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La Milano-Sanremo ovvero Tadej contro il mondo

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Con la primavera che bussa alla porta, domani andrà in scena la 114ma Milano – Sanremo. Si partirà alle 10 da Abbiategrasso, alle porte meridionali del capoluogo lombardo, per raggiungere intorno alle 17 la città dei fiori dopo 294 chilometri. Sorpassata la metà del percorso, dopo aver valicato il Passo del Turchino, i corridori incontreranno il mare a Voltri. A questo punto, la corsa s’innesterà sull’Aurelia. Subito dopo Alassio, ai meno 60 dall’arrivo, si affronteranno in rapida sequenza i tre capi storici, nell’ordine Mele, Cervo e Berta. Dopodiché, superata Imperia, si arriverà a San Lorenzo al Mare dove la gara entrerà nel vivo. A 28 chilometri dal traguardo, infatti, comincerà la salita di Costa Rainera, poco più di 5.000 metri d’ascesa con pendenza media di poco superiore al 4% ed un tratto di massima che rasenta la doppia cifra. Non vi sono dubbi che questo sia il punto più duro del percorso, seppur non abbastanza selettivo per creare una frattura decisiva. Infatti, dopo l’impegnativa discesa che riporterà i corridori sulla SS1, ci saranno dieci chilometri di lungomare che sembrano fatti apposta per favorire il rientro d’un gruppo inseguitore. Oltrepassata Arma di Taggia, la corsa ai meno nove dall’arrivo affronterà il Poggio, tradizionale trampolino di lancio verso lo striscione conclusivo in Via Roma.

S&D

Consuetudine vuole che la contesa si decida al termine di quest’erta, più precisamente nello spazio di quasi cinque chilometri compresi tra l’ultimo d’ascesa, un interminabile falsopiano, e i tre e mezzo di discesa, un autentico serpentone con curve spesso cieche che riporta i corridori sull’Aurelia a duemila metri dall’arrivo. Spesso è bastato ad un corridore guadagnare venti metri in vetta al Poggio per poi arrivare solitario al traguardo. Questo fece cinque anni fa Vincenzo Nibali, andando a conquistare la più improbabile tra le molte splendide vittorie della sua gloriosa carriera. Matej Mohoric (Bahrain Victorious) l’anno scorso aspettò, invece, l’inizio della picchiata per dare vita alla discesa più spericolata nell’ultracentenaria storia della classicissima di primavera. Per la cronaca, è dal 2016, edizione in cui prevalse il francese Arnaud Demare (Groupama FDJ), che il successo non viene deciso in uno sprint di gruppo.

Gli occhi del mondo domani saranno tutti su Tadej Pogacar (UAE Team Emirates). Il fuoriclasse di Komenda ha approcciato la gara con un programma opposto dall’anno scorso, quando vi arrivò dopo aver conquistato con impressionante facilità Strade Bianche e Tirreno–Adriatico. In questa stagione, lo sloveno ha scelto la Parigi-Nizza come prova di rodaggio, fornendo risposte probabilmente ancor più confortanti di dodici mesi fa. Bisogna solo capire come i suoi avversari gestiranno quello che pare scontato: un ritmo forsennato sulla salita che porta a Cipressa in vista dell’attacco decisivo sul Poggio. Sarà presumibilmente questo il momento decisivo in cui il fiammingo Wout van Aert (Jumbo Visma), il suo eterno rivale, l’olandese Mathieu van der Poel (Alpecin Deceuninck), l’imprevedibile francese Julian Alaphilippe (Soudal Quick Step), lo sprinter australiano dagli occhi a mandorla Caleb Ewan (Lotto Dstny), il campione uscente Mohoric e, in ottica italiana, Filippo Ganna (Ineos Grenadiers) dovranno dimostrarsi capaci di giocare le loro carte fino in fondo.

Il primatista dell’ora è l’unico italiano che possa nutrire speranze oggettive di vittoria. Lo è ancora di più dopo la rinuncia di colui che avrebbe dovuto capitanare lo squadrone britannico: il campione olimpico della mountain bike, Thomas Pidcock. Parlare della marginalità della partecipazione azzurra suona beffardo considerando i risultati d’inizio terzo millennio con ben quattro vittorie nell’arco di cinque anni in Via Roma: Mario Cipollini nel 2002, Paolo Bettini l’anno seguente, Alessandro Petacchi nel 2005 e, infine, Filippo Pozzato dodici mesi dopo. Gli anni seguenti al citato poker hanno purtroppo dimostrato che, se non fosse per il lampo dello Squalo nel 2018, oggi staremmo vivendo una situazione analoga alla vigilia del 1970, anno in cui Michele Dancelli pose fine ad un digiuno di 17 anni facente seguito alla doppietta di Loretto Petrucci nel 1952/53. Speriamo, quindi, che sulla ruota di Sanremo esca domani il numero del recordman dell’ora. In caso contrario, ci si può sempre consolare con un buon bignè.

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