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Sanità territoriale e medicina generale: i problemi e le carenze della Lombardia

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Una dottoressa dell'Usca, Unità speciali di guardia medica Covid, si appresta a effettuare una visita domiciliare per una persona malata, Brescia, 31 marzo 2020. ANSA/FILIPPO VENEZIA

Nella lunga vicenda riguardante l'epidemia di Covid-19 e il ripensamento della gestione sanitaria, si apre una riflessione sul ruolo dei medici di famiglia. Se il centrodestra chiede un loro maggiore impegno su tamponi e vaccini, il Pd segnala le carenze di organico che complicano le attività di prevenzione, aggravando ulteriormente la pressione sugli ospedali

I medici di medicina generale, in quanto figura-chiave dell’assistenza territoriale, sono al centro del dibattito politico. Se negli scorsi mesi non sono mancati scontri tra la categoria e Regione Lombardia, più di recente sia l’assessore al Welfare Giulio Gallera che il consigliere leghista Andrea Monti hanno polemizzato sul fatto che ben pochi medici abbiano dato la propria disponibilità ad effettuare i tamponi e le vaccinazioni contro l’influenza.

S&D

Un tema scivoloso, quest’ultimo, visto che, prima ancora delle dovute considerazioni sugli obblighi contrattuali di questa peculiare figura professionale e sugli spazi angusti nei quali la maggiora parte di loro esercita, bisognerebbe risolvere il problema dell’approvvigionamento che, come più volte rimarcato da TPI, procede con un ritardo denunciato anche da 70 Sindaci del Milanese. Ma c’è (molto) di più.

Secondo la denuncia del Pd lombardo, nella sola Milano mancano ben 56 medici di base, carenza che sale a 160 unità allargando lo sguardo alla Città Metropolitana. Il tema è stato al centro della conferenza stampa organizzata oggi dai Dem per segnalare quelle perduranti criticità della sanità territoriale, che – in mancanza di adeguati interventi – finiranno col ripercuotersi negativamente sulle strutture ospedaliere. Silvia Roggiani, segretaria del Pd metropolitano, critica la “pessima gestione da parte di Regione Lombardia”, sostenendo che “di fronte ad un sistema sanitario al collasso e una medicina territoriale sacrificata da anni, questa Giunta nulla sta facendo per rimediare alla solitudine a cui ha costretto personale medico-sanitario e cittadini. Non possiamo e non vogliamo rinunciare ad essere cassa di risonanza di quello che non va, raccogliendo le voci di chi si sente abbandonato. Nella Regione che conta un quarto dei positivi a livello nazionale è indispensabile trovare soluzioni perché si rimetta in moto il tracciamento e, soprattutto, perché si rimedi al più presto alla questione dei vaccini che mancano. Abbiamo teso la mano la Regione Lombardia con proposte concrete, è inaccettabile che continuino a declinare per non ammettere il loro fallimento. Bisogna cambiare rotta, adesso”.

La consigliera Carmela Rozza propone di farlo “assistendo i malati a casa e questo lo si fa con i medici di medicina generale, con le Usca e con gli infermieri di famiglia. In ospedale ci deve andare solo chi ha bisogno. Oggi la medicina territoriale lombarda è debole e insufficiente e in sua assenza, ancora una volta sta arrivando il privato. È successo con i tamponi, poi con i vaccini, ora anche con l’assistenza telefonica, che alcuni operatori offrono a 90 euro, e la visita di un medico e la diagnostica a domicilio, proposta a 450. La Regione non può stare a guardare, deve trovare i medici che mancano perché la strategia seguita fin qui è fallita. I medici vanno incentivati ad accettare e vanno supportati. Le Usca vanno portate al livello indicato dal governo, anche reclutando i neolaureati e gli specializzandi. Tutti devono poter contare su strumenti di telemedicina. Abbiamo di fronte tre mesi difficili e senza medicina territoriale il Covid avrà la meglio”.

“Il tracciamento e la prevenzione sono fondamentali, soprattutto nelle comunità chiuse” aggiunge il vicepresidente del Consiglio regionale Carlo Borghetti.

“Oggi solo il 50% degli ospiti delle RSA è stato vaccinato, l’anno scorso eravamo al 100%. Le persone fragili vanno protette e realtà come le case di riposo e le residenze per disabili devono poter contare su test settimanali di ospiti e personale, con l’utilizzo dei tamponi rapidi”.

Il capogruppo Pd in consiglio regionale Fabio Pizzul spiega che “la situazione in Regione ci preoccupa” e riferendosi all’incontro di maggioranza convocato per discutere dei problemi della sanità e di eventuali riassetti organizzativi, aggiunge: “Il vertice di ieri si è trasformato nell’ennesimo nulla di fatto che prelude probabilmente all’arrivo di un supertecnico per commissariare un assessorato alla sanità già commissariato. C’è uno stallo che impedisce di dare indicazioni salde e chiare alla macchina regionale per affrontare la pandemia. Noi offriamo proposte e disponibilità al confronto, perché ci vuole compattezza istituzionale in momenti come questi, ma la giunta Fontana sembra incapace di cogliere questa disponibilità. La Regione sta mancando, non così Roma, che si è mossa in questa fase con grande rapidità, sia per l’istituzione delle zone rosse che per i ristori alle categorie più colpite, che sono già stati accreditati. Grazie all’intervento dell’esercito, e non della Regione Lombardia, è stato possibile incrementare il tracciamento, grazie quindi allo Stato”.

A proposito del Governo centrale, il sindacato degli infermieri Nursing Up esprime soddisfazione per lo stanziamento nella Finanziaria di 335 milioni di euro destinati all’indennità richiesta dal Presidente Antonio De Palma nel corso della sua recente intervista a TPI. La buona notizia fa seguito all’apertura da parte di Davide Caparini, assessore al Bilancio della Regione Lombardia, nonché Presidente del Comitato di Settore Comparto Regioni-Sanità, che nei giorni scorsi (proprio in quest’ultima veste) aveva preso un impegno formale affinché le istanze degli infermieri fossero accolte.

Dove non arriva il pubblico, però, i pazienti sono costretti a rivolgersi al privato. Nei casi migliori, sono le stesse amministrazioni a far ricorso a partnership tra pubblico e privato per ovviare alla carenza di servizi. E’ il caso, ad esempio, del Comune di Meda (Mb), dove l’amministrazione di centrodestra, in collaborazione con l’Istituto Auxologico, ha attivato un centro per il tampone “Drive through” presso Largo Don Ernesto Catturini: il test viene offerto al prezzo calmierato di 85 euro, con esito disponibile online “di regola” entro 48 ore.

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