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Coronavirus, più giovani e meno gravi: chi sono i nuovi pazienti in rianimazione

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Coronavirus, più giovani e meno gravi: i nuovi pazienti in rianimazione

Durante la prima ondata del Coronavirus in Italia, coincisa con il lockdown, i pazienti ricoverati in rianimazione erano per lo più anziani, over-70 o coloro che avevano già malattie pregresse: un fenomeno che è cambiato radicalmente oggi che il nostro Paese sta affrontando una nuova risalita dei contagi. I ricoveri in terapia intensiva, secondo l’ultimo bollettino diffuso dalla Protezione civile, sono in tutto 870. Ma tra questi, rispetto al passato, sono molti di più i giovani, che in quanto tali raramente hanno altri problemi di salute, e soprattutto talvolta sono meno gravi. A spiegarlo, contattati da Repubblica, i medici che ogni giorno vanno in trincea lottando contro un nemico che oggi è molto più conosciuto rispetto a prima, ma non per questo fa meno paura.

“Prima vedevamo soprattutto anziani – ha dichiarato il primario dell’ospedale di Lecco, Mario Tavola – mentre adesso il più giovane ha 45 anni e il più vecchio 68. Sì, adesso seguiamo persone più giovani che per questo motivo hanno un rischio di mortalità più basso, anche se sviluppano una malattia comunque importante. I nostri posti letto in rianimazione sono 60, al momento dieci sono occupati: in sei sono intubati”. L’identikit dei ricoverati in terapia intensiva dimostra anche come in questo autunno il sistema di contract tracing, non sempre efficace, stia riuscendo tuttavia a intercettare il Coronavirus prima rispetto al passato, consentendo ai medici di avere più tempo per affrontare la malattia. “Siamo pronti – ha concluso Tavola – ad aprire nuovi letti di intensiva, i respiratori ci sono. Il problema semmai sono le risorse umane. E’ difficilissimo trovare rianimatori e per formare un collega che non ha quella specializzazione ci vogliono sei mesi”.

Sulla stessa lunghezza d’onda anche il primario della rianimazione Covid dell’ospedale Santa Chiara di Pisa, Paolo Malacarne: “Vedo pazienti più giovani, mediamente meno gravi – ha dichiarato a Repubblica – anche se qualcuno è in condizioni più critiche. Una volta qui non arrivavano nemmeno i sessantenni ma persone più anziane. Adesso invece ne ho ricoverati due e abbiamo assistito anche cinquantenni. Le immagini delle tac ai polmoni sono simili a quelle di marzo ma visto che spesso le persone colpite sono più sane, hanno maggiori probabilità di farcela”. In totale, i posti letto in rianimazione in Italia sono 6.628. Un numero che potrebbe salire di 1.600 unità, o anche di più, se le Regioni accetteranno tutte le forniture del commissario straordinario Domenico Arcuri.

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