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Home » Gossip

Perché sta diventando una moda ostentare una finta povertà tra i viaggiatori

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Il trend del turista con lo zaino in spalla che gira il mondo con pochi soldi in tasca rivela un'ipocrisia

La possibilità di viaggiare gratis è da sempre un sogno utopico e privilegiato.

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Che si tratti di fare l’autostop, pulire i pavimenti degli ostelli, dei templi o degli ashram, i luoghi di culto tipici dell’India, o di lavorare nelle farm, i viaggiatori hanno sempre trovato un modo per realizzare questo agognato sogno.

Ma nell’era dei social media, del crowdfunding e degli hashtags, il desiderio di viaggiare senza un soldo ha subito un ulteriore cambiamento mostrandoci il fenomeno dei #begpackers: persone che viaggiano con zaino in spalla, i cosiddetti backpackes, con un budget misero, mendicando e chiedendo l’elemosina, o racimolando qualche soldo vendendo oggetti fatti mano, chiedendo contributi e carità nei locali o ai compagni di viaggio che incontrano lungo la strada.

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Spesso questo tipo di viaggiatori si incontrano nei paesi dove il reddito medio è di gran lunga più basso di quanto si potrebbe guadagnare lavorando con un salario minimo nel proprio paese.

Alla fine del 2017 le immagini di questi “finti mendicanti” sono diventate un trend su tutti i social.

La gente carica foto di questi viaggiatori arruffati che stringono tra le mani cartoni con scritte con richieste di offerte e aiuti. Questo fenomeno si concentra principalmente nei paesi del sud est asiatico, la meta preferita dei turisti occidentali con lo zaino in spalla.

Questa scelta di stile di vita condivide il “dna spirituale” delle persone che creano siti web di crowdfunding per progetti creativi come Kickstarters, GoFundMe pages, progetto di raccolta fondi per finanziare viaggi collettivi in giro per il mondo e via dicendo.

Ma questa scelta nasconde delle implicazioni etiche, mettendo in evidenza molti punti critici: questi escursionisti atterrano intenzionalmente in paesi poveri, senza risorse economiche per auto-sostenersi, garantendo una perdita e un danno per l’economia locale.

Nel migliore dei casi si può considerare un gesto sgradevole, ma nel peggiore si potrebbe giudicare come disonesto ed eticamente scorretto.

Per giunta, consumare cibo, acqua, spazio e utenze di elettricità e altro, senza contribuire e pagare, ma spendendo zero, sottrae risorse essenziali alla gente del posto che ne necessita, e oltretutto merita molto di più.

È anche vero che, tolto il contesto, è difficile capire se il viaggiatore che vediamo rappresentato come un mendicante in un post sui social lo stia facendo per una scelta di stile di vita con una motivazione ideologica o, al contrario, se si tratta davvero di uno sventurato che chiede aiuto perché ha perso un passaporto o il portafogli.

Vale la pena ricordare però che le ambasciate generalmente possiedono le risorse per aiutare i loro cittadini viaggiatori rimasti in difficoltà per questo genere di problemi.

Questa moda del viaggiare gratis nella nostra cultura si è estesa al di là della semplice categoria del turista da zaino in spalla. E gli hashtag sui social l’hanno fatta diventare una tendenza da emulare. I media hanno cavalcato l’onda.

Esiste una serie di Discovery Channel che ha come protagonisti turisti occidentali che viaggiano senza un soldo in tasca, per mostrare fino a che punto possono andare avanti senza risorse economiche.

Lo stesso ha fatto il Guardian che in un suo articolo fornisce le linee guida su come girare il mondo senza spendere denaro, chiedendo ai viaggiatori come siano riusciti a “sopravvivere” in questo modo.

In Thailandia questo trend è diventato così tanto un problema che le autorità del luogo, per arginare il problema, sono arrivate a formulare dei report ufficiali per sorvegliare e monitorare gli arrivi di questi turisti, ai quali veniva chiesto dopo l’atterraggio di dimostrare che avevano un minimo di contanti prima di entrare nel paese.

Lavorare mentre si viaggia è una tattica diffusa per far sì che il viaggio duri più tempo possibile.

Ma la scelta intenzionale di fare a meno del denaro, rischiando di rimanere senza mentre si è per strada, è una cosa diversa.

Nell’era dei social mostrare come viaggiamo non è soltanto una questione di quanti soldi abbiamo.

Caricare foto su Instagram in hotel lussuosi o al contrario postare l’immagine di un ostello sono entrambi segnali che vogliono dire molto di più della semplice informazione del luogo scelto per dormire quella notte.

I begpackers potrebbero pensare che il loro stile di viaggio appaia umile, in realtà è uno status symbol, proprio come tutti gli altri.

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