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Salvate Massimo Pericolo e Madame dall’Hype

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“Non fategli complimenti. Non fategli capire quanto sono bravi, altrimenti non avranno più voglia di imparare nulla”. Se nel corso della vostra vita avete avuto a che fare con lo sport giovanile, è probabile che abbiate sentito ripetere queste parole da qualche allenatore vecchia scuola. Uomini spesso avanti con l’età, perennemente incazzati col mondo e con ancora davanti agli occhi la miriade di ragazzini promettenti che si sono persi lungo la strada verso il professionismo.

“Più sono bravi e meno glielo devi dire”, era un’altra frase gettonatissima. Anche questa dettata dall’assoluta convinzione che le coccole fossero il nemico numero uno di qualsiasi forma di miglioramento. Non ho potuto fare a meno di pensare a questo durante l’ascolto del nuovo disco di Massimo Pericolo, “Solo Tutto”. Una riflessione che va al di là dal successo di pubblico che sicuramente accompagnerà l’album nei prossimi mesi o dal fatto che sia un lavoro di indiscutibile qualità. Sì, perché fare un “buon disco”, dopo che stampa e addetti ai lavori da due anni ti annunciano come il nuovo Re Mida del rap italiano, rischia di non bastare più. Non dovrebbe essere così, ma in questa industria ormai trascinata più dall’hype che dalle canzoni, anche l’ascoltatore più ben disposto non può che farsi un’unica domanda: è questo disco all’altezza delle aspettative? No, o forse non abbastanza.

Non bastano le produzioni targate Crookers, i featuring scintillanti di Salmo e Madame, e alcuni pezzi particolarmente azzeccati (“Debiti” e “Stupido” su tutti) a distogliere dai limiti di un disco che nell’insieme non sembra mai decollare del tutto. Sorge però un dubbio spontaneo. Non è chiaro se sia il disco in sé a non convincermi o se anche io sia stato vittima inconsapevole di quelle celebrazioni da giubileo che accompagnarono l’uscita del suo primo disco. Sì, perché a furia di sentir gridare “genio” come René Ferretti in Boris, si finisce per avere aspettative non giustificabili per un ragazzo che, nonostante l’indubbio talento, aveva e ha ancora tanto da dimostrare.

Facciamo allora un passo indietro. Il 23 gennaio 2019 viene pubblicata “7 Miliardi”, la canzone destinata a cambiare per sempre la vita di “Vane”, come lo chiamano i suoi amici. Un pezzo epocale, di una violenza e di una sensibilità strazianti. Forse la cosa migliore che l’Urban italiano sia riuscita a produrre in moltissimo tempo. Il suo nome finisce rapidamente sulla bocca di tutti. Vuoi perché, dopo tanti rapper finti criminali, c’era un comprensibile entusiasmo per aver trovato un artista capace di trasgredire oltre il divieto di sosta, e vuoi perché, affianco ad un Achille Lauro gucciato dalla calza alla mutanda, era ora che un cantate ci dicesse di avere finalmente i soldi per comprare la lavatrice.

A pochi mesi di distanza esce quindi “Scialla Semper”, il suo primo disco, battezzato col nome dall’operazione antidroga che aveva portato al suo arresto. Nelle otto tracce che compongono l’album Massimo Pericolo si conferma merce pregiata ma, come normale per un esordio assoluto, il disco è acerbo e alterna brani riuscitissimi ad altri meno convincenti. Per tornare alle metafore calcistiche, c’era la sensazione di essere davanti uno di quei talenti che, una volta arrivati in prima squadra, alternano grandi giocate a momenti di pausa. Uno step inevitabile per qualsiasi processo di crescita. Come cantava De Gregori ne “La leva calcistica del ‘68”, il talento c’è e “il ragazzo si farà”.

Troppo tardi. Il treno dell’hype era già partito. Un treno che non conosce mezze misure e che passa dal “genio” a “fallito” con la stessa velocità con cui Matteo Renzi cambia idea dopo i referendum. La sensazione era che per gli addetti ai lavori Massimo Pericolo fosse “l’artista dell’anno” a prescindere. Un sospetto confermato da una serie pressoché infinita di recensioni estatiche che non sembravano lasciare spazio ad alcuna critica costruttiva o, Dio non voglia, severa stroncatura.

A pensarci bene, non è poi tanto diverso da quello che sta succedendo in questi giorni con il primo disco della bravissima Madame. Un altro “bel disco” che sta venendo in questi giorni celebrato con la tipica sobrietà del Capodanno a Napoli: aggettivi roboanti, paragoni illustri e la netta sensazione che nessuno si possa azzardare ad esprimere una qualche perplessità. La musica oggi funziona così, direte voi. Sarà. Mi chiedo però se così facendo non stiamo involontariamente bruciando la carriera dei nostri artisti più promettenti. Artisti freschi, che potrebbero darci moltissime soddisfazioni se solo sapessimo pazientare, lasciandoli liberi di sbagliare e di crescere. Ma no, sono io che non capisco. In fondo, urlare al miracolo genera sicuramente più traffico online e poco importa se così facendo condanniamo gli artisti ad inseguire le tendenze più della musica.

Vi ricordate il musical Chicago? Quello con Richard Gere? Nel film le potenziali assistite di Billy Flynn sono pronte a tutto pur di attirare le attenzioni del penalista più ambito della città, l’unico in grado di salvarle dalla pena capitale. Ecco l’industria musicale sembra ormai funzionare più o meno allo stesso modo: un continuo sgomitare tra “artisti dell’anno” pronti a tutto pur di rimanere nelle grazie di Billy Hype, l’unico capace di salvarli dal dimenticatoio. Peccato. Forse senza queste pressioni, “Solo tutto” sarebbe stato un successo indiscutibile. Forse se “Scialla Semper” fosse stato recepito con un pizzico di riserve in più, oggi ci concentreremmo su un album che rappresenta indiscutibilmente un passo in avanti nel percorso musicale di Massimo Pericolo. Forse. O Forse sono solo io ad essere troppo “vecchia scuola”. Un altro allenatore burbero da campo di provincia assolutamente convinto che il migliore della squadra debba sedersi in panchina ogni tanto. “E’ per il bene del ragazzo”, si diceva una volta. Già, se solo oggi fregasse a qualcuno.

Leggi anche: 1. L’illusione di Ibra di sentirsi sempre il migliore / 2. Tutti gli articoli di Diego Carluccio

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