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Coronavirus: “Crollo della mobilità al Sud e in aree con forti disuguaglianze”

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Credit: ANSA/Marco Costantino

Le conseguenze del lockdown in Italia analizzate da un team di studiosi di Politecnico di Milano, Università di Venezia e CNR, pubblicate sulla prestigiosa rivista PNAS Proceedings of the National Academy of Sciences

Il lockdown introdotto in Italia per fronteggiare il virus COVID-19 ha determinato una contrazione della mobilità che non è stata omogenea sul territorio nazionale. Alcune evidenze riservano qualche sorpresa e fanno riflettere.

In termini relativi, infatti, la riduzione dei flussi di mobilità tra Comuni è stata più intensa non nelle Regioni più colpite dal virus, ma per i Comuni in cui il reddito medio pro-capite è più basso e la distribuzione dei redditi è più asimmetrica.

È questo uno dei risultati dell’articolo“ Economic and Social Consequences of Human Mobility Restrictions under COVID-19”, pubblicato sulla prestigiosa rivista PNAS (Proceedings of the National Academy of Sciences) dal gruppo di ricercatori del Politecnico di Milano composto da Andrea Bonaccorsi, Andrea Flori e Francesco Pierri e coordinato dal Professor Fabio Pammolli (Impact, presso la School of Management del Politecnico di Milano e CADS, il joint center tra Politecnico di Milano e Human Technopole), con la collaborazione dei team di ricerca di Walter Quattrociocchi (Università di Venezia) e Antonio Scala (CNR) e con il supporto di Francesco Porcelli esperto di economia degli enti locali dell’Università di Bari.

Lo studio ha analizzato i dati anonimizzati degli spostamenti di oltre 3 milioni di italiani tracciati da Facebook nel periodo a cavallo del lockdown imposto dal Governo. I ricercatori hanno osservato una netta riduzione (una diminuzione media della mobilità del 70%), degli spostamenti degli individui. Però, nonostante il fatto che le restrizioni alla mobilità abbiano riguardato tutto il territorio nazionale, la distribuzione dei cambiamenti di mobilità registrati presenta differenze consistenti da zona a zona.

In particolare, le Regioni del Nord-Est, che pure sono state le più colpite dal virus, hanno registrato riduzioni di mobilità che, in termini relativi, sono state meno intense: nei comuni di Lombardia e Veneto, infatti, la riduzione dei flussi di mobilità è stata, in media, tra il 5% e il 15% più bassa della media nazionale. Al contrario, è in Regioni pressoché indenni dal virus come Abruzzo e Calabria, che la contrazione relativa della mobilità intercomunale è stata più alta, tra il 16 e il 20%, della media nazionale.

Per capirne di più, i ricercatori hanno ricostruito le caratteristiche economiche e sociali dei comuni italiani più colpiti dal lockdown: il reddito pro capite, la capacità fiscale, l’indice di deprivazione, la densità urbana, la disuguaglianza nei redditi.

In Italia il comparto degli enti locali, e in particolar modo quello dei comuni, è caratterizzato da una forte frammentazione ed eterogeneità dal punto di vista morfologico, demografico e socio economico. A questa eterogeneità si accompagna un sistema finanza locale caratterizzato da un sistema di perequazione orizzontale dove i comuni relativamente più ricchi (generalmente i comuni più popolosi e localizzati prevalentemente nelle nel centro nord del paese) finanziano quelli relativamente più poveri (generalmente i comuni di dimensione medio piccola localizzati nel sud e nelle aree interne del paese).

Lo scoppio della pandemia da COVID-19, con il successivo blocco della mobilità e delle attività economiche, ha reso ancora più evidenti i problemi della finanza pubblica locale italiana caratterizzata dal mix esplosivo tra eterogeneità e orizzontalità nella perequazione adesso più che mai pronto ad esplodere, minando così la tenuta di un comparto che eroga servizi per oltre 50 miliardi di euro sul territorio in settori fondamentali della vita dei cittadini come lo smaltimento dei rifiuti, i servizi sociali, alla sicurezza, il trasporto pubblico locale, il funzionamento delle scuole (dalle materne alle secondarie di primo grado).

Il lavoro ha cercato di mettere in luce l’impatto che le misure di lockdown hanno generato a livello comunale lungo quattro dimensioni: mobilità, reddito, capacità fiscale, deprivazione socio-economica, disuguaglianza considerando i 6656 comuni delle regioni a statuto ordinario (pari all’84% del totale dei comuni italiani).

Con una tecnica di regressione per quantili, lo studio ha rivelato che i comuni più colpiti dal lockdown sono anche quelli in cui, rispettivamente, i redditi sono più bassi e la disuguaglianza è più alta.

I comuni con reddito pro capite inferiore alla media nazionale (18.175€) hanno registrato una riduzione di mobilità del 10% maggiore rispetto alla media del Paese.

Tra i comuni in cui la contrazione di mobilità è stata più intensa, vi sono inoltre quelli che, prima del lockdown avevano, anche grazie al peso dei flussi turistici e delle tasse di soggiorno, una capacità fiscale relativamente elevata.

Dall’analisi dei dati, in particolare, è emerso come il lockdown abbia colpito in modo più incisivo i comuni turistici lungo la costa e le aree montane interne, per un totale di circa 1500 municipi in cui risiedono circa 9 milioni di abitanti. Le caratteristiche medie di questi enti destano evidenti preoccupazioni, in quanto prima del lockdown molti di questi comuni erano classificati ad alta capacità fiscale soprattutto sul versante immobiliare e tariffario (servizi a domanda individuale) e una parte consistente della loro capacità di entrata sarà erosa nel 2020 e nel 2021, inoltre sono territori che mostrano anche alti livelli di disuguaglianza interna, fenomeno destinato a peggiorare in assenza di aiuti mirati.

Passando al versante dei comuni meno colpiti dal lockdown, i dati mostrano come, in media, sono le città medio grandi sopra i 40mila abitanti le meno colpite dal calo di mobilità conseguente al lockdown. Si tratta di circa 180 comuni, dove vivono più di 18 milioni di persone (circa il 30% della popolazione italiana) e sul territorio operano come poli di attrazione economica. Questa evidenza, però, non può farci sorridere e tirare un sospiro di sollievo in quanto più del 50% della capacità fiscale comunale è generata da questi comuni e anche moderate perdite di gettito pro capite da parte di questi comuni richiederebbe una massiccia iniezione di risorse statali per prevenire due effetti negativi: il crollo del meccanismo orizzontale di perequazione comunale che si basa sul gettito fiscale di questi comuni per poter sostenere l’erogazione di trasferimenti a favore delle aree meno ricche del paese; l’aumento del disagio sociale che, in molti di questi comuni, erano già tra le più alte del paese prima dell’insorgere del lockdown, come mostrano i dati relativi agli indici di deprivazione socio-economica.

In sintesi, in termini relativi, la mobilità tra i comuni si è ridotta di più al Sud, lungo la costa tirrenica e in Piemonte, anziché in Veneto e in Lombardia, dove le attività economiche e la mobilità sono state più resilienti.

Dopo una prima fase di disorientamento, il lockdown è stato disegnato e mantenuto come misura omogenea, per estensione e durata, su tutto il territorio nazionale a fronte del quale i risultati dello studio sollevano alcuni interrogativi sia sul versante socio-economico che in relazione al sistema di finanza pubblica locale. Sarà, inoltre, fondamentale canalizzare i maggiori trasferimenti previsti a favore dei comuni (circa 3,5 miliardi di euro) sulla base delle perdite di gettito misurate a livello standard evitando aiuti a pioggia o base storica.
È stata una scelta giusta per bilanciare gli obiettivi sanitari e i costi economici e sociali? Quali conseguenze si sono prodotte sul tessuto economico e sociale del Paese? Covid-19 ci lascia con un Paese più fragile e più diseguale? Quale futuro si delinea per il meccanismo orizzontale di perequazione fiscale del comparto comunale?

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