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    Coronavirus, documenti desecretati: il 7 marzo il Cts voleva chiusure differenziate ma Conte chiuse tutto

    Di Lara Tomasetta
    Pubblicato il 6 Ago. 2020 alle 16:59 Aggiornato il 6 Ago. 2020 alle 17:11

    Dopo una battaglia durata mesi, il governo ha accettato di togliere il segreto sugli atti del Comitato tecnico scientifico (Cts) posti alla base dei Dpcm per il contrasto all’emergenza Coronavirus. I documenti sono stati resi pubblici oggi dalla Fondazione Einaudi.

    Da una prima lettura dei documenti si evince che non sono state ancora pubblicate le discussioni relative alla mancata zona rossa in Val Seriana: i cinque verbali resi pubblici sono datati 28 febbraio, 1 marzo, 7 marzo, 30 marzo e 9 aprile 2020. Mancano le riunioni dai primi giorni di marzo, quelle della mancata zona rossa ad Alzano e Nembro, in Val Seriana.

    L’altra notizia riguarda il documento riservato datato 7 marzo 2020: con l’atto inviato al ministro della Salute Roberto Speranza, sull’analisi della situazione epidemiologica, il Comitato tecnico scientificio propone al governo di “adottare due livelli di misure di contenimento: uno nei territori in cui si è osservata maggiore diffusione del virus, l’altro sul territorio nazionale”. Nello specifico: misure più rigorose in Lombardia e nelle province di Parma, Piacenza, Reggio Emilia, Rimini e Modena, Pesaro Urbino, Venezia, Padova, Treviso, Alessandria e Asti”. Due giorni dopo, però, il presidente del Consiglio Conte con il Dpcm del 9 marzo dà il via al lockdown estendendo le stesse misure a tutto il territorio nazionale senza distinzioni e senza citare a giustificazione del provvedimento alcun atto del Comitato tecnico scientifico.

    In un passaggio di questi verbali contenenti “informazioni non classificate controllate”, quello del primo marzo in una delle riunioni dopo l’esplosione del coronavirus in Italia, si legge che “il Cts esprime la raccomandazione generale che la popolazione, per tutta la durata dell’emergenza, debba evitare, nei rapporti interpersonali, strette di mano e abbracci”. Il 9 marzo, poi, il premier Giuseppe Conte avrebbe annunciato il lockdown.

    Documenti Cts desecretati: come siamo arrivati qui

    Il governo guidato da Giuseppe Conte ha deciso di togliere il segreto posto sui documenti del Comitato tecnico scientifico (Cts) dopo mesi di richieste, appelli e ricorsi giudiziari. Lo scorso aprile la Fondazione Luigi Einaudi aveva chiesto l’accesso agli atti sui documenti che sono richiamati in tutti i Dpcm emanati per la gestione dell’emergenza sanitaria. Di fronte al no del governo, la fondazione aveva presentato un ricorso al Tar, poi accolto.

    L’esecutivo a quel punto aveva fatto ricorso contro la sentenza dinanzi al Consiglio di Stato, che il 31 luglio aveva stabilito di sospendere in via cautelativa la decisione del Tar che dava il via libera all’accesso agli atti e quindi di mantenere la segretezza sui documenti in attesa del 10 settembre, data in cui era previsto il nuovo verdetto. La tesi del governo – almeno finora – era che i documenti dovessero essere mantenuti segreti in quanto atti amministrativi e allo scopo di tutelare “la sicurezza pubblica” e “l’ordine pubblico”.

    La notizia che i documenti sono stati desecretati è arrivata nella serata di ieri, poche ore dopo che il Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza) aveva chiesto al governo di poter visionare gli atti. La mossa dell’esecutivo ha fatto venir meno la necessità di ottenere un via libera da parte dei giudici per poter visionare gli atti.

    La battaglia di TPI

    Già mesi fa TPI aveva richiesto l’accesso ai documenti del Comitato tecnico scientifico, il cui interesse pubblico al fine di comprendere la più grave pandemia dell’ultimo secolo è sempre stato fuori discussione, inclusi quelli relativi alla settimana che va dal 1 marzo all’8 marzo, periodo cruciale per la mancata chiusura dei due comuni della Bergamasca Alzano Lombardo e Nembro, diventati poi il peggiore focolaio d’Europa, su cui noi di TPI abbiamo pubblicato un’inchiesta in più parti. Tra quelle pagine c’è la nota dell’Istituto Superiore di Sanità in cui si chiedeva l’isolamento della Val Seriana già il 2 marzo e anche le ragioni del CTS per cui quest’ultima è stata ignorata. Nei mesi di lockdown, in diverse conferenze stampa della Protezione civile, TPI ha chiesto più volte spiegazioni sulla mancata pubblicazione di quei verbali e raccolto le versioni contrastanti del ministero della Salute e della Protezione Civile.

    L’inchiesta di TPI sulla mancata chiusura della Val Seriana per punti:

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