greggio al giorno, una quantità minima rispetto agli oltre 2,6 milioni di barili al giorno consumati in Corea del Sud, i 12,5 milioni di cui ha bisogno Pechino e gli oltre 19 milioni degli Stati Uniti.

Il problema maggiore delle sanzioni riguarda quindi la loro effettiva influenza su Pyongyang e sul suo apparato militare. Un paese meno dipendente dal petrolio subirà infatti danni minori da sanzioni di questo tipo.

Le nuove sanzioni impediranno poi alla Corea del Nord di importare due milioni di barili all’anno di prodotti petroliferi raffinati, come ad esempio la benzina, realizzando un taglio del 15 per cento delle importazioni totali, secondo l’Organizzazione mondiale del commercio (WTO).

Gli Stati Uniti stimano un effetto al ribasso sulle importazioni di prodotti petroliferi raffinati verso la Corea del nord di oltre il 56 per cento. Le misure previste dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu non bloccheranno però gli approvvigionamenti del regime perché le importazioni di greggio resteranno invariate.

Un rapporto del Nautilus Institute, che studia i rapporti tra Cina, Stati Uniti e le due Coree, sostiene infatti che restrizioni all’importazione di petrolio avranno un effetto soprattutto sulla popolazione nordcoreana e sui servizi offerti da Pyongyang alla popolazione.

“L’impatto immediato delle sanzioni ricadrà sul benessere della popolazione”, si può leggere nel rapporto. “La popolazione sarà costretta a … spingere gli autobus invece di salirci. Ci sarà meno elettricità a disposizione per le famiglie a causa della mancanza di cherosene”.

Le sanzioni petrolifere avranno quindi un effetto su Pyongyang, ma anche su quei paesi che più di tutti esportano prodotti petroliferi raffinati verso il paese asiatico.

Oltre alla Cina, che nel 2016 ha esportato verso la Corea del nord prodotti petroliferi raffinati per un valore complessivo pari a oltre 114 milioni di dollari, anche il Messico sarà colpito da queste restrizioni. Il paese del centro America, nel 2016, ha infatti esportato verso Corea del Nord prodotti petroliferi raffinati per un valore pari a quasi 1,7 milioni di dollari.

Gli altri due paesi che hanno maggiormente esportato questo tipo di prodotti in Corea del Nord sono India e Russia, le cui esportazioni verso Pyongyang sono già state azzerate nel 2016.

In una situazione in cui le importazioni estere da parte di Pyongyang sono calate di quasi il 30 per cento negli ultimi cinque anni e in cui il paese dipende molto meno dal resto del mondo per quel che riguarda i prodotti petroliferi raffinati, le sanzioni potrebbero avere lo stesso effetto di quelle già in vigore prima dell’11 settembre 2017, che non hanno impedito al regime di Kim Jong Un di portare avanti il proprio programma nucleare e missilistico.

La risoluzione prevede poi anche un’esenzione a scopo di sussistenza. Nel caso in cui, per esempio, il regime abbia bisogno di importare benzina per trasportare viveri e aiuti umanitari potrà farlo.

Questa misura è simile alle clausole già presenti in passato in altre risoluzioni di condanna della Corea del Nord da parte dell’Onu, sempre usate da Pyongyang per evitare gli effetti negativi di questo tipo di restrizioni economiche.

Il settore tessile

La risoluzione delle Nazioni Unite vieta anche l’importazione e l’esportazione di tessuti e di prodotti di abbigliamento, da parte di Pyongyang. Il tessile è uno dei principali settori economici della Corea del Nord, il cui valore degli scambi è stimato pari a un valore di 750 milioni di dollari dalla società di consulenza britannica IHS Markit.

Questo provvedimento potrebbe avere effetti concreti sul regime di Kim Jong Un, togliendo a Pyongyang un’importante fonte di valuta estera. Anche queste misure avranno un impatto sulla Cina, il paese che importa più materiali tessili dalla Corea del Nord.

Pechino infatti esporta materie prime verso Pyongyang, che le trasforma in prodotti lavorati all’interno delle fabbriche sfruttando manodopera a basso costo. Queste vengono poi esportate nuovamente in Cina, da dove vengono rivendute nel resto del mondo, soprattutto in Russia e Asia centrale.

Gli effetti di questo tipo di sanzioni dipenderanno quindi dall’effettiva applicazione da parte di Mosca e Pechino. Secondo le Nazioni Unite, Pyongyang ha raccolto almeno 270 milioni di dollari negli ultimi sei mesi, vendendo prodotti vietati dalle sanzioni già in vigore.

I lavoratori all’estero

La decisione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite impedisce anche a tutti i paesi di emettere nuovi permessi di lavoro per i circa 93mila nordcoreani che lavorano all’estero.

L’impiego dei lavoratori nordcoreani in altri paesi del mondo – soprattutto in Medio Oriente, Cina e Russia – rappresenta un’altra importante fonte di valuta estera per il regime di Kim Jong Un: infatti gli impiegati non vengono pagati direttamente dalla nazione che li ospita, ma tramite il governo della Corea del nord che invece riceve i soldi e ne trattiene una parte per sé.

Anche in questo caso, le Nazioni Unite hanno previsto un’esenzione per i contratti di lavoro già esistenti. Alcuni analisti sono scettici circa gli effetti immediati di questo divieto, ma ritengono che potrebbe essere un importante strumento di pressione internazionale sul lungo periodo nei confronti di Pyongyang. Queste misure vanno a colpire una fonte di approvvigionamento importante di valuta estera.

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