La crisi dei cartelloni pubblicitari: per quelli elettorali soldi dalla politica, ma a tutti gli altri il nulla
La denuncia dei lavoratori del settore: "Siamo stati dimenticati dallo Stato, tra tasse da pagare, far west di decisioni in mano ai Comuni e una patrimoniale che incombe come una spada di Damocle"
“Siamo stati dimenticati, lasciati indietro dallo Stato. Di questo passo non ci rialzeremo più dalla crisi causata dalla pandemia. Nessuno parla del nostro settore, ma a livello locale muovevamo l’economia”. A denunciare questa situazione a TPI è Angela Pirrone, la direttrice generale di Aicap, l’associazione aziende italiane cartelli e arredi pubblicitari.
Eppure, i cartelloni pubblicitari non sono invisibili. Sono ogni giorno per strada, sui mezzi pubblici, nelle stazioni e nei centri di aggregazione. Si tratta di quasi duemila imprese in Italia, più di 40mila persone occupate e un fatturato annuo di oltre 4 miliardi di euro e 500 milioni di contribuzione: queste le cifre di un comparto dimenticato dagli aiuti pubblici fin dal primo lockdown dovuto all’emergenza Covid-19 e ancora oggi.
Trattamento diverso per la pubblicità elettorale
Poi c’è un grande paradosso: mentre la cartellonistica non è stata tutelata, “la pubblicità elettorale per l’articolo 21 lettera e del DLgs 507 del 1993 è esentata dalle imposte“, spiega la direttrice generale Aicap. E così è stato quest’anno, per esempio con le regionali di settembre 2021.
A preoccupare gli addetti ai lavori è soprattutto la riforma della fiscalità locale prevista per l’anno prossimo: “E’ prevista l’introduzione di una patrimoniale. Ma come possiamo pagarla se quest’anno abbiamo avuto un calo del 70 per cento delle entrate?”, dice Pirrone.
Il rischio concreto è di rimetterci molti soldi: “Per noi non c’è decreto ristoro, né bonus. Davvero questo governo è intenzionato a farci pagare tasse così alte? Non sarebbe più responsabile rimandare la riforma al 2022 e confrontarsi con la categoria, considerata l’emergenza in corso e l’assenza di aiuti a un settore che pure lo Stato utilizza puntualmente per campagne ed elezioni politiche?“, è la definitiva richiesta di Aicap.
Il caos delle 8mila tariffe diverse
Per gennaio, intanto, è atteso il colpo di grazia della riforma fiscale che accorpa imposta sulla pubblicità e occupazione di suolo pubblico. “Sulla carta, la riforma vuole semplificare – spiega la direttrice di Aicap – ma, in pratica, si trasforma un tributo in un prelievo patrimoniale”.
Come se non bastasse, saranno i Comuni a potere scegliere la tariffa a proprio piacimento, senza nessun limite. “Questa è un’assurdità – dice Angela Pirrone – significa avere circa ottomila Comuni con ottomila tariffe diverse e altrettanti tempi e modi di pagamento. Un far west di un intero settore, che porterà solo caos e frammentazione. Anche l’Anci, Associazione comuni italiani ha già lanciato un allarme”.
Le proposte del settore
Da marzo, il settore pubblicitario ha provato ad avanzare delle proposte: da una parte, l’inserimento della categoria nel bonus Pubblicità – ormai sfumato perché scaduto a settembre – e, dall’altra, una rimodulazione dei due oneri dovuti ai Comuni da pagare anticipatamente a inizio anno: cioè l’imposta sulla pubblicità – costituita da una base statale più una percentuale decisa dai Comuni fino a un rincaro massimo del 50 per cento – e il canone di occupazione del suolo pubblico per i cartelli.
“Chiediamo solo di non essere lasciati indietro – aggiunge Angela Pirrone – Dietro quei cartelloni ci sono tante imprese. Dietro questi numeri ci sono le vite di 40mila lavoratori. Da domani, quando alzate la testa e vedete i colori di un cartellone pubblicitario, chiedetevi quante tasse deve pagare un intero settore nonostante la stangata del Covid”.
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