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“Le donne se vogliono andare allo stadio siano relegate nei settori dedicati come nei paesi musulmani”: il commento provocatorio di Massimo Fini

Immagine di copertina
Credit: Afp

Massimo Fini, noto giornalista e opinionista, ha scritto un articolo sul Fatto Quotidiano che sta facendo discutere. Difendendo Fulvio Collovati, ex calciatore che a Quelli che il calcio aveva detto che a sentire parlare di calcio una donna gli si rivoltava lo stomaco, Fini è anche oltre.

S&D

“Provate a spiegare a una donna il fuorigioco e poi mi direte. Per quel che mi riguarda le donne se proprio ci tengono ad andare allo stadio dovrebbero essere relegate in qualche settore a loro dedicato come avviene, saggiamente, in alcuni Paesi musulmani”, ha scritto Fini.

Secondo il giornalista, il calcio, è rimasto “l’ultimo luogo del sacro in un Occidente totalmente materialista”. Un vero e proprio rito, un rito omosessuale, maschile, “che permette di esprimere, sublimandola, l’omosessualità che è in ciascuno di noi senza incorrere nel rimbrotto sociale”.

Il giornalista scrive questo articolo per difendere la libertà di esprimere opinioni, specialmente quelle che vanno fuori dal coro.

“Riprendendo gli episodi che riguardano Collovati e Simeone vorrei sottolineare come ormai in questa società molto democratica sia di fatto proibito esprimere, con parole o gesti, le proprie opinioni o le proprie emozioni senza incorrere non solo nella sanzione sociale ma anche, come nel caso di Collovati, in quella professionale. Collovati ha detto una sciocchezza? Può darsi. Ma ha il pieno diritto di dirla se vale ancora nel nostro Paese il principio della libertà di espressione garantito dall’art. 21 della Costituzione. Invece tutto ciò che esce dal luogo comune è proibito”, dice Massimo Fini.

Il giornalista continua sottolineando quanto oggi sia feroce la “repressione democratica nei confronti dei nostalgici del fascismo”. E se la prende con chi censura chi fa il saluto romano, chi fa ricerca sull’olocausto, chi fa revisionismo storico.

Secondo Fini la nostra epoca è caratterizzata dal voler mettere le “manette ai sentimenti” e in particolare da una repressione dell’odio e neanche i regimi totalitari erano arrivati a tanto. “L’odio è un sentimento, come lo è l’amore, la gelosia o l’ira, e come tale non è né contenibile né punibile in quanto tale. Va da sé che se tocco anche solo un capello a una persona che odio devo finire in gattabuia”, dice ancora Fini. “Invece non possiamo più dire né fare nulla. Nemmeno toccarci i coglioni”, conclude.

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