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Home » Opinioni

Ieri CasaPound, oggi le pagine di satira: il vero problema è la censura, e ha il volto di Facebook

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La notizia della chiusura di tutte le pagine Facebook e Instagram riconducibili a Casapound e Forza Nuova, nonché ad esponenti di punta dei due movimenti di estrema destra, ha tenuto banco per giorni sui giornali e telegiornali di tutta Italia.

In molti hanno esultato, considerando il provvedimento di Facebook una vera e propria manna dal cielo, una sorta di liberazione 2.0 dai movimenti neofascisti e dalle loro bufale a sfondo razziale.

“Non rispettano i termini di servizio”, ha spiegato la piattaforma di Mark Zuckerberg, sottolineando che, in particolare, i profili bloccati da molto tempo erano impegnati a diffondere fake news con l’obiettivo di aizzare rabbia, indignazione e odio verso specifiche etnie.

Come detto, la mannaia di Facebook è stata per lo più accolta con gaudio e giubilo dalla maggior parte degli opinionisti e giornalisti, pochissimi hanno cercato di sollevare dei dubbi rispetto a un’operazione che potenzialmente, sul lungo periodo, avrebbe potuto causare molti più danni che benefici.

“Facebook è una società privata e fa quello che vuole, mica avere un profilo è un diritto”, hanno ripetuto per giorni in coro i favorevoli, quasi tacciando di codardia quei pochi che, insomma, non stavano affatto difendendo le idee o i metodi di Casapound e Forza Nuova ma cercavano di puntare i riflettori sulle prevedibili conseguenze che questo approccio presto o tardi avrebbe generato.

Detto, fatto. Sono bastati quindici giorni scarsi per far tornare l’argomento alla ribalta, ma questa volta a subire le conseguenze della censura non sono stati i movimenti neofascisti ma alcune pagine di satira riconducibili all’area dem: i “Socialisti Gaudenti” e “Hipsters democratici”.

Come raccontato da TPI ieri, negli ultimi giorni queste pagine hanno iniziato a ricevere avvisi di “ban” per una serie di post satirici dedicati a Casapound, Forza Nuova, Mussolini et similia. Le ripetute “violazioni dei termini di servizio di Facebook” hanno anche portato alla temporanea chiusura delle pagine, un approccio che ha scatenato un vero e proprio can can mediatico e ha portato alla riapertura delle pagine con tante scuse da parte di Facebook.

Insomma, solo per aver citato parole che ora per Facebook sono assolutamente vietate, molti gestori di pagine si sono ritrovati a subire le conseguenze di un’immotivata censura. E proprio questa immotivata censura e compressione della libertà di espressione erano due delle nefaste conseguenze che quei pochi commentatori controcorrente paventavano nei giorni della chiusura delle pagine di Casapound e Forza Nuova.

A scandagliare il social in blu e operare un primo livello di moderazione dei contenuti è un algoritmo, incapace di distinguere tra post di odio e contenuti di satira. L’algoritmo di Facebook trova la parola incriminata e zac, banna il post e commina, eventualmente, una sanzione a chi l’ha pubblicato, ovvero la sospensione del profilo da un minimo di 24 ore fino a un massimo di 30 giorni.

L’utente può provare a fare ricorso, ma difficilmente ha modo di spiegare nel dettaglio la situazione o provare la propria buona fede.

A volte Facebook revoca il ban e si scusa, soprattutto quando la sanzione si abbatte su pagine o profili molto popolari, altre volte invece conferma e l’utente non può più far nulla. Come rivelato dal quotidiano The Guardian nel 2017, Facebook si avvale anche di moderatori umani, che sono coloro che intervengono per vagliare “il ricorso” dell’utente bannato, circa 7.500 persone per due miliardi di utenti.

Qual è il problema? Il problema è che la moderazione spesso non viene affidata a madrelingua ma a lavoratori che hanno sì una conoscenza dell’italiano, cinese, russo, arabo ma non così approfondita da permettere loro di comprendere le espressioni idiomatiche e le svariate sfumature che ogni frase può avere.

Per quanto l’intelligenza artificiale che guida l’algoritmo di Facebook migliori ogni giorno, allo stato attuale il livello tecnologico raggiunto non è sufficiente a garantire un puntuale servizio di moderazione dei contenuti e questo è ormai evidente a chiunque.

Proprio questo è uno dei motivi che ha portato alcuni analisti a storcere il naso di fronte all’operazione censoria delle pagine di Casapound e Forza Nuova. Era evidente che la mannaia di Facebook si sarebbe abbattuta su ben altro tipo di contenuti.

Casapound e Forza Nuova veicolano messaggi giusti? Per chi scrive assolutamente no ed è un bene che questi movimenti abbiano meno strumenti a disposizione per diffondere le proprie bufale o i proprio messaggi di odio.

C’è però un però: tralasciando lo specifico caso Casapound, è davvero giusto che una piattaforma pressoché monopolista come Facebook – ormai divenuta perfino fondamentale per tutti coloro che operano nel mondo dei media e del Web – abbia il diritto di decidere che cosa è possibile scrivere, quali idee sono giuste o sbagliate e di bannare utenti a proprio piacimento (quando non è nemmeno in grado di discernere un contenuto d’odio da uno di satira)?

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