Michael Douglas al Taormina Film Fest: “Chiedo scusa per il presidente Trump, ho fatto l’attore come rivalsa verso i miei genitori”

Il primo giorno al Taormina Film Festival con la direzione artistica di Tiziana Rocca è stato il giorno di Michael Douglas. La star americana, nonostante i suoi ottant'anni, non si è minimamente risparmiato e ha risposto sempre con grande attenzione alle domande degli studenti
Nella prima giornata del ricco programma del Taormina Film Festival (10-14 giugno), con la direzione artistica di Tiziana Rocca, protagonista assoluto è stato Michael Douglas, che ha ricevuto il Taormina Excellence Achievement Award al Teatro Antico. L’attore, regista e produttore, due volte premio Oscar, nonostante i suoi ottant’anni non si è affatto risparmiato, e si è dimostrato contento, generoso disponibile, rispondendo sempre con grande attenzione alle domande degli studenti nella masterclass, all’incontro con i giornalisti, e concedendosi ai fan che lo hanno aspettato per ore per poterlo salutare e farsi un selfie.
Una generosità di altri tempi, rispondendo a domande che hanno toccato i momenti più importanti dalla sua carriera e della sua vita.
Cominciando dagli inizi che non sono stati semplici: “Ho cominciato per una certa rivalsa verso i miei genitori, entrambi attori. Ma sono sempre un attore di seconda generazione: dovevo così dimostrare più degli altri, trovare la mia identità. Finalmente sono uscito dall’ombra di mio padre quando ho vinto l’Oscar (miglior attore per il ruolo di Gordon Gekko in Wall Street di Oliver Stone). Solo allora mi sono sentito riconosciuto, considerando che mio padre è stato in corsa tre volte per gli Oscar, ma non l’ha mai vinto. Insomma non è vero che se sei figlio di una star hai la strada spianata, devi correre con le tue gambe”. Uno dei momenti di svolta della sua carriera è stato produrre Qualcuno volò sul nido del cuculo, cult che vinse ben 5 premi Oscar. “Non avevo mai pensato di fare il produttore. Mio padre non riusciva a farlo produrre. Io l’avevo letto, e mi dissi: ‘Lascia che ci provi io.’ E ha cambiato totalmente la mia vita”.
Douglas ha ricordato con affetto e ironia anche l’epoca di Basic Instinct: “Stavamo faticando a trovare l’attrice giusta, poi Paul Verhoeven mi mostrò l’audizione di Sharon Stone e fu uno shock. Lui è olandese, molto calvinista, e spaventava le attrici parlando subito di nudità. Ma Sharon fu fantastica. Ce l’abbiamo fatta. Ne sono orgoglioso”.
Ma oggi Hollywood è molto diversa. “Un tempo un politico era un servitore pubblico, non uno da spettacolo. Lo stesso vale per il cinema: è sempre più difficile diventare star. Non vogliono più promuoverle, perché costano troppo. Preferiscono puntare sull’intelligenza artificiale, sulla CGI e sugli effetti visivi. E nemmeno i guadagni retroattivi – i cosiddetti back-end – esistono più, perché con lo streaming non conviene.”
Douglas ha poi riflettuto sul mestiere dell’attore oggi, soprattutto per le nuove generazioni: “I miei figli vogliono fare questo lavoro, ma il mondo è cambiato. Non ci sono più uffici casting. Ora ti chiedono un self-tape fatto con l’iPhone, lo mandi e raramente ricevi risposta. Non c’è contatto umano. È un lavoro solitario. E la disoccupazione nel nostro sindacato è al 90%. È durissimo.”
Michael Douglas non si è sottratto neanche alle domande sulla politica e Donald Trump, andando diretto al punto: “Mi rendo conto che molta della responsabilità del caos nel mondo viene dal mio Paese. Mi vergogno di questo e mi scuso. Mi scuso con i vicini del Canada e Messico, ma anche con i Paesi dell’Unione Europea e della Nato”.
“Sono nato nel 1944, alla fine della Seconda guerra mondiale, ma questo è il periodo peggiore che io ricordi nella mia vita”, ha detto l’attore due volte esprimendo preoccupazione per l’aumento generalizzato delle spese per la difesa: “Non sono felice nel vedere i bilanci militari salire ovunque, soprattutto nel mio Paese, che insiste nel chiedere agli altri di aumentare i propri. Mi è difficile capire, con tutta l’intelligenza e l’intelligenza artificiale che abbiamo oggi, come possiamo avere ancora così tanti conflitti. È ridicolo”.
“Trump ha trasformato l’immigrazione nella benzina del suo motore politico. Prima ancora di essere eletto, diceva che tutti gli immigrati erano assassini e stupratori”, ha spiegato ancora Michael Douglas.
“Una volta tornato presidente ha sfruttato il potere esecutivo sostenendo che gli Stati Uniti erano minacciati, così da non dover passare dal Congresso. Ha governato sfruttando questo potere”. Continua l’attore, rincarando la dose: “Ha fatto della California un bersaglio strategico: è uno Stato blu, democratico, con una vasta presenza di immigrati, molti dei quali lavorano da decenni, soprattutto nella Silicon Valley, che produce il 60% del cibo americano. Spesso anche in passato erano lavoratori stagionali che venivano dal Messico. Entro il 2030 lo spagnolo sarà la lingua più parlata nello Stato. È tragico che Trump abbia usato tutto questo come strumento politico, alimentando paura e divisione senza alcuna ragione” ha concluso.
A proposito della generazione Z, dice: “Mio figlio minore ne fa parte, è una generazione verso cui nutro grandi speranze. Spero davvero che riescano a migliorare politicamente tutto e ripulire questo casino che abbiamo fatto. La nostra politica è corrotta, il denaro è diventato troppo importante nelle nostre democrazie”
Douglas poi ritorna sulla sua carriera ricordando uno dei momenti più difficili della sua vita, quando ha avuto un tumore grave. Aprendosi in modo sincero ed emozionando tutti. “Pensavo che non avrei mai più lavorato. Ero vivo, ma svuotato. Il cinema mi ha salvato”.
L’attore ha ricordato il periodo successivo alla sua malattia, quando ricevette la proposta di interpretare Liberace in Behind the Candelabra, diretto da Steven Soderbergh: “Steven mi disse che dovevamo aspettare un anno, perché aveva un altro film da girare. Anche Matt Damon aveva impegni. Ero distrutto: pensavo che il progetto sarebbe sfumato. Ma poi ho capito che volevano darmi tempo per rimettermi in forze. Ero troppo magro, non avevo energia. E invece di farmi sentire come un problema, si assunsero loro la responsabilità di questo rinvio. È stata una delle cose più generose che abbia mai vissuto.”
Il film fu un successo e rappresentò per Douglas una vera rinascita: “Girarlo fu meraviglioso. Ho sempre ammirato il coraggio di Matt Damon: per un protagonista come lui, interpretare quel ruolo non era scontato. Ma lo ha fatto con dignità e profondità. Per me è stata l’occasione per tornare alla vita, non solo alla recitazione.”
Il più grande colpo di fortuna della vita di Michael Douglas? “Sposare mia moglie, Catherine Zeta-Jones. Ricordo di aver letto un articolo di una rivista che stava girando un film con Sean Connery e che le piacevano gli uomini più grandi e così mi sono fatto avanti”.
Cosa le ha detto suo padre quando ha vinto il tuo primo Oscar come miglior attore? “Se avessi saputo che avresti avuto così tanto successo, sarei stato più gentile con te”.