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Home » Esteri

Ultima chiamata per Julian Assange: ora l’Europa deve battere un colpo

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Il fondatore di WikiLeaks attende l’estradizione negli Usa in un carcere britannico di massima sicurezza. Eppure come finalista del Premio Sakharov potrebbe presenziare alla premiazione prevista al Parlamento Ue e sfuggire a 175 anni di galera. Ma Londra deve smetterla di comportarsi come Putin

Ha trascorso gli ultimi dieci anni a sfuggire a un ordine di cattura degli Stati Uniti, dove è ricercato per aver divulgato documenti secretati. Dopo aver passato quasi sette anni rifugiato nellambasciata dellEcuador a Londra, dal 2019 Julian Assange è detenuto nel carcere britannico di massima sicurezza di Belmarsh in attesa di essere estradato negli Usa, dove rischia fino a 175 anni di reclusione. Ma la speranza è lultima a morire e potrebbe arrivare dal Parlamento europeo, Londra permettendo.

Il giornalista era infatti tra i tre finalisti del premio Sakharov 2022 per la libertà di pensiero, assegnato ogni anno dallEurocamera dal 1988. Alla fine, lonorificenza è stata attribuita al coraggioso popolo ucraino” che continua a resistere allinvasione russa. Ma non tutto è perduto perché la vera battaglia riguarda la liberazione del fondatore di WikiLeaks e la tutela della libertà di stampa. Come di consueto infatti, il Parlamento europeo dovrebbe invitare tutti i finalisti a presenziare alla cerimonia di premiazione prevista a Strasburgo il prossimo 14 dicembre. Le autorità britanniche dovranno allora decidere se negare o meno tale diritto ad Assange, mettendosi sullo stesso piano della Russia di Putin.

La proposta dal M5S

Lidea arriva dalleuroparlamentare del Movimento 5 Stelle, Sabrina Pignedoli, promotrice della candidatura di Julian Assange al premio Sakharov 2022, a cui negli scorsi mesi si sono uniti unaltra quarantina di deputati di quasi tutti i gruppi (escluso Renew Europe). «Sapevo che, visto lanno particolare, una vittoria sarebbe stata difficile ma quello che più mi premeva era portare il caso allinterno delle istituzioni europee», ricorda Pignedoli a TPI. «Al di là degli inviti alla moglie Stella Morris e al padre John Shipton, frutto delle iniziative di singoli parlamentari, cera bisogno di un impegno da parte del Parlamento e nonostante il premio Sakharov non rappresenti una presa di posizione comune, di fatto Assange è stato votato tra i finalisti e questo dimostra un interessamento da parte dellistituzione al caso: era il primo passo da fare».

Ma lobiettivo resta ben più ambizioso. «Ora il Parlamento europeo dovrebbe rispettare la consuetudine di invitare tutti i finalisti alla cerimonia di assegnazione», aggiunge leurodeputata. «So che sarà difficilissimo ma ci batteremo fino allultimo perché Assange possa partecipare di persona». E non è solo una questione politica, presenziare a Strasburgo potrebbe infatti aiutare il giornalista anche a livello umano. «È un uomo detenuto da tre anni e mezzo in un carcere di massima sicurezza, in una cella minuscola, che vede i suoi figli solo ogni tanto», sottolinea la parlamentare. «Avere la possibilità di uscire e di partecipare a un evento che testimoni la vicinanza delle persone alla sua causa lo aiuterebbe anche a livello psicologico».

Ma come dovrebbe avvenire il tutto operativamente? Di solito, il Parlamento europeo recapita alla persona o ai suoi collaboratori un invito a presenziare alla cerimonia di premiazione e poi spetta allinteressato/a rispondere se e come intende partecipare, indicando chi eventualmente possa rappresentarla in caso di impossibilità a prendervi parte.

Il caso di Assange però è particolare, come riconosciuto anche dalla riunione dei capigruppo dellEurocamera. Non è ancora chiaro se e chi – dallufficio di presidenza di Roberta Metsola o dalla Conferenza dei presidenti (di cui fanno parte anche i leader di tutti i gruppi politici) – possa recapitare una richiesta formale alle autorità britanniche. «Se sarà necessario ci rivolgeremo anche direttamente a Metsola», ribadisce Pignedoli. «Faremo di tutto perché Assange possa uscire e arrivare a Strasburgo da uomo libero».

Precedenti poco incoraggianti

Le probabilità di successo di una tale richiesta, spiegano a TPI fonti interne al Parlamento europeo, sono comunque piuttosto scarse, non tanto per mancanza di volontà a Bruxelles ma perché i governi interpellati solitamente fanno orecchie da mercante. È la storia a dirlo. Basti ricordare i primi vincitori del premio istituito nel 1988: il dissidente sovietico Anatoly Marchenko, a cui fu assegnato postumo, e Nelson Mandela, che lo ritirò soltanto nel 1990 dopo la sua liberazione dalla prigione Victor Verster, nel Sudafrica dellapartheid. Lo stesso accadde alla leader birmana Aung San Suu Kyi, insignita nel 1990, ma che soltanto nel 2013 riuscì a ritirare lonorificenza (poi sospesa nel 2020 per il suo ruolo nelle atrocità contro il popolo Rohingya).

Il dissidente cinese Hu Jia, a cui il premio fu assegnato nel 2008 quando era ancora detenuto, non ha invece mai ritirato il prestigioso riconoscimento. Nonostante sia stato scarcerato nel 2011, da allora vive ancora sotto stretta sorveglianza. Alla cerimonia di premiazione, a cui loppositore non potè partecipare, presenziò con un video registrato la moglie e attivista per i diritti umani, Zeng Jinyan.

Ma il caso più recente risale al 2021, quando il premio Sakharov fu assegnato al dissidente russo Alexei Navalny, detenuto in un carcere di massima sicurezza e sopravvissuto a un attentato nellagosto 2020. Nel dicembre scorso fu la figlia Daria a ritirare il premio a nome di suo padre perché le autorità russe negarono allo storico oppositore la possibilità di presenziare alla cerimonia.

Allora fu appositamente riservato un seggio vuoto allEurocamera in segno di protesta contro latteggiamento repressivo di Mosca. Una scena che potrebbe ripetersi il prossimo 14 dicembre con il fondatore di Wikileaks rappresentato da un collaboratore o da un suo familiare, probabilmente la moglie Stella Morris. «Unaltra sedia vuota sarebbe un pessimo segnale per la nostra democrazia», conclude Pignedoli, lanciando un appello a «segnare la differenza con altri Paesi». «Credo fortemente che siamo diversi da certi regimi ma dobbiamo dimostrarlo con i fatti». Non certo comportandosi come Putin.

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