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Quando Renzi scriveva: “Inaccettabile che ci siano ancora piccoli partiti che mettono i veti”

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“Non è accettabile che nel 2017 ci sono ancora piccoli partiti che mettono i veti”, così Matteo Renzi nel 2017, quando – appena rieletto segretario del Pd – durante il governo guidato da Paolo Gentiloni si scagliava contro chi minacciava la crisi dal “basso” di percentuali elettorali risicate.

Ma ora la situazione si è ribaltata e Matteo Renzi, che ieri ha innescato la crisi di governo annunciando il ritiro delle sue ministre dall’esecutivo, si ritrova proprio nel ruolo di quel piccolo partito che mette i veti. Una situazione in cui, peraltro, si è ficcato da solo quando a settembre 2019, dopo aver contribuito a formare il nuovo governo giallo-rosso, ha deciso di uscire dal Pd, in cui avrebbe goduto ancora di buone percentuali e di formare un suo partito.

I veti di oggi di Italia Viva, che nei sondaggi gode di circa il 2,5 per cento di preferenze, sono sul Recovery Plan, sull’indisponibilità del governo di attingere ai fondi del Mes per la sanità e in generale su un modo di gestire la pandemia che il leader di Iv ha trovato poco democratico, perché giocato troppo sui social. L’attacco al premier Giuseppe Conte è stato chiaro dall’inizio della conferenza stampa di mercoledì 13 gennaio, e nulla esclude che Renzi vorrebbe far nascere una maggioranza guidata da un premier diverso.

Il tweet del 2017, condiviso durante la trasmissione Porta a Porta, non era il primo in cui il “vecchio rottamatore” si scagliava contro i piccoli partiti. Ben prima di diventare premier, nel 2012, alla Leopolda assicurava: “Se vinciamo noi non ci sarà più spazio per il potere di veto dei partitini”. E qualche utente oggi scherza: “Per Renzi i veti erano inaccettabili nel 2017, ma forse sono accettabili nel 2020”.

Leggi anche: 1. Dimissioni di Conte, patto di legislatura, nuovo premier: cosa può succedere ora che Renzi ha staccato la spina 2. Crisi di governo aperta dopo lo strappo di Renzi. Ora Conte in bilico tra dimissioni e fiducia in Aula 3. Il piano di Renzi ora si complica: vince solo se salta Conte 4. Il paradosso della crisi di governo: la maggioranza non cambia nonostante le dimissioni delle due ministre

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