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Home » Salute

Health4U, Scaccabarozzi a TPI: “Il futuro della sanità si basa sulla passione dei giovani”

Immagine di copertina
Massimo Scaccabarozzi ANSA/ANGELO CARCONI

Il Presidente della Fondazione Johnson&Johnson presenta il progetto finalizzato a formare figure professionali che possano sostenere le nuove sfide del SSN nel post Covid-19: "Dobbiamo passare dai tagli indiscriminati a una nuova politica di investimenti sul settore"

Fondazione Johnson&Johnson lancia il progetto Health4U, programma di formazione e orientamento alle carriere universitarie e al mondo del lavoro nel campo della salute, del benessere e delle scienze della vita, promosso in collaborazione con la Fondazione Mondo Digitale.

L’iniziativa parte dalla constatazione che, senza adeguati interventi, nei prossimi dieci anni mancheranno oltre 120.000 tra medici e infermieri. Contemporaneamente, le nuove sfide del settore sanitario nel post-Covid chiameranno in causa nuovi profili come il Data Scientist, l’AI Engineer, il Gamification Designer. Pertanto Health4U si rivolge a oltre 10mila giovani su tutto il territorio nazionale, studenti italiani delle scuole secondarie di secondo grado, con lo scopo di guidarli alla scoperta dei cambiamenti che stanno trasformando il settore sanitario, dalle nuove professioni alle applicazioni delle tecnologie abilitanti.

“Mai come quest’anno parlare di competenze per la salute pubblica è particolarmente importante e significativo”, ha dichiarato Mirta Michilli, Direttore Generale della Fondazione Mondo Digitale. “Quello che stiamo imparando dalla crisi sanitaria non deve andare disperso a emergenza conclusa, ma va trasformato in risorsa comune, a tutti i livelli: strutturali, organizzativi, economici, umani e soprattutto formativi. La collaborazione con Fondazione Johnson &Johnson per Health4U ci dà l’opportunità di accompagnare i giovani a scoprire come la tecnologia sta cambiando profondamente le professioni sanitarie. Siamo convinti che scelte di studi ponderate nascono soprattutto dalla conoscenza, ed è questo l’obiettivo che il progetto si pone: dare ai ragazzi informazioni su realtà professionali che altrimenti resterebbero a loro sconosciute, in modo da metterli nelle condizioni di identificare con consapevolezza i loro reali interessi e indirizzare studio, ricerca e passione per migliorare la qualità della vita di tutti”.

Tonino Aceti, portavoce della Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche (FNOPI) e Presidente SalutEquità, ha invece sottolineato la necessità di dare centralità alla figura dell’infermiere: “La professione infermieristica è la professione del presente e del futuro, costantemente sintonizzata con l’evoluzione dei bisogni delle comunità, capace di agire e coniugare insieme parole magiche per i diritti dei pazienti e per il nostro Servizio Sanitario Nazionale come ad esempio relazione, umanizzazione, competenza, innovazione, integrazione e prossimità. Qualità che la pandemia ha reso chiare a tutti, sulle quali lo Stato sta investendo in termini di stanziamenti e con l’istituzione di figure innovative come quella dell’Infermiere di famiglia e di comunità. E’ stata l’unica laurea tra le sanitarie che nel 2020 ha visto aumentare le domande di quasi l’8% e secondo i dati a un anno dalla laurea in tempi pre-Covid già l’80% era in servizio. Nel SSN ne mancano comunque 53.000 e questa è certamente un’emergenza sulla quale è necessario intervenire velocemente, come pure sulla maggiore valorizzazione delle competenze infermieristiche cliniche e tecnologiche, acquisite attraverso un percorso universitario rigoroso, in continua evoluzione, con uno sguardo sempre maggiore alle specializzazioni”.

Intervenendo alla presentazione di Health4U, Alberto Mantovani, Direttore scientifico dell’Istituto Clinico Humanitas e Professore emerito dell’Humanitas University, nel corso della presentazione dell’iniziativa ha sottolineato come la tecnologia sta cambiando il lavoro nella sanità: “Le professioni sanitarie costituiscono una ‘cintura di sicurezza’ per la comunità nel suo insieme, dall’Intelligenza Artificiale all’Ingegneria. La sfida sarà di coniugare la tecnologia con la dimensione umana della Medicina”.

Intervista a Massimo Scaccabarozzi

TPI ha approfondito la conoscenza di Health4U intervistando Massimo Scaccabarozzi, presidente della Fondazione Johnson&Johnson, costituita nel 2000 dalle aziende del Gruppo Johnson&Johnson in Italia nei tre settori in cui opera, Farmaceutico (Janssen), Consumer (Johnson&Johnson) e Medicale (Johnson&Johnson Medical). Con lui abbiamo delineato uno scenario che vede l’Italia al primo posto in Europa per la percentuale di medici e infermieri con più di 55 anni: un dato che, se non supportato da un adeguato ricambio, si riverbererà in maniera molto negativa sulle prossime generazioni: “L’innovazione in campo medico e altre concause fanno sì che l’Italia sia uno dei Paesi più longevi. Dobbiamo pertanto porci il problema di gestire sia un’età media sempre più avanzata, sia le cronicità. Ma è cronica anche la carenza degli infermieri, come le associazioni di categoria ci spiegano ormai da anni”.

A cosa si deve questa problematica?

“Le cause sono molteplici, a partire dalle università a numero chiuso. Inoltre, spesso si dà maggiore evidenza alle notizie negative: ci vuole molto tempo per ottenere un ruolo, il lavoro è precario e spesso sottopagato. Il nostro è invece un messaggio positivo: vogliamo appassionare i giovani a una professione veramente nobile, che consiste nel donare la vita alle persone”

Voi siete l’espressione di un Gruppo che opera su più mercati: all’estero la situazione è diversa?

“Le associazioni di categoria di medici e infermieri ci dicono che all’estero c’è un maggiore riconoscimento di queste professioni e dei tempi più rapidi perché una persona possa emergere. In Italia i neolaureati impiegano molti anni prima di avere un ruolo, mentre in altri Paesi si fa molto prima anche ad arrivare a retribuzioni interessanti. Gli infermieri ci dicono spesso che per loro è più facile trovare lavoro emigrando piuttosto che in Italia, cosa che inizialmente mi ha lasciato davvero stupefatto. Ci dobbiamo chiedere il perché e soprattutto penso che non dobbiamo sprecare le occasioni che ci vengono date dal Next Generation EU, compito che però lasciamo a chi di dovere”.

Quali suggerimenti si sente di dare al decisore pubblico?

“In primo luogo bisogna invertire la rotta rispetto ai continui tagli del passato, per compensarli con nuovi investimenti. Bisogna approfittare delle risorse europee per rilanciare il SSN, superando la fase emergenziale di questo ultimo anno, davvero durissimo. Abbiamo però di fronte un’occasione storica per puntare sull’innovazione digitale, per risparmiare tempo e guadagnare in efficacia, sviluppare nuove professioni e un nuovo modo di lavorare”

Quali sono gli errori da non ripetere?

“La pandemia ha dimostrato che non è mancata l’efficacia, ma l’efficienza, che spesso è dovuta proprio a carenze strutturali. Esempi lampanti sono il fatto che abbiamo dovuto velocizzare i percorsi di studio in Medicina, ma soprattutto richiamare i medici in pensione. E quest’ultimo aspetto ha messo a forte rischio una fetta della popolazione: tra i Paesi europei, abbiamo infatti la più alta percentuale di medici morti per la pandemia. Questo ha dimostrato tutta l’inadeguatezza del nostro Paese da questo punto di vista. Credo che sia necessario comunicare ai giovani quanto questa professione sia importante per la collettività: noi facciamo la nostra parte, poi ci auguriamo che il Paese faccia tutto ciò che serve per valorizzarla e, come dico sempre, per portare la sanità al malato. Bisogna infatti invertire il paradigma. Siamo sempre stati abituati al fatto che il malato debba contattare la sanità, ma bisogna ribaltare questo rapporto. La pandemia ci ha molto stimolato, da questo punto di vista, ad esempio con la forte accelerazione che c’è stata sul piano della digitalizzazione della cura”.

Quanto sta incidendo in questo percorso la digitalizzazione?

“Anche rimanendo nell’ambito medico, c’è stata un’enorme velocizzazione, attraverso le televisite, la teleassistenza e la dematerializzazione della ricerca: era un processo che da anni doveva partire, ma non c’è stata una reale partenza. La necessità del distanziamento sociale e l’ingolfamento degli ospedali a causa del Covid-19 ha spinto a farne virtù. Non dimentichiamoci, infatti, delle tante patologie trascurate. Io dico sempre che la prossima pandemia sarà di cancro, nel senso che tutte le diagnosi, gli screening e gli interventi mancati in questo periodo di crisi sanitaria produrranno degli effetti nel prossimo futuro. La digitalizzazione può invece ottimizzare il tempo, facendo risparmiare fino al 50% di quello che viene dedicato alle normali attività di un operatore sanitario, per poterlo invece rivolgere all’assistenza del paziente. Una ricerca realizzata da Janssen con Doxa ha evidenziato notizie positive sulla digitalizzazione: il 90% dei pazienti l’ha accolta con favore, specialmente con riguardo alla ricetta dematerializzata, che evita di andare a fare lunghe code per il ritiro. Il 76%, inoltre, è favorevole a una digitalizzazione completa, attraverso teleassistenza e telemedicina, cose che sembravano improponibili fino a qualche tempo fa”.

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