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Home » Esteri

Israele costruirà altre 22 colonie nella Cisgiordania occupata

Immagine di copertina
Il premier di Israele Benjamin Netanyahu e il suo ministro delle Finanze Bezalel Smotrich. Credit: RONEN ZVULUN/POOL/SIPA / AGF

Il governo Netanyahu ha fatto sapere che il provvedimento ha l’obiettivo esplicito di “impedire la creazione di uno Stato palestinese”

Israele costruirà altre 22 colonie nella Cisgiordania occupata con l’obiettivo esplicito di “impedire la creazione di uno Stato palestinese”. L’approvazione del nuovo piano da parte del gabinetto politico di sicurezza del governo israeliano, su proposta congiunta dei ministri della Difesa e delle Finanze Israel Katz e Bezalel Smotrich, risale in realtà alla scorsa settimana ma l’esecutivo del premier Benjamin Netanyahu ne ha dato notizia soltanto oggi.
Il provvedimento per la realizzazione
dei nuovi insediamenti (illegali
ai sensi del diritto internazionale)
consentirà, secondo una nota diramata dal ministero
della Difesa di Tel Aviv, di costruire
“una serie di nuove comunità”
e “la legalizzazione di vari avamposti”,
già realizzati illecitamente anche per le leggi israeliane.

Le nuove colonie di Israele
Queste nuove colonie, secondo il governo israeliano,
”rafforzeranno la presa strategica
su tutte le parti della Giudea e della Samaria”
(come viene chiamata la Cisgiordania in Israele, ndr)
e “impediranno la creazione
di uno Stato palestinese”. Il piano prevede la ricostruzione
degli avamposti di Homesh
e Sa-Nur, evacuati nel 2005
durante il ritiro unilaterale
di tutte le colonie israeliane
da Gaza e di una parte dalla Cisgiordania; altri quattro
insediamenti lungo il confine orientale con la Giordania; e un totale di 16 in aree vicino a Hebron,
Nablus, Gush Etzion, al Mar Morto e nella Valle del Giordano. I nuovi insediamenti, inoltre, dovrebbero rafforzare la presenza
dei coloni lungo la Route 443,
un’autostrada strategica che collega
Gerusalemme a Tel Aviv. Non tutti però saranno costruiti ex novo: 12 di questi infatti sono avamposti già esistenti da legalizzare, uno sarà riconosciuto come insediamento indipendente e 9 verranno realizzati da zero.
Questa mossa, ha commentato
il ministro della Difesa israeliano
Israel Katz, “rafforza la nostra presa
(sui Territori occupati, ndr) e rappresenta
una risposta decisiva al terrorismo di matrice palestinese”.
”È un giorno importante
per il movimento per gli insediamenti
e per lo Stato di Israele”, ha aggiunto il collega alle Finanze, Bezalel Smotrich.
“Insediarci nella nostra patria
è lo scudo difensivo dello Stato di Israele”. “È la decisione più importante dal 1967”,
ha esultato Israel Ganz, presidente
del Consiglio Yesha, che riunisce
le amministrazioni degli insediamenti israeliani in Cisgiordania. “Non siamo qui solo per restare
ma piuttosto per stabilire lo Stato di Israele, a nome
di tutti i suoi residenti,
e per rafforzarne la sicurezza”.

La mappa dei 22 nuovi insediamenti che Israele intende costruire in Cisgiordania. Credit: PeaceNow

Dall’inizio della guerra a Gaza
sono stati costruiti 25
avamposti illegali e oltre 114 chilometri di strade
mentre il governo di Israele
ha approvato la realizzazione
di 9.884 nuove unità abitative
in tutta la Cisgiordania
e acquisito al demanio
oltre 23,7 chilometri quadrati
di terreni palestinesi. Secondo l’associazione israeliana PeaceNow, che si batte contro la colonizzazione e che ha pubblicato una mappa dei nuovi insediamenti previsti dal piano Katz-Smotrich, dall’arrivo al potere dell’attuale governo di estrema destra nel dicembre 2022, lo Stato ebraico “ha deciso lo creazione di 49 insediamenti ufficiali e avviato il processo di legalizzazione di altri 7 avamposti”.

La reazione palestinese
Dura la risposta delle fazioni palestinesi. Il provvedimento, ha dichiarato il portavoce ufficiale della presidenza dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) Nabil Abu Rudeineh, “costituisce una pericolosa escalation e una sfida alla legittimità e al diritto internazionale”. “È un tentativo israeliano di continuare a trascinare la regione in un ciclo di violenza e instabilità”, ha aggiunto Rudeineh nel corso di una conferenza stampa, ricordando che “tutte le attività di insediamento nei Territori palestinesi sono illegali” e sottolineando come “questa decisione viola esplicitamente tutte le risoluzioni e il diritto internazionale, in particolare la risoluzione n. 2334 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite”. “Invitiamo l’amministrazione statunitense a intervenire seriamente e immediatamente per fermare questa manomissione israeliana del destino dell’intera regione prima che sia troppo tardi e per costringerla a rispettare il diritto internazionale e a cessare la sua guerra su tutti i territori palestinesi, dalla Striscia di Gaza alla Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est”.
Non si è fatta attendere nemmeno la reazione di Hamas. L’ampliamento degli insediamenti israeliani in Cisgiordania, si legge in una nota diramata dal gruppo su Telegram, rappresenta “una palese sfida alla volontà internazionale” e costituisce “una grave violazione delle risoluzioni delle Nazioni Unite”. “Invitiamo la comunità internazionale”, conclude il comunicato, “ad adottare misure concrete per contrastare le politiche di annessione e ampliamento degli insediamenti, che costituiscono un crimine di guerra”. Insomma, non certo un passo verso la distensione.

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