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Morte Sana Cheema, tribunale del Pakistan assolve tutti i parenti accusati: “Non ci sono prove”

Immagine di copertina

Secondo il giudice non c'erano prove sufficienti per condannare gli 11 indagati. Tra gli imputati c'erano il padre, la madre e altri familiari della ragazza

Il 15 febbraio 2019 il Tribunale distrettuale di Gujrat, nel nord-est del Pakistan, ha assolto gli imputati per l’omicidio di Sana Cheema, la ragazza italo-pakistana uccisa il 18 aprile del 2018.

S&D

La ragazza stava cercando di ritornare a Brescia per sposare il fidanzato italiano, scatenando l’ira della famiglia.

Secondo il giudice non c’erano prove sufficienti per condannare gli 11 indagati, né testimoni dell’omicidio. Tra gli imputati c’erano il padre, la madre e altri familiari della ragazza.

La vicenda

Sana Cheema, 25 anni, una ragazza di origini pakistane ma cresciuta in Italia, è stata uccisa il 21 aprile 2018 per aver rifiutato un matrimonio combinato.

A maggio il padre, secondo i media locali, aveva confessato l’omicidio della figlia con l’aiuto di uno dei figli maschi: la ragazza si opponeva a un matrimonio con un suo parente.

L’autopsia disposta aveva rivelato che alla ragazza era stato spezzato l’osso del collo.

L’uomo, 56 anni, che ha la cittadinanza italiana, è agli arresti da settimane in Pakistan insieme al figlio Adnan Mustafa e al fratello della ragazza, Mazhar Iqbal. Il delitto d’onore risale al giorno prima della prevista partenza di Sana per l’Italia.

Le autorità pakistane si erano occupate della riesumazione del corpo, sepolto in tutta fretta senza autorizzazione dai parenti e in una zona lontana da Mangowal, il villaggio d’origine.  I due rischiano ora la pena di morte o l’ergastolo. Lo zio rimane sotto inchiesta.

L’esame medico legale effettuato sul corpo di Sana Cheema, eseguito dal Punjab Forensic Laboratory, aveva infatti riscontrato “fratture all’osso del collo”, prova di uno “strangolamento”.

I familiari hanno sempre sostenuto che la ragazza fosse morta per cause naturali presentando anche un certificato medico, risalente a pochi giorni prima della morte, nel quale si documentava un ricovero per bassa pressione.

Sana Cheema, secondo quanto denunciato dai suoi amici bresciani, sembra aver rifiutato un matrimonio combinato dalla famiglia e questo avrebbe scatenato la reazione della famiglia che uccidendola avrebbe messo a tacere la vergogna per questo rifiuto.

Sana era tornata a vivere da tre mesi e mezzo nel piccolo villaggio nei dintorni di Mangowal, nel distretto di Gujrat, dove è stata sepolta il giorno successivo alla sua morte.

Nessuno, al momento del decesso, aveva presentato denuncia. Il padre aveva spiegato che la ragazza era morta per un malore, forse un infarto.

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