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“Funivia senza freni? Tutti sapevano. Facevamo giri di prova coi turisti a bordo”: le testimonianze degli operai del Mottarone

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Le testimonianze degli operai del Mottarone

“Senta, lo sapevamo tutti che non era normale viaggiare con i forchettoni montati, ma io temevo di perdere il lavoro se avessi detto no”: questa una delle testimonianze raccolte dagli inquirenti della Procura di Verbania e riportate in esclusiva dal Corriere della Sera tra gli addetti ai lavori della funivia Stresa Mottarone, crollata il 29 maggio scorso perché viaggiava con i freni disattivati dall’attivazione di alcuni “ceppi”, anche detti forchettoni.

Gli interrogatori condotti dagli investigatori a nove persone tra i dipendenti della ditta che gestiva la funivia dipingono un quadro allarmante: una situazione in cui tutti erano al corrente dell’anomalia – quella di lasciar viaggiare la funivia con i forchettoni montati, che bloccano l’azione dei freni –  e delle altre incuranze, ma nessuno si opponeva agli ordini che venivano dalla catena di comando, per timore di perdere il posto o perché non si capiva fino in fondo il rischio che correvano i passeggeri.

“Quella mattina, per la corsa di prova, non sono salito da solo ma con altre dodici persone, oltre al mio collega Zurigo. Questa è stata la corsa di prova quella mattina”, ha raccontato Pietro Tarizzo, l’operatore che il giorno del disastro del Mottarone aveva controllato l’integrità delle funi. L’uomo si rendeva conto che far salire turisti a bordo del giro di prova era una scelta avventata, ma si limitava a seguire gli ordini di Luigi Nerini, il titolare, oggi indagato, proprietario delle Ferrovie del Mottarone che gestisce la struttura, il quale disse “il gruppo sale con voi”.  E al gruppo: “Salite”.

Il tutto dopo una notte di temporale, “che avrebbe dovuto suggerire prudenza a chi doveva aprire l’impianto”. Quella mattina, ha raccontato Tarizzo “c’erano lui e la signora Patrizia. Sono andato a verificare le funi tenditrici. Ho fatto un controllo visivo puntando una pila su tutti i trefoli. Non c’erano anomalie. Dopodiché siamo saliti con le dodici persone sul Mottarone”. Agli inquirenti che gli hanno domandato se fosse una consuetudine fare la corsa di prova con i turisti, ha risposto: “No, non lo è ma capita. Quei dodici passeggeri hanno rischiato la vita in un giro di prova”. Ma Tarizzo “era stagionale” e “temeva di perdere il posto”. Per questo non si opponeva.

“Era Tadini a ordinare l’applicazione dei ceppi sui freni d’emergenza anche durante il regolare funzionamento dell’impianto. Quando gli ho chiesto se dovessi toglierli, lui mi ha risposto di lasciarli dov’erano, che c’era un problema ai freni”, ha dichiarato la macchinista Stefania Bazzaro sul comportamento del reo confesso e capo servizio indagato insieme a Nerini e al direttore di esercizio, Enrico Perocchio. Bazzaro si rendeva ben conto di quali fossero i rischi del dispositivo inserito. Qualche volta, allora, lo ha tolto, “quando c’erano i passeggeri”.

“È capitato di far viaggiare cabine senza ceppi. Per quanto ne so io succedeva quando l’addetto si dimenticava di toglierli. Ma è severamente vietato farle viaggiare così”, ha raccontato il vetturino Ahmed El Khattabi, secondo cui invece lasciare i forchettoni azionati era solo una dimenticanza, e non il frutto di una decisione presa dalla ditta per non rallentare l’attività della funivia del Mottarone dopo il lockdown. Fabrizio Coppi, agente di stazione, ha dichiarato di non avere certezze sul fatto che la cabina potesse viaggiare con persone a bordo e ceppo inserito.

“Ricordo di aver chiesto chiarimenti a Tadini, quando mi ordinò di non levarli. Disse: prima che si rompa una traente o una testa fusa ce ne vuole”, ha rivelato Coppi, affermando di ricordarsi in particolare di una una frase pronunciata da Nerini. “Una volta mi disse: stai tranquillo che tanto non succede niente”.  “Il mese dopo fui costretto a calare 38 persone da una cabina bloccata”, ha aggiunto.

Un altro elemento emerso dagli interrogatori è l’assenza di formazione tra i dipendenti: non tutti avevano seguito corsi di sicurezza per svolgere le varie funzioni. Tendenzialmente “si imparava sul campo” o osservando per pochi giorni quello che faceva il personale più esperto. Il figlio di Nerini, Federico, 22 anni, un corso sulla sicurezza lo aveva seguito, insieme ad un apprendistato in Dad. Bazzaro ha affermato: “per svolgere le mie mansioni si viene affiancati a un operatore per un periodo e dopo si effettuano delle prove tecniche: Io ho effettuato queste prove quasi subito”.

 

 

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