Perché i biglietti dei concerti costano così tanto
Negli ultimi dieci anni il costo dei biglietti è più che raddoppiato. Ma gli spettacoli vanno comunque spesso “sold out”. E c’è persino chi si indebita pur di partecipare esserci. Dietro i rialzi dei tagliandi c’è un’industria discografica costretta a trovare un nuovo modello di business
Assistere dal vivo ad un concerto delle star della musica italiana e internazionale sta diventando sempre di più una possibilità per pochi. Nel corso degli ultimi anni i prezzi per i biglietti sono volati alle stelle. Ormai un posto dentro uno stadio o un’arena viene venduto come un’esperienza esclusiva, “gold”. O come tale bisogna pagarla.
Certo, ormai molti concerti sono diventati dei veri e propri show di intrattenimento. Spettacolari. Indimenticabili. Ma a tutto, forse, c’è un limite. Soprattutto quando si va a pescare nelle tasche dei fan.
La polemica nel nostro Paese è scoppiata nelle scorse settimane in vista dei prossimi concerti di Lady Gaga, che porterà il suo Mayhem Ball Tour in Italia il 19 e 20 ottobre all’Unipol Forum di Milano. Per stare a pochi metri dalla loro beniamina bisogna spendere 231,15 euro a biglietto, mentre i ticket per l’area più distante, ma sempre in piedi, costano 190,90 euro. Cifre evidentemente non alla portata di tutti.
A far storcere la bocca a molti è stato il paragone con i prezzi legati all’ultima volta che la popstar si esibì in Italia (suo Paese d’origine). Era il 2018. Stesse città e location, ma prezzi nettamente differenti: il parterre, ad esempio, costava 74 euro. In pratica a distanza di sette anni il costo per un posto nello stesso settore è aumentato del 158%.
Questa volta, quindi, i biglietti sono rimasti invenduti? Niente affatto. Nonostante le cifre proibitive, i 23mila tagliandi disponibili sono andati sold out in poche ore. C’è chi è arrivato a spendere addirittura 711,15 euro per un pacchetto vip che consente l’accesso all’area lounge e gadget. Ma niente incontro con la star.
Oramai da tempo l’industria dei concerti ha preso questa “cara” strada. Anche perché, dal punto di vista di chi organizza questi show, sarebbe assurdo non proseguire così, dato che gli spettacoli registrano regolarmente il “tutto esaurito”. Insomma, se i fan sono disposti a tanto, barra dritta e soldi in tasca.
Un altro esempio celebre di concerto-salasso è quello del Renaissance World Tour di Beyoncé, nel 2023, quando alcuni fan spesero 3.757 dollari (3.428 euro) per biglietti che consentivano loro addirittura di sedere sul palco.
Per le star dell’hip hop americano Kendrick Lamar e Sza allo Stadio Olimpico di Roma, lo scorso 2 agosto, i fan hanno sborsato 172,50 euro per il “gold circle” in piedi e 74,75 euro per i posti laterali in curva.
Per gli Stray Kids, il 30 luglio sempre all’Olimpico, il primo settore numerato dello stadio costava 207 euro, il secondo 161. Spendendo 462 euro, invece, i fan hanno potuto assistere alle prove, ma senza incontrare la band coreana. Per assistere da una terrazza al recente show di Dua Lipa all’Ippodromo La Maura di Milano bisognava spendere 703,50 euro.
Impennata
L’esplosione dei prezzi è stata studiata da Pollstar, magazine statunitense specializzato nell’industria dell’intrattenimento: secondo quanto emerso, nel 1988 il costo medio per un biglietto di un concerto di Bruce Springsteen era di appena 22,50 dollari, mentre oggi ha raggiunto la cifra di 150,69 dollari.
L’(ex) paladino della working class è tornato in Italia il 30 giugno e il 3 luglio scorsi, allo stadio San Siro di Milano: ebbene, i prezzi per un posto nel parterre arrivavano a quota 149,50 euro. Quelli per il primo settore a 184 euro.
Boom di prezzi anche per il ritorno degli Oasis. L’ultima volta che i fratelli Gallagher suonarono allo stadio di Wembley, a Londra, nel 2009, un tagliando per un posto in piedi costava 44,04 sterline. Lo stesso settore per la reunion – che ha debuttato lo scorso 4 luglio a Cardiff, con il tour mondiale che proseguirà fino a novembre – è stato messo in vendita a 150 sterline. Peraltro, la piattaforma Ticketmaster è finita al centro di polemiche per via della scelta di alzare i prezzi degli show dei fratelli Gallagher, vista l’elevata domanda.
Prezzi alti per star internazionali, ma non solo. Anche per assistere ai concerti delle stelle del nostro Paese bisogna pagare cifre di un certo livello, pure queste in forte aumento negli ultimi anni. È così più o meno dal 2016. Basta vedere a che numeri viaggiano gli artisti italiani in grado di riempire stadi, palazzetti e arene. Per una tribuna Monte Mario dello stadio Olimpico, ad esempio, si pagano cifre intorno agli 80 euro.
Ovviamente i prezzi variano da concerto a concerto. Sono previste anche aree riservate sotto il palco a prezzi maggiorati, Vip pack (con tanto di gadget e aperitivi), posti a sedere dietro il palco e così via: tutti modi per fare qualche soldo in più.
A far rumore lo scorso anno sono stati persino i Cccp, icone della scena indipendente italiana, che furono bersagliati da critiche per aver messo in vendita a 57 euro i biglietti per uno show in piazza Maggiore a Bologna: i collettivi universitari annunciarono un’autoriduzione dei biglietti, in stile Anni Settanta. Alla fine il concerto si è svolto regolarmente, con i Cccp che hanno venduto 8.500 tagliandi.
Il caso Coachella
A proposito di prezzi “folli”, impossibile non citare il Coachella, festival musicale e delle arti che si tiene annualmente (nei due fine settimana centrali di aprile) all’Emipire Polo Club di Indio, nella Coachella Valley, in California. I biglietti sono arrivati a costare tra i 700 e i 1.400 dollari. Ma non solo: sono infatti diventati virali i costi accessori come quelli per il vitto. Basti pensare che le cene più semplici (take-away) hanno toccato i 100 dollari a persona.
L’evento, secondo un report di Billboard, ha fatto indebitare diversi partecipanti. Molti di loro non hanno ancora saldato il conto: più della metà (60%) di coloro che hanno acquistato i biglietti del Coachella 2025 lo hanno fatto attraverso il piano di pagamento a rate, buy now pay later.
Anche altri due mega-festival, il Lollapalooza e il Rolling Aloud, hanno introdotto lo stesso sistema. Un modo per permettere a più persone di partecipare ma anche per aumentare i ricavi.
I motivi
Ma perché costano così tanto i biglietti per i concerti? I motivi sono diversi. Non si tratta solo di avidità. Una delle ragioni per cui i concerti stanno diventando un bene di lusso è perché sono la vera fonte di guadagno degli artisti. Rispetto a trent’anni fa, i cachet – cioè la cifra d’ingaggio di un cantante, che permette di portare il concerto in questione in città – sono raddoppiati.
La maggior parte dei grandi eventi dipende dalle stesse aziende. In Italia, per esempio, operano due grossi gruppi internazionali: la statunitense Live Nation e la tedesca Eventim (quest’ultima ultimamente ha acquisito diversi promoter nazionali come D’Alessandro e Galli, Friends & Partners, Vertigo e Vivo Concerti). Entrambe le multinazionali gestiscono artisti, organizzano concerti e possiedono anche le piattaforme che vendono biglietti: nel 2010 Live Nation si è fusa con Ticketmaster, mentre dal 2007 Eventim ha TicketOne.
Le multinazionali hanno soldi per acquistare e gestire in blocco i tour di artisti nazionali e internazionali, con un notevole vantaggio economico e competitivo rispetto ai concorrenti locali, oltre che con una certa libertà di imporre cachet, decisioni e prezzi.
Il costo dei cachet più alti finisce inevitabilmente per essere pagato dagli spettatori attraverso l’aumento generale del costo dei biglietti. Fino agli anni Novanta i concerti non avevano questa centralità nell’economia degli artisti: si vendevano centinaia di migliaia di dischi, su supporti fisici che costavano spesso l’equivalente, allora, di un ticket d’ingresso per uno dei tanti live estivi che venivano organizzati. La fonte principale di sostentamento dei cantanti erano quindi cd, musicassette, vinili, mentre l’attività dal vivo era collaterale.
La pirateria online dei primi anni Duemila ha distrutto questo modello, rendendo superfluo il mercato delle copie fisiche. Lo streaming, quello legale, ha, sì, salvato la musica dal buco nero, ma non è granché più redditizio, se si conta che Spotify paga appena 0,04 dollari ogni dieci stream. Così fare concerti è diventato fondamentale. Per tutti. Anche per le star internazionali.
Altri motivi dell’aumento dei prezzi sono da ricercare nel prodotto che viene fornito ai clienti, i fan. Basta essere andati a qualche concerto negli ultimi anni per rendersi conto di quanti investimenti vengono fatti sullo show. Dai giochi di luce ai ballerini, dai maxi schermi ai palchi giganti e futuristici. Tutti costi in più a cui far fronte.
Una voce di costo importante, inoltre, è quella legata ai professionisti del settore: quelli che consentono di progettare, allestire e portare a casa un concerto. Anno dopo anno sono sempre meno, decimati dalla pandemia e da uno Stato che non ha riconosciuto il loro valore professionale, specie per le maestranze. Gli operatori sono pochi e abbastanza costosi, con conseguenze evidenti, anche qui, sulla abitudini dei fan: non solo i concerti diventano esosi, ma le prevendite vengono aperte con due anni d’anticipo (in questo momento ci sono eventi annunciati negli stadi per l’estate del 2026), per raccogliere quei soldi destinati proprio ai professionisti, che già da oggi lavorano su quei progetti.
Vanno poi citate altre voci, come le commissioni delle piattaforme per la vendita dei biglietti, le spese di viaggio, i servizi di sicurezza e il costo dell’energia e dei carburanti, cresciuto soprattutto in seguito all’invasione russa in Ucraina. Quest’ultima voce ha inciso in modo significativo anche sull’organizzazione degli eventi, come sul resto dell’economia. Spostare tir carichi di scenografie e impianti audio, bus con tecnici ed entourage costa molto di più rispetto al passato, così come l’energia per allestire un palazzetto o uno stadio, tra le altre cose con affitti più cari.
Insomma, la “colpa” di un biglietto a 230 euro non può ricadere solo sull’artista di turno. Ma qualche domanda bisognerebbe porsela, prima di tirare troppo la corda.