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Home » Esteri

“Vietato dire Gay e parlare di razzismo”, in Florida è partita la nuova battaglia dei conservatori d’America

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Abbiamo solo iniziato a combattere“, così Ron DeSantis, governatore della Florida e astro nascente del partito repubblicano americano, ha commentato l’approvazione della legge che vieterà l’aborto a partire dalla 15esima settimana di gravidanza anche in caso di stupro o incesto nello stato del sud. Dopo il via libera del Senato alla misura – che fa eco alla legge sull’aborto del Mississipi e a quella ancora più restrittiva del Texas, dove le settimane a disposizione per abortire sono sei – questa settimana la camera alta della Florida ha dato l’OK ad altre due leggi a cui i progressisti di tutto il Paese e i gruppi di attivisti guardano con spavento, che confermano lo stato del Sud storicamente di destra di nuovo in prima linea nella battaglia dei conservatori d’America.

Il primo è quello che gli oppositori hanno ribattezzato il “Don’t say Gay bill” (“Non dire gay”), che impedisce a maestri e presidi dei primi anni del ciclo scolastico di affrontare temi legati all’identità di genere a scuola e permette ai genitori di far causa ai distretti scolastici che violano le norme. Il secondo è lo “Stop Woke Act” (“Stop all’estremismo di sinistra”), che autorizza i genitori a denunciare gli istituti scolastici se i propri figli si sentono a disagio perché la loro razza o nazionalità è stata tirata in ballo in classe.

“Non dire gay”

Una legge che “non sarà d’aiuto ai giovani membri della comunità Lgbtqi che sono già fragili e vengono bullizzati a scuola”, ha detto la portavoce della Casa Bianca Jen Psaki a proposito del primo provvedimento, che ha suscitato le proteste di centinaia di studenti e che secondo il promotore della legge, il senatore repubblicano Dennis Bexley, eviterebbe ai minori di affrontare temi “pericolosi” e discorsi riservati agli adulti. Ma sembra piuttosto il riflesso di una cultura che mira a silenziare il dibattito sull’omosessualità e sulla storia della comunità Lgbtq, tanto da aver creato scompiglio anche all’interno della Disney, che nello Stato conta centinaia di dipendenti e il cui Ceo – dopo le critiche ricevute per non essersi opposto – ha pianificato un incontro tra i principali dirigenti e il governatore prima che firmi la legge.

Sono stati gli stessi dipendenti della Disney a giudicare insufficiente l’impegno del Ceo nell’opporre la norma durante le diverse fasi di approvazione. E dalla Pixar hanno denunciato che l’azienda ha di fatto limitato lo spazio alle storie che avevano contenuti Lgbtq. “Se creare contenuti Lgbtq poteva essere una risposta concreta a una legge discriminatoria, ci è stato impedito di darla”, hanno fatto sapere i creatori. Il tutto a pochi chilometri dal quartier generale dell’ex presidente Donald Trump, che nella sua residenza di Mar-a-Lago ospita feste in cui si improvvisa Dj e riunisce il suo ristretto staff, accennando sempre a un possibile ritorno in campo. Secondo alcuni analisti nel 2024 potrebbe correre in ticket proprio con DeSantis, che ha dichiarato di voler rendere lo Stato “baluardo contro l’estremismo di sinistra”. A meno che il governatore, forte delle sue vittorie, non decida di correre solo.

La “teoria critica della razza”

“In Florida stiamo prendendo posizione contro il razzismo sanzionato dallo stato, e cioè la teoria critica della razza. Non permetteremo che i nostri dollari siano spesi per insegnare ai bambini a odiare il nostro Paese”, ha dichiarato DeSantis sul secondo provvedimento approvato, lo “Stop Woke Act”, difendendo una tesi che i conservatori americani hanno sposato a partire dalle proteste dei Black Lives Matter, e cioè l’opposizione alla “teoria critica della razza”. Secondo i membri del Gop questa “teoria” stigmatizzerebbe il passato dei bianchi nella storia americana e di conseguenza, se insegnata a scuola, rischierebbe di mettere i più piccoli gli uni contro gli altri suscitando in loro sentimenti anti-patriottici. Ma spesso diversi repubblicani che l’hanno usata in campagna elettorale hanno mostrato di non sapere fino in fondo in cosa consista.

In realtà, si tratta di una teoria giuridica nata nelle facoltà di legge negli anni ’70 e ’80 per spiegare la persistenza delle diseguaglianze razziali dopo l’approvazione del Civil Rights Act nel 1964. Sviluppata da un ex professore di diritto di Harvard, esamina i modi in cui il razzismo è stato incorporato nella legge americana e in altre istituzioni moderne, mantenendo il vantaggio dei bianchi sulle minoranze etniche. Ma per i legislatori della Florida e degli altri Stati dove sono state approvate leggi simili, che puntano a impedire i dibattiti sul razzismo, tra cui il Tennesee, il Texas, l’Iowa e l’Idaho, sarebbe pericolosa perché enfatizzerebbe il ruolo del razzismo sistemico con un effetto dannoso sui bambini. In realtà, questa “teoria” non è ufficialmente prevista nei curriculum della scuola secondaria di questi stati.

La nuova battaglia per l’anima degli Stati Uniti

Eppure ora anche timidi riferimenti al razzismo sistemico nelle classi potranno essere sanzionati. L’approvazione delle tre leggi che si apprestano a ricevere la firma di DeSantis dimostra come in Florida i conservatori stiano raggiungendo molti degli obiettivi che i repubblicani vorrebbero ottenere su larga scala per quanto riguarda il progresso dei diritti civili nel Paese, e rendono quella del governatore una “battaglia per l’anima degli Stati Uniti”, opposta a quella di Joe Biden, che nel 2017 decise di scendere in campo con questo slogan dopo la marcia dei suprematisti bianchi a Charlottesville, in Virginia, durante la quale una manifestante antirazzista rimase uccisa da un’auto lanciata sulla folla. Una violenza che l’allora presidente Donald Trump non condannò subito, affermando che “c’erano brave persone da entrambe le parti”.

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