Quirinale, stop di Forza Italia a Draghi: “Se va al Colle si vota”. Ipotesi Cartabia prima donna premier
La partita del Quirinale entra nel vivo e si fa sempre più intensa, dopo il chiaro no di Sergio Mattarella all’ipotesi di un secondo mandato. Il nome più forte in campo resta quello di Mario Draghi, pur con la difficoltà di dover far salire al Colle l’attuale presidente del Consiglio, lasciando quindi vuota la poltrona di Palazzo Chigi.
Una matassa non facile da dipanare, anche perché avvicinerebbe lo spettro di elezioni anticipate. Uno scenario che terrorizza molti deputati e senatori, consapevoli di essere al loro ultimo giro in Parlamento, e per questo riottosi all’idea di chiudere anticipatamente il proprio mandato. Quella per il Quirinale è dunque una vera e propria partita a scacchi tra le varie coalizioni e partiti.
Da segnalare la brusca frenata di Forza Italia, che tramite il proprio coordinatore Antonio Tajani fa sapere che “se Draghi viene eletto al Colle si deve andare alle elezioni. Non vedo nessuno che abbia la stessa autorevolezza di Draghi, in grado di tenere politicamente una maggioranza così eterogenea”, ha aggiunto l’ex presidente del Parlamento europeo.
Il senso del suo ragionamento, già espresso anche da Silvio Berlusconi, è chiaro: questo governo di unità nazionale è nato grazie al collante rappresentato dall’ex numero uno della Bce; venendo meno la guida di Draghi, cadrebbe anche quel vincolo tra partiti così eterogenei che ha portato alla nascita dell’esecutivo, per cui l’unico sbocco possibile sarebbero le elezioni anticipate.
Inoltre rispetto ad un anno fa il governo ha assolto a molti dei compiti per il quale aveva visto la luce, dalla stesura del Pnrr alla gestione della fase più critica dell’emergenza sanitaria. E poi anche dal Colle più alto di Roma Draghi vigilerebbe sull’andamento della macchina italiana. Ma soprattutto questo stop di Forza Italia a Draghi servirebbe per tenere in campo l’ipotesi più a cuore per gli azzurri: quella di vedere Berlusconi Capo dello Stato. Una carta che gli alleati sovranisti di centrodestra, Matteo Salvini e Giorgia Meloni, si sono detti pronti ad appoggiare. Il leader leghista punta ad una figura di garanzia, “senza la tessera del Pd in tasca. Non è possibile che il presidente della Repubblica venga sempre da sinistra”.
E il Pd che fa? Al momento dal Nazareno si getta acqua sul fuoco, per non bruciare anzitempo papabili credibili: “Una forza politica responsabile come il Pd affronta un dossier alla volta e con serietà. E adesso bisogna chiudere bene la legge di bilancio e decidere per il meglio per evitare complicazioni nella gestione fin ho esemplare della pandemia. Il caos non giova a nessuno”. L’area più in subbuglio è quella di centro, con Renzi e Toti di Coraggio Italia a lavoro per la creazione di un intergruppo centrista. Intanto l’ex premier perde i pezzi, con il senatore Leonardo Grimani che ha lasciato il gruppo di Italia Viva per andare a sedere nel Misto.
Se Draghi alla fine dovesse spuntarla per il Quirinale, bisognerà riempire la casella di Palazzo Chigi rimasta vacante. Come detto l’obiettivo è in ogni caso evitare le elezioni anticipate, attraverso un patto che possa blindare la legislatura. Avanti dunque fino al 2023. Tra i papabili alla guida dell’esecutivo restano l’attuale ministro dell’Economia e fidato amico di Draghi, Daniele Franco, o la ministra della Giustizia Marta Cartabia. Le sue quote sono parecchio cresciute negli ultimi giorni. Sarebbe la prima donna premier della storia repubblicana del nostro Paese. Un dettaglio da non trascurare.
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