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“Adesso finalmente tutte le persone trans potranno decidere come chiamarsi”, a TPI parla Alexandra

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La Cassazione ha stabilito che chi cambia sesso può scegliere liberamente il nuovo nome. L'intervista di TPI ad Alexandra, la donna che ha vinto il ricorso

“Adesso finalmente tutte le persone trans potranno decidere come chiamarsi”, a TPI parla Alexandra

“Adesso finalmente tutte le donne trans potranno decidere come chiamarsi, senza essere costrette a portarsi dietro il proprio passato”. Alexandra è originaria di Cagliari ma vive da anni in Piemonte, dove lavora come make up artist. È nata col nome di Alessandro, ma ha combattuto le sue battaglie e oggi ha vinto, perché un’ordinanza della Cassazione (n. 3877/20, pubblicata il 17 febbraio dalla prima sezione civile) le ha riconosciuto la possibilità di cambiare il proprio nome a piacimento, respingendo l’automatismo che obbligava Alessandro a diventare semplicemente “Alessandra”.

Una possibilità per niente scontata per Alexandra e per tutte le persone che decidono di cambiare sesso. Per i giudici di della Corte d’appello di Torino, infatti, la scelta di sostituire la doppia S con la X nel suo nome sarebbe stata “voluttuaria” e quindi da rigettare. Ma, assistita dai legali dello studio Schuster, Alexandra non si è arresa e oggi parla di un provvedimento “storico” per le persone Lgbt.

“Ora finalmente tutte le donne transessuali potranno decidere come chiamarsi”, spiega Alexandra contattata telefonicamente da TPI, “Se stai cercando di cancellare il tuo passato, perché ti fa male portarlo dietro con te, ora almeno sei libero di decidere. Prima l’automatismo era invece obbligatorio”.

“Per chi nasce già in un corpo corretto, con un documento già corretto, potrebbe sembrare un cambiamento superfluo. Per noi invece è tanto”, sottolinea.

Alexandra, che non si è sottoposta all’operazione chirurgica per il cambio sesso, secondo i giudici di primo grado non avrebbe avuto nemmeno il diritto di cambiare i propri documenti. In appello, i magistrati le hanno riconosciuto il cambio anagrafico, ma senza riconoscerle il diritto di scegliersi liberamente il nome. Per questo lei oggi parla di una “dublice vittoria”.

“Fino a qualche anno fa, per me dare i documenti per un semplice controllo era ogni volta come fare outing”, confessa. “Mi dicevano: signora ma è sicura di chiamarsi così?”.

Ma era tanto importante diventare Alexandra? Il nome Alessandra non andava bene?, chiediamo.

“Sono una persona che ha lottato tanto, nello studio e nel mondo del lavoro”, risponde Alexandra. “Sono riuscita a laurearmi, anche se non è facile per le persone trans, con tutti, i commenti, le risatine e le critiche che ricevono. Devi avere le spalle molto larghe”.

“Non è facile neanche nel mondo del lavoro”, aggiunge. “Una volta, quando ero appena arrivata a Torino, nel 2007, sono andata da un parrucchiere a portare il curriculum. Andava tutto bene, volevano assumermi, ma dopo aver visto il mio documento mi hanno detto: persone come te non ne assumiamo”.

Questa risposta fa sprofondare Alexandra in un vortice che la porta a un gesto estremo: un giorno beve mezza bottiglia di acido muriatico, ma riesce a salvarsi. “A un certo punto ho capito: mi sto togliendo la vita per colpa di persone ignoranti”, ricorda. “Quindi ho detto no, lotterò fino alla fine. Per questo ho continuato a lottare anche per la X”. Oggi la sua vittoria non conta solo per lei ma per tutte le persone trans. “Spero che tutte le persone transessuali trovino il coraggio di esporsi per migliorare la propria vita”, dice. “Magari la possibilità di scegliersi un altro nome le aiuterà”.

Inserire transessuali e transgender nel mondo del lavoro
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