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Germania: la città di Berlino è pronta a “regalare” Villa Goebbels

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Nel 2014 il Comune provò a venderla ma poi ci ripensò per evitare di farne un sacrario nazista. Se nessuna autorità pubblica si farà avanti per acquisirla o finanziarne il restauro, potrebbe essere demolita

La città-stato di Berlino è pronta a cedere “in dono” l’ormai fatiscente villa del ministro della Propaganda della Germania nazista, Joseph Goebbels, pur di liberarsi di un monumento storico costoso da mantenere, difficile da vendere e (quasi) impossibile da abbattere.

L’annuncio è arrivato ieri alla Camera dei Rappresentanti della capitale tedesca da parte del Senatore delle Finanze (equivalente a un assessore metropolitano), Stefan Evers, della giunta del sindaco cristiano-democratico, Kai Wegner. “A chi volesse rilevare l’area, offro la possibilità di farlo come dono dello Stato di Berlino”, ha detto Evers durante il dibattito in aula.

La proprietà si trova nel comune di Wandlitz, a circa 40 chilometri dalla capitale, nello stato del Brandeburgo, e copre 17 ettari, affacciandosi sul lago Bogensee. Il terreno su cui sorge fu “offerto” nel 1936 a Joseph Goebbels, che vi fece costruire una vasta e lussuosa residenza (ultimata nel 1939) con i fondi della potente società di produzione cinematografica Ufa, che controllava direttamente in qualità di ministro della Propaganda di Adolf Hitler.

L’edificio a forma di U, dotato di 70 stanze, un bunker sotterraneo e una sala banchetti, ospitava anche una sala cinema privata e ampi soggiorni con vista sul lago, dove Goebbels riceveva star del cinema, personalità politiche e soprattutto le sue numerose amanti. “Un luogo di idilliaca solitudine”, lo definì il proprietario, che ne apprezzava soprattutto la lontananza dall’altra lussuosa villa di Berlino dove abitava con la moglie Magda, fervente hitleriana, e i sei figli, tutti uccisi nel 1945 durante il suicidio dei genitori nel corso della caduta del regime.

Dopo la fine della dittatura nazista, gli Alleati usarono la villa e i terreni circostanti come ospedale da campo militare. Quindi, nel 1946, i sovietici cedettero il sito alla Gioventù Libera Tedesca (FDJ), l’organizzazione giovanile del Partito Comunista della Germania Est (DDR), che vi fondò la scuola di formazione politica dei quadri dell’associazione costruendo, agli inizi degli anni Cinquanta, una serie di edifici in stile stalinista. Nella sua nuova veste, la villa fu trasformata in un emporio riservato agli iscritti e in un asilo nido. Dopo la riunificazione, il palazzo divenne di proprietà della città-stato di Berlino. Dal 2000 però è inutilizzato ed è caduto tutto in rovina.

Da allora, secondo il quotidiano Bild e l’emittente radiofonica Rbb, il Comune è costretto a farsi carico ogni anno dei costi per la sicurezza e la manutenzione, che ammontano a più di un milione di euro. Nel 2014 fu messo tutto in vendita ma due anni dopo, a seguito di un’attenta valutazione, il Fondo immobiliare della capitale, che gestisce il sito, decise di non cederlo a privati “per paura che cadesse nelle mani sbagliate” e “diventasse un luogo di pellegrinaggio per i nostalgici del nazismo”.

Oggi, la città-stato di Berlino ci riprova e con la proposta di Evers tenta di liberarsi di un bene ingombrante, pena l’abbattimento. In assenza di un acquirente o di nuovi fondi infatti, la capitale sta infatti valutando la possibilità di demolire gli edifici e di “rinaturalizzare” l’area. Finora, né il comune di Wandlitz, né lo stato del Brandeburgo e nemmeno il governo federale tedesco si sono fatti avanti per acquisire il bene o finanziarne il restauro.

La capitale, ha assicurato ieri Evers, “non rinuncerà a considerazioni utili se fossero nell’interesse della città e rendessero giustizia al complesso significato storico dell’area”. In questo contesto, ha aggiunto, Berlino attende con ansia proposte dal governo federale o del Brandeburgo e l’indicazione di possibili fonti di finanziamento. “Ma se questo dovesse portare ancora una volta a un nulla di fatto, come è successo negli ultimi decenni, allora lo Stato di Berlino non ha altra scelta che procedere con la demolizione”, ha detto ieri il politico tedesco. Un’ipotesi però fortemente avversata dalle locali autorità preposte alla tutela dei beni culturali.

Termini come demolizione e rinaturalizzazione, ha dichiarato oggi a Potsdam il curatore dello stato del Brandeburgo Thomas Drachenberg, sono “parole spaventose”, che provocherebbero una “catastrofe” sia dal punto di vista della conservazione dei monumenti che della tenuta della società democratica. Secondo il funzionario, citato dall’agenzia di stampa tedesca Dpa, bisogna considerare la valenza storica del sito.

Qui, ha osservato, si incontra “la storia costruttiva di entrambe le dittature: dovremmo permetterci di riflettere a lungo e attentamente se ha ancora un valore per la nostra società”. Tuttavia c’è speranza, ha concluso Drachenberg, perché uno studio futuro esaminerà se esistono opportunità per utilizzarla ancora. Intanto però, l’intero sito resta abbandonato e nessuna autorità né alcun privato è pronto a investire per il suo restauro.

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