La Cpi chiarisce: “I mandati di arresto contro Putin e Netanyahu vanno eseguiti. Gli Stati possono chiedere una deroga”
"Non c’è immunità dall’azione penale per nessuno”, ha spiegato il portavoce del Tribunale dell’Aja, Fadi el-Abdallah
La Corte penale internazionale ha chiarito che tutti i Paesi aderenti allo Statuto di Roma (Italia compresa), che ha istituito il tribunale, sono tenuti a eseguire i mandati di arresto emessi dall’Aja, anche quelli contro capi di Stato o di governo stranieri come Vladimir Putin e Benjamin Netanyahu.
Le richieste di arresto emanate l’anno scorso contro il presidente russo e a fine novembre nei confronti del premier israeliano (e il suo ormai ex ministro della Difesa, Yoav Gallant) hanno provocato diverse perplessità tra i vari governi d’Europa e all’interno delle diverse maggioranze (come avvenuto in Italia tra Lega e Forza Italia), indecise se applicare o meno il provvedimento chiesto dall’Aja nei confronti di capi di Stato e di governo di Paesi non firmatari del trattato che istituisce la Corte penale internazionale, violando così l’obbligo di garantire loro l’immunità diplomatica.
“Se uno Stato ritiene che vi sia una sorta di conflitto tra l’obbligo di rispettare l’immunità diplomatica di un accusato o se vi sono altre circostanze che gli impediscono di cooperare con la Corte per quanto riguarda i mandati d’arresto”, ha spiegato in conferenza stampa da Bruxelles il portavoce del Tribunale dell’Aja Fadi el-Abdallah, “l’articolo 9 dello Statuto di Roma consente di sottoporre la questione ai giudici della Cpi”, per chiedere una deroga. In caso contrario, ha aggiunto, gli Stati coinvolti violerebbero i propri obblighi, come ha fatto la Mongolia accogliendo Putin a settembre durante la sua visita nel Paese, per cui ora Ulan Bator è sotto esame della Cpi.
“L’articolo 27 dello Statuto di Roma dice chiaramente che non c’è immunità dall’azione penale per nessuno”, ha spiegato il portavoce della Corte. Finora però, ha aggiunto, nessuno Stato ha chiesto alcuna deroga alla Cpi, almeno nel caso contro il premier di Israele, Benjamin Netanyahu. Non pubblicamente. “Non ho visto nulla del genere nei documenti pubblici ma io, in ogni caso, ho accesso solo ai documenti pubblici”, ha spiegato el-Abdallah. I governi infatti possono anche chiedere alla Cpi di procedere in via confidenziale.
Non è la prima volta che l’Aja ricorda agli Stati membri le proprie responsabilità, la cui violazione però non comporta conseguenze molto gravi. Già ad agosto infatti la Corte aveva ricordato a tutti i Paesi membri “l’obbligo” di arrestare le persone oggetto di un mandato d’arresto. Tuttavia, ai sensi dello Statuto di Roma, i giudici non possono obbligare le nazioni firmatarie ad adempiere ai propri obblighi, se non deferendo i responsabili all’Assemblea degli Stati Parte della Corte, le cui sanzioni sono sostanzialmente limitate a una reprimenda, come già successo in passato nel caso dell’ex dittatore sudanese Omar al-Bashir, recatosi spesso indisturbato in visita in alcune nazioni aderenti all’organismo giudiziario internazionale.
Nel marzo del 2023, la Corte penale internazionale ha spiccato un mandato arresto internazionale per crimini di guerra contro Vladimir Putin nell’ambito dell’inchiesta cominciata poche settimane dopo l’invasione dell’Ucraina. Il leader del Cremlino è accusato di aver deportato migliaia di bambini ucraini in Russia, motivo per cui un secondo mandato di cattura è stato emesso anche nei confronti della commissaria di Mosca per i diritti dell’infanzia, Maria Lvova-Belova.
A fine novembre invece, la Camera preliminare della Corte penale internazionale ha accolto la richiesta di arresto presentata dalla Procura della Cpi nei confronti del premier di Israele, Benjamin Netanyahu, e del suo ormai ex ministro della Difesa, Yoav Gallant, per crimini di guerra e contro l’umanità durante la guerra tuttora in corso nella Striscia di Gaza.