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“Fratelli Tutti”, il messaggio di solidarietà al mondo nella terza enciclica di Papa Francesco

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È un testo “sociale”, dedicato alla fratellanza universale, alla solidarietà e al dialogo: la terza enciclica di Papa Francesco, intitolata “Fratelli tutti“, è stata firmata ieri da Bergoglio ad Assisi, proprio sulla tomba del Santo di cui il pontefice ha scelto di portare il nome. Il testo è stato presentato la mattina di oggi, domenica 4 ottobre, in Vaticano dal segretario di Stato Pietro Parolin insieme ad altre personalità. A San Francesco Bergoglio affida il mondo contemporaneo, che ha dimenticato la fratellanza umana nel nome dell’ego. Un mondo alle prese con la pandemia di Covid-19, che ha messo i fratelli “tutti contro tutti”.

Dopo la prima enciclica del 2013 (“Lumen fidei”, iniziata da papa Benedetto XVI e integrata e firmata da Bergoglio) e l’enciclica dedicata all’ambiente, la “Laudato si” del 2015, ora Francesco in “Fratelli Tutti” condanna “la cultura dei muri” e invoca che “l’amore costruisce ponti”. “I diritti non hanno frontiere”, scrive Bergoglio, che richiama “l’etica nelle relazioni internazionali” e auspica una governance sul tema dei migranti. Il pontefice sostiene che occorre una riforma dell’Onu, chiede la fine delle guerre, l’abolizione della pena di morte, e il riconoscimento concreto della libertà religiosa come “diritto umano fondamentale”. Qui il testo completo dell’enciclica.

Fratelli tutti, il messaggio di Papa Francesco

Nella sua enciclica Papa Francesco cita il Grande Imam al Tayyeb, ricorda San Francesco ed il suo viaggio dal Sultano e riconosce la spinta dei “fratelli non cattolici” Martin Luther King, Gandhi e Tutu, ma soprattutto del beato Charles de Foucauld, nel denunciare “il deterioramento dell’etica, che condiziona l’agire internazionale, e un indebolimento dei valori spirituali e del senso di responsabilità”.

Una vera e propria malattia che rischia di distruggere il mondo contemporaneo. A questa crisi bisogna rispondere, secondo Francesco, con un nuovo senso di fratellanza e con il dialogo che unisca e valorizzi le singole culture, e con un ripensamento dell’economia. Per il pontefice, la tecnocrazia genera inumanità, la finanza dominio e strage. Bergoglio scrive di un indebolimento dovuto all’imposizione di un pensiero unico che calpesta la memoria, perverte il significato delle parole democrazia e libertà, crea ingiustizia sociale e impone la liquidazione del debole in quanto scarto sociale.

Pandemia e individualismo

La pandemia di Covid-19 ha reso evidente – per Papa Francesco – ciò che già esisteva, rendendolo un problema non più eludibile, frutto di un processo che dura da anni. “Il mondo avanzava implacabilmente verso un’economia che, utilizzando i progressi tecnologici, cercava di ridurre i ‘costi umani’, e qualcuno pretendeva di farci credere che bastava la libertà di mercato perché tutto si potesse considerare sicuro”, scrive Bergoglio. “Ma il colpo duro e inaspettato di questa pandemia fuori controllo ha obbligato per forza a pensare agli esseri umani, a tutti, più che al beneficio di alcuni”.

Ciò che è accaduto impone di “ripensare i nostri stili di vita, le nostre relazioni, l’organizzazione delle nostre società e soprattutto il senso della nostra esistenza”. Occorre cambiare tutto, perché “tutto è connesso”, come dimostra “questo disastro mondiale”. “La peggiore reazione sarebbe quella di cadere ancora di più in un febbrile consumismo e in nuove forme di auto-protezione egoistica”, scrive il Papa. Se così sarà, “il ‘si salvi chi può’ si tradurrà rapidamente nel ‘tutti contro tutti’, e questo sarà peggio di una pandemia”.

Bergoglio sottolinea che “tanto da alcuni regimi politici populisti quanto da posizioni economiche liberali, si sostiene che occorre evitare ad ogni costo l’arrivo di persone migranti“, trattati come esseri “meno umani”. “È inaccettabile che i cristiani condividano questa mentalità e questi atteggiamenti, facendo a volte prevalere certe preferenze politiche piuttosto che profonde convinzioni della propria fede”, attacca a questo punto Francesco. L’Europa rischia di finire in questa deriva, ma ha gli strumenti culturali per evitarlo e ribadire la centralità della persona umana.

Neanche la Chiesa è immune da colpe: “Ci sono ancora coloro che ritengono di sentirsi incoraggiati o almeno autorizzati dalla loro fede a sostenere varie forme di nazionalismo chiuso e violento, atteggiamenti xenofobi, disprezzo e persino maltrattamenti verso coloro che sono diversi”. Bergoglio condanna “i fanatismi che inducono a distruggere gli altri hanno per protagonisti anche persone religiose, non esclusi i cristiani”.

Nei “dinamismi della storia, pur nella diversità delle etnie, delle società e delle culture, vediamo seminata la vocazione a formare una comunità composta da fratelli che si accolgono reciprocamente, prendendosi cura gli uni degli altri”, scrive il Papa. E se Dio è carità, carità è amore per i fratelli. Di fronte alle periferie, del mondo come delle città, concrete come esistenziali, l’obiettivo è non solo assistere il bisognoso, ma assicurarne “la partecipazione attiva alla comunità civile ed ecclesiale”.

La fraternità è ciò di cui ha bisogno l’uomo ed è qualcosa che completa e perfeziona l’uguaglianza e la libertà. L’uguaglianza non la si ottiene “definendo in astratto che tutti gli esseri umani sono uguali, bensì è il risultato della coltivazione consapevole e pedagogica della fraternità”. Essere fratelli è più di essere soci, “la mera somma degli interessi individuali non è in grado di generare un mondo migliore per tutta l’umanità. Neppure può preservarci da tanti mali che diventano sempre più globali. Ma l’individualismo radicale è il virus più difficile da sconfiggere“. L’uguaglianza delle opportunità non basta. Bisogna farsi carico delle fragilità, “la solidarietà si esprime concretamente nel servizio, che può assumere forme molto diverse nel modo di farsi carico degli altri”. Bergoglio considera poi che “la tradizione cristiana non ha mai riconosciuto come assoluto o intoccabile il diritto alla proprietà privata, e ha messo in risalto la funzione sociale di qualunque forma di proprietà privata“.

Lo sviluppo, quindi “non dev’essere orientato all’accumulazione crescente di pochi, bensì deve assicurare i diritti umani, personali e sociali, economici e politici, inclusi i diritti delle Nazioni e dei popoli”. Il diritto di alcuni alla libertà di impresa o di mercato “non può stare al di sopra dei diritti dei popoli e della dignità dei poveri; e neppure al di sopra del rispetto dell’ambiente”. Le capacità degli imprenditori, “che sono un dono di Dio, dovrebbero essere orientate chiaramente al progresso delle altre persone e al superamento della miseria, specialmente attraverso la creazione di opportunità di lavoro diversificate”. Le frontiere non sono muri, la solidarietà è globale come finora è stato globale l’egoismo. Ne consegue l’idea di “una nuova rete nelle relazioni internazionali” che “assicuri il fondamentale diritto dei popoli alla sussistenza ed al progresso“.

Migranti e lavoro

La questione dei migranti richiede “risposte indispensabili, soprattutto nei confronti di coloro che fuggono da gravi crisi umanitarie. Per esempio: incrementare e semplificare la concessione di visti; adottare programmi di patrocinio privato e comunitario; aprire corridoi umanitari per i rifugiati più vulnerabili; offrire un alloggio adeguato e decoroso; garantire la sicurezza personale e l’accesso ai servizi essenziali; assicurare un’adeguata assistenza consolare”. Per chi è arrivato si applichi appieno il concetto di cittadinanza. “Oggi nessuno Stato nazionale isolato è in grado di assicurare il bene comune della propria popolazione”, scrive Papa Francesco. Anche per questo il populismo è una risposta falsa e inadeguata. Tradisce la democrazia, tradisce l’idea stessa di popolo. Certo,”ci sono leader popolari capaci di interpretare il sentire di un popolo”, ma quando “si mira ad accumulare popolarità fomentando le inclinazioni più basse ed egoistiche di alcuni settori della popolazione” si giunge, “in forme grossolane o sottili, ad un assoggettamento delle istituzioni e della legalità”. E la democrazia, che è potere del popolo, deperisce.

La sfida dei sistemi democratici, da questo punto di vista, è il lavoro che dà dignità, definito da Bergoglio una dimensione “irrinunciabile della vita sociale”. “Il mercato da solo non risolve tutto, benché a volte vogliano farci credere questo dogma di fede neoliberale”, è la critica del Papa. È semmai “indispensabile una politica economica attiva, orientata a promuovere un’economia che favorisca la diversificazione produttiva e la creatività imprenditoriale, perché sia possibile aumentare i posti di lavoro invece di ridurli”.

La riforma dell’Onu e l’abolizione della pena di morte

Per il pontefice è “necessaria una riforma sia dell’Organizzazione delle Nazioni Unite che dell’architettura economica e finanziaria internazionale, affinché si possa dare reale concretezza al concetto di famiglia di Nazioni”, e “senza dubbio ciò presuppone limiti giuridici precisi, per evitare che si tratti di un’autorità cooptata solo da alcuni Paesi”.  Inoltre “occorre evitare che questa Organizzazione sia delegittimata, perché i suoi problemi e le sue carenze possono essere affrontati e risolti congiuntamente”.

Oggi “affermiamo con chiarezza che la pena di morte è inammissibile e la Chiesa si impegna con determinazione a proporre che sia abolita in tutto il mondo”, scrive ancora Francesco. È la cultura della distruzione dell’altro che deve essere combattuta. Per questo Francesco dedica l’ultima parte della sua enciclica alle “religioni al servizio della fraternità del mondo”.

“Le diverse religioni offrono un prezioso apporto per la costruzione della fraternità e per la difesa della giustizia nella società”, sottolinea, “l’obiettivo del dialogo è stabilire amicizia, pace, armonia e condividere valori ed esperienze morali e spirituali in uno spirito di verità e amore”. Il peggior nemico è il fanatismo: “la violenza fondamentalista viene scatenata in alcuni gruppi di qualsiasi religione dall’imprudenza dei loro leader”: l’altra faccia del male che corrode il mondo di oggi

Fratelli Tutti, le reazioni all’enciclica di Papa Francesco

La “Fratelli tutti” è l’enciclica del dialogo e della pazienza portata al martirio, in cui la fraterrnità assurge a base dei rapporti internazionali. Lo ha detto nella conferenza stampa di presentazione del documento, pubblicato oggi, il segretario di Stato cardinale Pietro Parolin. “L’Enciclica non si limita a considerare la fraternità uno strumento o un auspicio, ma delinea una cultura della fraternità da applicare ai rapporti internazionali. Una cultura, certo: l’immagine è quella di un sapere del quale viene sviluppato il metodo e l’obiettivo”, ha spiegato Parolin.

Nella “Fratelli tutti” si coglie “non solo la denuncia della guerra, ma la speranza di una pace possibile”, ha detto il professor Andrea Riccardi, fondatore della comunità di Sant’Egidio. “Gli artigiani di pace sono uomini e donne della fraternità. Papa Francesco propone veri sogni al mondo globale, che ha spento i fari delle grandi parole e dei grandi ideali. Anche dopo i tempi del cielo grigio della pandemia, questa enciclica apre un orizzonte di speranza: divenire sorelle e fratelli tutti. Sorge un sogno per cui vivere e lottare anche a mani nude”.

Leggi anche: 1. Angelus, Papa Francesco: “Chiacchiericcio peste peggiore del Covid” /2. “Vi spiego l’accordo segreto tra Vaticano e Cina, quanto è costato e a chi conviene”

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