Esclusivo. Attentato a Kabul, la testimonianza a TPI: “Mancano le ambulanze: vogliono un genocidio” | VIDEO
“Vogliono sterminare l’etnia hazara, non c’è altra spiegazione”. Mohammad Hussein Naderi è un medico, giornalista e attivista, vive a Kabul con moglie e figlia, sognando di poter lasciare il Paese che ama ma che potrebbe ucciderlo. Testimone del terzo attacco terroristico in meno di due settimane a Kabul, racconta a TPI l’esplosione.
“Non ci sono più ambulanze, manca il carburante, l’elettricità”, racconta. Nel suo ospedale continuano a verificarsi scioperi del personale, mancano i soldi, i servizi, le strutture, e continuano a esserci attentati e persone da curare e da salvare.
L’etnia hazara è la più perseguitata dell’Afghanistan. Di origine sciita, parla la lingua dari, e rappresenta circa il 9% della popolazione Afghana.
Fino ai secoli scorsi, gli hazara rappresentavano la maggioranza della popolazione del Paese, ma continue persecuzioni da parte dei talebani e vere e proprie azioni di genocidio, hanno quasi sterminato il popolo.
Gli hazara sono riconoscibili per tratti somatici, altezza, colore della pelle: provengono dalla Mongolia, hanno spesso occhi a mandorla e visi molto chiari. La loro riconoscibilità è una condanna quotidiana poiché possono essere vittime di violenze in qualunque momento.
La paura si respira tra le strade di Kabul: tre attentati in pochi giorni, sono troppi. Aumentano le vittime, i feriti, e i talebani non commentano. “Diranno che sono stati gli attivisti di Daesh”, (i militanti ISIS legati alla creazione dello Stato Islamico e alle crisi in Siria e in Iraq), – racconta Mohammad.
Mohammad Naderi ci racconta la disperazione di una città ferita: “la sera si formano lunghe code di persone che chiedono di poter avere gli avanzi di pane nei negozi”. Nel tredicesimo distretto di Kabul donne e uomini seduti per terra attendono con pazienza un avanzo per passare la notte.
“Abbiamo problemi anche con la valuta: la nostra moneta si sta svalutando ogni minuto”. Proseguono le code alle banche, ora è possibile ritirare più contanti (prima contingentati), ma rischiano di valere sempre meno.
“Tutti i militari, giornalisti e collaboratori che in passato hanno lavorato anche indirettamente con stati occidentali sono possibili target” – prosegue Naderi. 3 delle vittime del precedente attentato sono giornalisti e l’informazione libera è sempre più a rischio.
Al momento le organizzazioni internazionali non hanno dato indicazioni precise sulle prossime azioni umanitarie nel Paese, che rischia di trasformarsi sempre di più in un campo di battaglia, di violenza e di disperazione.
Un paese a pezzi, che stenta a risorgere.