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Ex Ilva, ArcelorMittal si ritira dall’accordo: la clamorosa decisione

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Ex Ilva, ArcelorMittal si ritira dall’accordo: la clamorosa decisione

ArcelorMittal ha annunciato che si ritira dall’accordo per l’acquisizione di Ilva. L’annuncio clamoroso arriva con un comunicato della multinazionale. Di fatto la multinazionale indiana restituisce l’Ilva allo Stato italiano a un anno dall’arrivo a Taranto.

L’azienda siderurgica indiana ha notificato oggi, 4 novembre 2019, ai commissari straordinari dell’azienda la volontà di rescindere l’accordo per l’affitto con acquisizione delle attività di Ilva Spa e di alcune controllate, in base all’accordo chiuso il 31 ottobre 2018. “Secondo i contenuti dell’accordo” del 31 ottobre 2018, ArcelorMittal “ha chiesto ai Commissari straordinari di assumersi la responsabilità delle attività di Ilva e dei dipendenti entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione” della volontà di ArcelorMittal di lasciare l’Ilva, si legge in un comunicato del gruppo. Il contratto attuale di ArcelorMittal, siglato a novembre 2018, è un contratto di affitto e si sarebbe trasformato in una cessione effettiva di proprietà soltanto il 1 maggio 2021, come spiega il quotidiano economico il Sole 24 Ore.

ArcelorMittal si era impegnata a realizzare investimenti ambientali per 1,1 miliardi, produttivi per 1,2 miliardi e a pagare la ex Ilva, una volta terminato il periodo di affitto (18 mesi a partire dal primo novembre 2018), 1,8 miliardi di euro (detratti i canoni già versati). La ex Ilva occupa 10.700 operai di cui 8.200 soltanto a Taranto.

Da oggi, 4 novembre 2019, partono i 25 giorni per cui lavoratori e impianti ex Ilva torneranno all’Amministrazione Straordinaria.

Alle 15.30 i ministri Stefano Patuanelli (Sviluppo Economico), Giuseppe Luciano Provenzano (Sud), Sergio Costa (Ambiente) si sono incontrati al Ministero dello sviluppo economico dopo la comunicazione di ArcelorMittal di voler rescindere il contratto. “Il governo non consentirà la chiusura dell’Ilva”, hanno affermato fonti del Mise presenti al vertice. “Non esistono presupposti giuridici per il recesso del contratto. Convocheremo immediatamente Mittal”, afferma una fonte vicina al ministro Patuanelli.

Qui la nota dell’azienda, diffusa su Twitter:

Le cause dell’addio

Tra le cause dell’addio vi è l’eliminazione della “protezione legale” dal 3 novembre “necessaria alla società per attuare il suo piano ambientale senza il rischio di responsabilità penale, giustificando la comunicazione di recesso”, secondo quanto si legge in una nota di A. Mittal. “In aggiunta, i provvedimenti emessi dal Tribunale penale di Taranto obbligano i Commissari straordinari di Ilva a completare talune prescrizioni entro il 13 dicembre 2019 pena lo spegnimento dell’altoforno numero 2” che “renderebbe impossibile attuare il suo piano industriale, e, in generale, eseguire il contratto”. Il contratto prevedeva che, “nel caso in cui un nuovo provvedimento legislativo incida sul piano ambientale dello stabilimento di Taranto in misura tale da rendere impossibile la sua gestione o l’attuazione del piano industriale, la società ha il diritto contrattuale di recedere dallo stesso contratto”. Allo stato attuale l’azienda perde 2 milioni di euro al giorno. In attesa di completare gli interventi di risanamento ambientale dell’Aia (Autorizzazione integrata ambientale), ArcelorMittal era stata autorizzata a produrre 6 milioni di tonnellate di acciaio, ma la stima per quest’anno è di 4,5 milioni.

Oltre al mancato scudo legale e ai provvedimenti del tribunale di Taranto anche: “altri gravi eventi, indipendenti dalla volontà di ArcelorMittal, hanno contribuito a causare una situazione di incertezza giuridica e operativa che ne ha ulteriormente e significativamente compromesso la capacità di effettuare necessari interventi presso Ilva e di gestire lo stabilimento di Taranto”, ha spiegato ArcelorMittal. “Tutte le descritte circostanze attribuiscono alla Società anche il diritto di risolvere il Contratto in base agli applicabili articoli e principi del codice civile italiano”, ha spiegato l’azienda.

La reazione dei sindacati

“Apprendiamo la notizia della volontà di ArcelorMittal di comunicare ai commissari la volontà di recedere il contratto. Significa che partono da oggi i 25 giorni per cui lavoratori e impianti ex Ilva torneranno all’Amministrazione Straordinaria. Tra le motivazioni principali, il pasticcio del Salva-imprese sullo scudo penale. Un capolavoro di incompetenza e pavidità politica: non disinnescare bomba ambientale e unire bomba sociale”, ha detto il segretario nazionale della Fim Cisl Marco Bentivogli.

I commenti politici

“Se il governo tasse, sbarchi e manette farà scappare anche i proprietari di Ilva, mettendo a rischio il lavoro di decine di migliaia di operai e il futuro industriale del Paese, sarà un disastro, e le dimissioni sarebbero l’unica risposta possibile. La Lega chiede che Conte venga urgentemente a riferire in Parlamento”, ha commentato il leader della Lega Matteo Salvini. “Come temevamo, ci sono riusciti. Hanno fatto chiudere l’Ilva. Questo governo, con la sua ideologia di decrescita, è un flagello per l’economia e i lavoratori italiani”, ha detto il capogruppo della Lega alla Camera, Riccardo Molinari.

Dello stesso tenore anche i commenti di Forza Italia che dice: “Il ritiro di Arcelor Mittal dall’Ilva è il risultato della colpevole incapacità del governo. È un crimine contro il lavoro e contro l’Italia: ne risponderanno davanti agli italiani. Il Movimento 5 Stelle, che guida ininterrottamente il Ministero competente, prima con Di Maio e adesso con Patuanelli, dovrebbe chiedere scusa per aver finalmente centrato un suo obiettivo: volevano chiudere l’Ilva e ci stanno riuscendo”.

“I complici, però, di questo misfatto non hanno meno responsabilità: Renzi e Zingaretti, fra una conferenza all’estero del primo e una festa dell’Unità dell’altro, dovrebbero dare spiegazioni. Conte e Patuanelli hanno il dovere di riferire immediatamente in Parlamento”, ha affermato in una nota Mariastella Gelmini, capogruppo di Forza Italia alla Camera dei deputati.

“Sulla vicenda Ex Ilva esprimiamo tutta la nostra preoccupazione e lo sconcerto per l’annuncio da parte di Arcelor Mittal del disimpegno sull’azienda. Non si perda tempo: il presidente Conte convochi immediatamente Arcelor Mittal. Non si scherza con i lavoratori e con l’ambiente: pretendiamo serietà e rispetto”, è il commento di Pietro Bussolati della segreteria nazionale Pd.

Il caso Ilva

L’Ilva è la più grande acciaieria d’Europa e i suoi problemi riguardano in particolare il suo stabilimento maggiore, quello di Taranto, dove le emissioni inquinanti del sito produttivo hanno causato negli ultimi decenni la morte di un imprecisato, ma molto elevato, numero di operai e abitanti della città pugliese. L’Ilva di Taranto nasce nel 1961. Si tratta del maggior stabilimento per la lavorazione dell’acciaio d’Europa. Il caso Ilva prende avvio nel 2012 quando la magistratura dispone il sequestro dell’acciaieria per gravi violazioni ambientali. In realtà le prime indagini e le prime azioni legali iniziano molti anni prima, già dagli anni ’80. Le violazioni e i problemi gravi legati all’inquinamento iniziano a essere noti negli anni successivi.

Che cos’è Arcelor Mittal

Si tratta di una multinazionale indiana che nel giugno 2017 aveva vinto una gara pubblica che gli consentì di sottoscrivere un accordo con l’allora ministro Calenda per assumere il controllo parziale dell’acciaieria. In base a quell’intesa, Arcelor Mittal, attraverso la controllata Am Investco, ha messo le mani sull’acciaieria con la formula dell’affitto, obbligandosi a procedere in seguito alla sua acquisizione, e ha avviato una fase negoziale con i commissari straordinari che dal 2015 guidano l’azienda.

Il caso Ilva di Taranto: un riassunto della vicenda
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