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Home » Politica

Elezioni, Bettini: “Il Pd deve guardare al 50% che non vota. Conte ha sbagliato ma dopo le elezioni si vedrà”

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“È stato giusto stare appresso al 2-3-4 per cento di Calenda, ma francamente è assai più utile e significativo guardare a quel 50 per cento di Italia che non vota“: in un’intervista al Corriere della Sera, il padre nobile del Pd Goffredo Bettini guarda alla strategia per vincere le elezioni e battere il centrodestra di Giorgia Meloni. Una vittoria, quella della coalizione FdI-Lega-Forza Italia, che per Bettini non è affatto scontata. Perché la destra “è divisiva, intimorisce una grande parte del Paese e nell’insieme ha un sapore illiberale condito con troppe promesse demagogiche e irrealizzabili”.

Il pericolo legato a un governo guidato dal campo opposto risiede secondo il teologo dem in una “possibile stretta autoritaria e illiberale, accompagnata da un’impronta di classe a favore dei più ricchi”. Per questo è necessario puntare alla larga fetta di popolazione che non vota. Ma il riformismo vero che ogni partito interessato a contrapporre Meloni promette “è solo una cosa: accorciare le distanze tra il privilegio e il dolore sociale“. “Francamente il resto sono chiacchiere da talk show”, dichiara.

Sul naufragio del campo largo con il M5S, il dem afferma di non avere rimpianti su quanto realizzato durante l’esperienza del Conte II e sui tentativi di costruire un’alleanza, ma conferma che la scelta di romperla è stata resa inevitabile dalla mancata fiducia dei grillini all’esecutivo guidato dal banchiere centrale. “La sfiducia al governo Draghi è stato un grave errore di Conte”, osserva. “Ha mandato all’aria la nostra alleanza e un lavoro positivo che si stava svolgendo. È rimasta una ferita profonda”.

E dopo il 25 settembre? “Si vedrà”. “La bellezza della politica è nella sua imprevedibilità. Adesso la priorità è il voto al Pd e alla coalizione che siamo riusciti a costruire”, dice Bettini sulla possibilità di rinsaldare alleanza con il Movimento dopo le elezioni, in Parlamento. Conte “si era convinto che il M5S, continuando a stare nel governo, sarebbe pressoché sparito. Ha fatto una scelta di sopravvivenza partitica”. A cui ha contribuito, conclude l’esponente dem, “la campagna aggressiva contro di lui di tutta l’informazione e gli appelli di Calenda a distruggerlo”.

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