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Morto Alberto Sed, sopravvissuto ad Auschwitz. Per 50 anni non riuscì a parlare di quell’orrore

Immagine di copertina
Alberto Sed e sua moglie ricordano la madre e le sorelline di Alberto che furono deportate nei campo con lui, in una foto di dicembre 2010. L'unica che si salvò insieme ad Alberto fu Fatina, la piccola della famiglia, ma che visse per anni in balia del terrore dei campi per aver visto la sorella maggiore, Angelica, sbranata dai cani lupo per il puro divertimento delle SS un mese prima della liberazione. ANSA / FEDERICA VALABREGA

Reduce dai campi di sterminio, Sed raccontava di non essere mai riuscito a tenere in braccio un neonato: "Perché i nazisti ce li facevano lanciare in aria e li usavano per il tiro al piattello"

Addio ad Alberto Sed, sopravvissuto ad Auschwitz

È morto a Roma Alberto Sed, sopravvissuto al campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau. È scomparso a 91 anni, e per 50 non riuscì a parlare dell’orrore che aveva visto e vissuto nei lager nazisti.

S&D

“Alberto Sed dopo essere stato catturato a Roma all’età di 14 anni con sua madre e le due sorelle venne portato per un breve periodo a Fossoli, per poi essere condotto a Birkenau: lì gli venne tatuato il numero A-5491”, racconta la comunità ebraica romana.

“La sua scomparsa rappresenta un dolore immenso per tutta la Comunità. Una perdita ancora più dolorosa in questi tempi cupi in cui si riaffaccia l’odio antisemita. Con il sorriso ha saputo raccontare l’inferno e renderci persone migliori. Dio ne benedica la memoria” scrive in una nota il presidente Ruth Dureghello.

“Da Auschwitz-Birkenau siamo tornati in pochi”, raccontava qualche anno fa Alberto Sed all’Ansa. In quei campi di sterminio Sed ha visto morire la madre e le due sorelle. Una di loro è stata sbranata dai cani delle SS.

Per 50 lunghissimi anni, Alberto Sed non è riuscito a parlare di quello che ha vissuto in quei campi. Non ne ha fatto parola nemmeno con la moglie e con i figli.

Si è sbloccato ed è “uscito” da Auschwitz, come lui stesso ha detto, dopo mezzo secolo. Lo ha fatto raccontando la sua tragica esperienza in un libro scritto da Roberto Riccardi. E portando la sua storia nelle scuole. Il libro si chiama “Sono stato un numero”.

Alberto Sed raccontava che una volta un amico gli disse: “Alberto, se ci sarà un altro Olocausto, non necessariamente contro gli ebrei, nessuna delle persone con cui hai parlato sarà dalla parte dei carnefici”.

“Non sono mai riuscito a prendere in braccio un neonato, nemmeno i miei figli, perché ad Auschwitz i nazisti ci facevano tirare in aria bambini di pochi mesi e si divertivano a ucciderli, come nel tiro a piattello”, aveva raccontato.

“Non sono mai riuscito a entrare in una piscina, perché ho visto un prete ortodosso massacrato e annegato dai carnefici”, diceva.

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