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Home » Spettacoli

Francesca Comencini a TPI: “Con la cultura sì deve e si può mangiare, migliora la vita. È incredibile che sia diventato terreno di scontro politico” | VIDEO

Le parole della regista all'Ischia Film Festival dove ha presentato il suo ultimo film "Il tempo che ci vuole"

Ischia è il paese delle mie estati. La nostra casa era a Casamicciola. È lì che ho scoperto la vista, il luogo delle mie prime volte. Poi quella casa non c’è stata più, e per anni non sono riuscita a tornare. Uno strappo da un luogo è come uno strappo da un amore. Ora, grazie all’Ischia Film Festival, ho ritrovato Ischia. Il mio primo luogo dell’anima”.

Così Francesca Comencini ha salutato il pubblico ieri sera ad Ischia, alla presentazione del suo ultimo film Il tempo che ci vuole, che ha trionfato ai Nastri d’Argento (miglior film, miglior sceneggiatura, miglior attore, Fabrizio Gifuni, miglior attrice, Romana Maggiora Vergano e miglior casting, Laura Muccino e Sara Casani) ambientato negli anni di piombo e incentrato sul rapporto fra Luigi Comencini, grande maestro del cinema italiano e sua figlia Francesca. Una visione personalissima ma anche universale del tenero rapporto fra padre e figlia per un film che sta avendo una vita lunghissima e che ora è disponibile anche in streaming su Sky e NowTv.

“I film hanno delle vite più lunghe rispetto al passato – ci racconta Francesca Comencini. L’abbiamo girato 2 anni fa, l’abbiamo presentato al Festival di Venezia poi è arrivato nelle sale, ora ci sono le arene estive e adesso siamo anche in streaming. È incredibile quanto sia lungo oggi il percorso di un film. Un successo cresciuto piano, piano anche con il passaparola, probabilmente perché nonostante si racconti una storia intima, questo rapporto fra me e mio padre, ha travalicato la sfera del privato per diventare una storia universale.”

Probabilmente le nuove generazioni, anche non conoscendo il cinema di Luigi Comencini, si è identificata nel racconto di un rapporto complicato e d’amore fra un padre e una figlia.
“Questo era il mio scopo, riuscire a colmare quella frattura che c’è fra le generazioni, parlando di qualcosa che può riguardare tutti. Questa dovrebbe essere la missione della cultura e del cinema. Il film è anche una lettera d’amore al cinema, ci sono tantissime citazioni.”

Nel film c’è un tema importante che è quello del fallimento, della disattesa delle aspettative di un padre, ma anche della rinascita.
“Questo film è molto autobiografico e io ho messo a nudo completamente la mia storia e le mie debolezze. Difficile sentirsi all’altezza di mio padre. Ho fallito, sono caduta nelle dipendenze. E questa cosa, negli incontri con il pubblico, con gli studenti di cinema, ha colpito molto i ragazzi. Come se si fossero chiesti: allora si può fallire? Certo perché è proprio da lì che parte la costruzione migliore di noi stessi. Mio padre nel film dice: ‘guarda che anch’io alla tua età non sapevo chi ero, non sapevo cosa fare e ho fallito cento volte nella mia vita’. Questo aiuta a non sentirsi così sbagliati e sotto pressione come sono oggi i giovani.”

Si scopre anche un padre molto attento a indirizzare la figlia verso la cultura che è salvifica. E ancora così?
“La cultura aiuta a crescere, ci fa intravedere un futuro migliore ed è importante dirlo in questo momento. Perché la cultura nel nostro paese è un po’ sotto attacco, come se non fosse un bene comune. È incredibile che sia diventato terreno di scontro politico. Sono anni e anni che affermo che la cultura è un settore produttivo, con la cultura sì deve e si può mangiare, non è un hobby. Migliora la vita.”

In altri paesi come la Francia, la cultura è un bene fondamentale. Ci sono politiche molto importanti di sostegno alle arti e ai mestieri dell’arte e della cultura che hanno pari dignità rispetto a qualsiasi altro mestiere.
“In Francia c’è una politica culturale che noi ci sogniamo, creata dal primo ministro della cultura, lo scrittore, Andre Malraux sotto il governo conservatore di Charles De Gaulle (dal 1959 al 1969) che oggi potremmo considerare di destra, magari ci fosse una destra così, il quale ha pensato che la cultura fosse un bene vitale per la crescita della Francia. Grazie a lui il cinema viene insegnato nelle scuole, così come la storia del teatro e della musica. Ha creato una politica di sostegno valida ancora oggi, ma soprattutto ha reso l’accesso alla cultura e al lavoro nella cultura aperto a tutti.”

Il cinema, rispetto all’epoca di Comencini o di Fellini è cambiato moltissimo. I budget si sono ridotti così come i tempi di lavorazione. Come si lavora oggi?
“I budget a quei tempi erano enormi e i tempi di lavorazione quasi infiniti. Eppure mi sono riletta tutta una serie di appunti di mio padre per questa magnifica retrospettiva che hanno fatto a Bologna con il restauro delle sue opere per il festival Il Cinema ritrovato, e mi sono accorta che nelle note a margine delle sceneggiature, lui scriveva continuamente che non c’erano soldi per continuare a girare le scene. Diciamo che i problemi con i budget e la crisi del cinema, l’abbiamo avuta più noi che abbiamo iniziato a fare film negli anni 80/90,  anche perché utilizzavamo macchine vecchie, costosissime, giravamo in pellicola e non c’erano più i budget di una volta. Adesso con il digitale è tutto più economico, ma giriamo in maniera molto più veloce. Usiamo due o tre macchine da presa. I tempi si sono ridotti notevolmente e questo oltre a dare una grande libertà agli attori che si possono muovere con più facilità e concentrarsi sulla scena e sul dialogo, dà a noi la possibilità di realizzare più velocemente le scene. Paradossalmente ci sono meno soldi, ma pesa meno.”

Sta lavorando a qualcosa di nuovo?
“Sto pensando ad un film che racconti la storia del femminismo in Italia, un movimento che è stato poco o mal raccontato. Ci sono donne sconosciute alle giovani generazioni che hanno dedicato la loro vita, il loro tempo, il loro lavoro alla lotta per i diritti di cui oggi tutte noi usufruiamo, ed è importante che vengano alla luce.”

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