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Home » Politica

Conte a TPI: “Basta soldi dall’estero ai parlamentari italiani, chi fa politica non deve più ricevere un euro”

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"Invito tutti i leader di partito a seguirmi nel porre fine alle consulenze con Paesi al di fuori dell’Ue. Della questione morale oggi tutti si riempiono la bocca, è facile indignarsi, ma ora servono i fatti, e meno ipocrisia”. Su TPI l'intervista al leader del Movimento 5 Stelle

Presidente Conte, i fatti di cronaca che giungono dal Qatar indeboliscono l’immagine dell’Europa e colpiscono al cuore la politica italiana. Come ritiene che i partiti debbano reagire?
Di fronte allo scandalo del Qatargate, la politica non può limitarsi ad indignarsi a costo zero. È facile, oggi, prendere le distanze a parole. È arrivato il momento di fare la differenza con i fatti. Vede, la questione è seria e profonda, va oltre i meri fatti di cronaca di questi giorni perché, da quando è scoppiato lo scandalo, c’è sì una facile condanna di atteggiamenti eticamente in contraddizione con il costume e i valori delle istituzioni, ma persiste anche un imbarazzato silenzio nel momento in cui si tratta di dare seguito a questi proclami con azioni concrete.

S&D

Lei ha formulato una sua proposta concreta da contrapporre a questa contraddizione?
Sì e mi spingo oltre, lancio un appello a tutte le forze politiche: mettiamo in campo una solida barriera contro corruzione e influenze di Stati stranieri. I parlamentari italiani sono già ben retribuiti dagli italiani e debbono perorare esclusivamente l’interesse nazionale. Non devono fare i consulenti o i promoter per Paesi che non siano il nostro.

E a cosa auspica dovrebbe portare il suo invito, in concreto?
Guardi, sarò più chiaro: molto semplicemente i parlamentari non devono più ricevere né un euro né prestare consulenze per Stati stranieri. La funzione pubblica, come recita l’articolo 54 della Costituzione, non deve essere un trampolino di lancio per un carrierismo parallelo.

Crede che Meloni, Renzi & compagni le verranno dietro?
Stiamo a vedere, l’interesse dovrebbe essere comune. Il M5S non ha interessi diversi da quelli dei cittadini. Non abbiamo contratto debiti con nessun finanziatore o gruppi di interesse. Vediamo chi ci sta fra gli altri leader, a partire dai ‘patrioti’ che sono al Governo, per dare finalmente al Paese una solida legge sul conflitto di interessi.

Dopo lo scandalo Qatargate si è tornati a parlare di questione morale. Esiste ancora secondo lei, nella politica odierna, spazio per riflettere e parlare seriamente di questione morale, così come fece Enrico Berlinguer nella celebre intervista a Eugenio Scalfari dell’81?
Esiste da sempre e non è mai stata propria di una sola stagione politica o storica. Lo stesso Berlinguer, che ne parlò anche prima del 1981 – conversando con Alfredo Reichlin su l’Unità, ricordava quanto fosse un tema “essenziale”, decisiva per garantire il rapporto fiduciario tra cittadini e istituzioni e quindi “la effettiva governabilità del Paese e la tenuta del regime democratico”. C’è un rapporto di fiducia che lega i cittadini ai loro rappresentanti dentro le istituzioni ed è lecito pensare che esista una sorta di azione ispettiva morale nel giudizio dei cittadini sui comportamenti di chi siede nei Parlamenti. Lo scandalo Qatargate non fa che riproporre questa questione ineludibile. Il problema semmai è che negli anni sono mancate le risposte.

E in questo senso lei o il Movimento che oggi rappresenta ritiene poter essere il nuovo custode della questione morale di Berlinguer?
Il pensiero di Enrico Berlinguer è patrimonio nazionale. Sbaglierebbe chiunque volesse arrogarsi il diritto ad esserne interprete e ‘portavoce’ ufficiale, magari in virtù di una semplice discendenza politica o di una tessera di partito. Quello di Berlinguer sulla questione morale era un ragionamento di ampio respiro e visione, come già lo era stato pochi anni prima la riflessione sull’austerità intesa come rigore, efficienza, serietà e quindi giustizia, come necessità di risanare lo Stato. Questa richiesta di onestà, etica pubblica e rigore morale è stata e continua ad essere alla base dell’azione politica del Movimento. L’asticella alta su etica e questione morale è nel nostro dna.

Quando lei dice che “i parlamentari non devono più ricevere né un euro né prestare consulenze per Stati stranieri”, si riferisce indirettamente a Matteo Renzi? Quello del senatore e leader di Italia Viva è un caso che ritiene assimilabile a ciò che abbiamo visto col Qatargate?
Guardi, le basti questo: Carlo Calenda, oggi fido alleato di Renzi, diceva che è “inaccettabile” che un senatore pagato dagli italiani faccia il “testimonial di regimi autocratici dietro il pagamento di lauti compensi”. Se non ha cambiato idea lo invito ad essere conseguente. E ad aderire al nostro invito. Tutte le forze politiche, compresa quella di Giorgia Meloni oggi al governo, devono assolutamente porre un argine a un fenomeno che non può essere più accettato se si vuole tutelare il nostro patrimonio istituzionale.

Dal suo punto di vista ritiene che oggi esistano le condizioni tali da riuscire ad approvare, in Parlamento, una legge per normare l’attività di lobby?
Il M5S da anni lavora per proporre una protezione delle nostre istituzioni contro il far west del conflitto di interessi e delle attività di lobby. I rapporti fra politica e interessi economici devono essere trasparenti, alla luce del sole e chiari ai cittadini. È questo il motivo per cui, con questa intervista, ho voluto fare un appello a tutti gli altri leader politici. Possiamo dare un segnale al Paese e approvare normative più stringenti tutti insieme. L’obiettivo della credibilità e della trasparenza ci riguarda tutti e non ha colori politici.

Macron è stato criticato per essere andato in Qatar. Se lei fosse stato Premier, con l’Italia in finale, sarebbe andato?
La designazione per questi Mondiali risale a 10 anni fa e in questo decennio, salvo rare eccezioni, la reazione della comunità internazionale alle pesanti violazioni dei diritti umani e alle migliaia di morti sul lavoro in Qatar è stata piuttosto tiepida. Dovremmo fare tutti mea culpa: la denuncia a cui assistiamo in questi giorni è tardiva, a tratti ipocrita.

Quindi?
A giochi fatti, non ha senso attaccare oggi un Presidente per il solo fatto di aver presenziato a un evento che, piaccia o meno, unisce la sua intera comunità nazionale. Sicuramente però non mi è piaciuto il momento della premiazione, in cui il piano del potere politico ha offuscato il valore puramente sportivo di un’istantanea a cui ha assistito il mondo intero. La foto di Messi che indossa il bisht mentre alza la Coppa non mi è affatto piaciuta, è un’invasione di campo della politica sullo sport.

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