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Le ultime lettere dei condannati a morte della Resistenza

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Il 25 aprile, festa della Liberazione

Nell'anniversario della festa della liberazione, cinque lettere scritte dai condannati a morte della resistenza italiana

Abbiamo raccolto alcune delle lettere scritte tra il 1944 e il 1945 dai membri della Resistenza imprigionati e condannati a morte dal governo fascista della Repubblica Sociale Italiana e dai tedeschi che allora ancora detenevano il controllo di alcuni territori nel nord Italia.

Le lettere qui sotto sono tratte da due libri: il primo è Lettere di condannati a morte della Resistenza italiana (Einaudi, Torino 1994) di Piero Malvezzi e Giovanni Pirelli. Il secondo è Muoio innocente. Lettere di caduti della Resistenza a Roma (Mursia, Milano 1999) di Mario Avagliano e Gabriele Le Moli.

1. Armando Amprino

Di anni 20 – meccanico – nato a Coazze (Torino) il 24 maggio 1925. Partigiano della Brigata Lullo Mongada, Divisione Autononia Sergio De Vitis, partecipa agli scontri del maggio 1944 nella Valle di Susa e a numerosi colpi di mano in zona Avigliana (Torino).

Catturato nel dicembre 1944 da pattuglia Rau (Reparto Arditi Ufficiali), alla Barriera di Milano in Torino. Fucilato il 22 dicembre 1944, al Poligono Nazionale del Martinetto in Torino da plotone di militi della Gnr, con Candido Dovis.

Dal Carcere, 22 dicembre 1944

Carissimi genitori, parenti e amici tutti, devo comunicarvi una brutta notizia.

Io e Candido, tutt’e due, siamo stati condannati a morte.

Fatevi coraggio, noi siamo innocenti. Ci hanno condannati solo perché siamo partigiani.

Io sono sempre vicino a voi. Dopo tante vitacce, in montagna, dover morir così… Ma, in Paradiso, sarò vicino a mio fratello, con la nonna, e pregherò per tutti voi.

Vi sarò sempre vicino, vicino a te, caro papà, vicino a te, mammina. Vado alla morte tranquillo assistito dal Cappellano delle Carceri che, a momenti, deve portarmi la Comunione.

Andate poi da lui, vi dirà dove mi avranno seppellito. Pregate per me.

Vi chiedo perdono, se vi ho dato dei dispiaceri. Dietro il quadro della Madonna, nella mia stanza, troverete un po’ di denaro.

Prendetelo e fate dire una Messa per me. la mia roba, datela ai poveri del paese.

Salutatemi il Parroco ed il Teologo, e dite loro che preghino per me. Voi fatevi coraggio. Non mettetevi in pena per me. Sono in Cielo e pregherò per voi.

Termino con mandarvi tanti baci e tanti auguri di buon Natale. Io lo passerò in Cielo.

Arrivederci in Paradiso.

Vostro figlio Armando

Viva l’Italia! Viva gli Alpini!

—- 

2. Irma Marchiani (Anty)

Di anni 33 – casalinga – nata a Firenze il 6 febbraio 1911. Nei primi mesi del 1944 è informatrice e staffetta di gruppi partigiani formatisi sull’Appennino modenese. Nella primavera dello stesso anno entra a far parte del Battaglione Matteotti, Brigata Roveda, Divisione Modena. Partecipa ai combattimenti di Montefiorino. Catturata mentre tenta di far ricoverare in ospedale un partigiano ferito, è seviziata.

Nel campo di concentramento di Corticelli (Bologna), condannata a morte, poi alla deportazione in Germania. Riesce a fuggire – rientra nella sua formazione di cui è nominata commissario, poi vice-comandante – infermiera, propagandista e combattente, è fra i protagonisti di numerose azioni nel Modenese, fra cui quelle di Monte Penna, Bertoceli e Benedello.

L’11 novembre 1944, mentre con la formazione ridotta senza munizioni tenta di attraversare le linee, è catturata, con la staffetta Balilla, da pattuglia tedesca in perlustrazione e condotta a Rocca Cometa, poi a Pavullo nel Frignano (Modena). Processata il 26 novembre 1944, a Pavullo, da ufficiali tedeschi del Comando di Bologna. Fucilata alle ore 17 dello stesso 26 novembre 1944, da plotone tedesco, nei pressi delle carceri di Pavullo, con Renzo Costi, Domenico Guidani e Gaetano Ruggeri Balilla. Medaglia d’Oro al Valor Militare.

Sestola, da la “Casa del Tiglio”, 1° agosto 1944

Carissimo Piero, mio adorato fratello,

la decisione che oggi prendo, ma da tempo cullata, mi detta che io debba scriverti queste righe.

Sono certa mi comprenderai perché tu sai benissimo di che volontà io sono, faccio, cioè seguo il mio pensiero, l’ideale che pur un giorno nostro nonno ha sentito, faccio già parte di una Formazione, e ti dirò che il mio comandante ha molta stima e fiducia in me.

Spero di essere utile, spero di non deludere i miei superiori. Non ti meraviglia questa mia decisione, vero?

Sono certa sarebbe pure la tua, se troppe cose non ti assillassero. Bene, basta uno della famiglia e questa sono io.

Quando un giorno ricevetti la risposta a una lettera di Pally che l’invitavo qui, fra l’altro mi rispose “che diritto ho io di sottrarmi al pericolo comune?” vero, ma io non stavo qui per star calma, ma perché questo paesino piace al mio spirito,al mio cuore.

Ora però tutto è triste, gli avvenimenti in corso coprono anche le cose più belle di un velo triste.

Nel mio cuore si è fatta l’idea (purtroppo non da troppi sentita) che tutti più o meno è doveroso dare il suo contributo.

Questo richiamo è così forte che lo sento tanto profondamente, che dopo aver messo a posto tutte le mie cose parto contenta.

“Hai nello sguardo qualcosa che mi dice che saprai comandare”, mi ha detto il comandante, “la tua mente dà il massimo affidamento; donne non mi sarei mai sognato di assumere, ma tu sì”.

Eppure mi aveva veduto solo due volte.

Saprò fare il mio dovere, se Iddio mi lascerà il dono della vita sarò felice, se diversamente non piangere e non piangete per me.

Ti chiedo una cosa sola: non pensarmi come una sorellina cattiva. Sono una creatura d’azione, il mio spirito ha bisognodi spaziare, ma sono tutti ideali alti e belli.

Tu sai benissimo, caro fratello, certo sotto la mia espressione calma, quieta forse, si cela un’anima desiderosa di raggiungere qualche cosa, l’immobilità non è fatta per me, se i lunghi anni trascorsi mi immobilizzarono il fisico, ma la volontà non si è mai assopita.

Dio ha voluto che fossi più che mai pronta oggi.

Pensami, caro Piero, e benedicimi. Ora vi so tutti in pericolo e del resto è un po’ dappertutto. Dunque ti saluto e ti baciotanto tanto e ti abbraccio forte.

Tua sorella Paggetto

Ringrazia e saluta Gina.

—- 

3. Paolo Braccini (Verdi)

Di anni 36 – docente universitario – nato a Canepina (Víterbo) il 16 maggio 1907. Incaricato della cattedra di zootecnia generale e speciale all’università di Torino, specializzato nelle ricerche sulla fecondazione artificiale degli animali presso l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte e della Liguria.

Nel 1931 allontanato dal corso allievi ufficiali per professione di idee antifasciste. All’indomani dell’8 settembre 1943 abbandona ogni attività privata ed entra nel movimento clandestino di Torino. È designato a far parte del I° Comitato Militare Regionale Piemontese (Cmrp) quale rappresentante dei Partito d’Azione. Pur essendo braccato dalla polizia fascista, per quattro mesi dirige l’organizzazione delle formazioni Gl.

Arrestato il 31 marzo 1944 da elementi della Federazione dei Fasci Repubblicani di Torino, mentre partecipa a una riunione del Cmrp nella sacrestia di San Giovanni in Torino. Processato nei giorni 2-3 aprile 1944, insieme ai membri del Cmrp, dal Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato. Fucilato il 5 aprile 1944 al Poligono Nazionale del Martinetto in Torino, da plotone di militi della Gnr con Franco Baibís e altri sei membri del Cmrp. Medaglia d’Oro al Valor Militare.

3 aprile 1944

Gianna, figlia mia adorata,

è la prima ed ultima lettera che ti scrivo e scrivo a te per prima, in queste ultime ore, perché so che seguito a vivere in te.

Sarò fucilato all’alba per un ideale, per una fede che tu, mia figlia, un giorno capirai appieno.

Non piangere mai per la mia mancanza, come non ho mai pianto io: il tuo Babbo non morrà mai.

Egli ti guarderà, ti proteggerà ugualmente: ti vorrà sempre tutto l’infinito bene che ti vuole ora e che ti ha sempre voluto fin da quando ti sentì vivere nelle viscere di tua Madre.

So di non morire, anche perché la tua Mamma sarà per te anche il tuo Babbo: quel tuo Babbo al quale vuoi tanto bene, quel tuo Babbo che vuoi tutto tuo, solo per te e del quale sei tanto gelosa.

Riversa su tua Madre tutto il bene che vuoi a lui: ella ti vorrà anche tutto il mio bene, ti curerà anche per me, ti coprirà dei miei baci e delle mie tenerezze.

Sapessi quante cose vorrei dirti ma mentre scrivo il mio pensiero corre, galoppa nel tempo futuro che per te sarà, deve essere felice.

Ma non importa che io ti dica tutto ora, te lo dirò sempre, di volta in volta, colla bocca di tua Madre nel cui cuore entrerà la mia anima intera, quando lascerà il mio cuore.

Tua Madre resti sempre per te al di sopra di tutto.

Vai sempre a fronte alta per la morte di tuo Padre.

—- 

4. Giordano Cavestro (Mirko)

Di anni 18 – studente di scuola media – nato a Parma il 30 novembre 1925. Nel 1940 dà vita, di sua iniziativa, a un bollettino antifascista attorno al quale si mobilitano numerosi militanti. Dopo l’8 settembre 1943 lo stesso nucleo diventa centro organizzativo e propulsore delle prime attività partigiane nella zona di Parma.

Catturato il 7 aprile 1944 a Montagnana (Parma), nel corso di un rastrellamento operato da tedeschi e fascisti. Processato il 14 aprile 1944 dal Tribunale Militare di Parma. Condannato a morte, quindi graziato condizionalmente e trattenuto come ostaggio. Fucilato il 4 maggio 1944 nei pressi di Bardi (Parma), in rappresaglia all’uccisione di quattro militi, con Raimondo Pelinghelli, Vito Salmi, Nello Venturini ed Erasmo Venusti.

Parma, 4-5-1944

Cari compagni, ora tocca a noi.

Andiamo a raggiungere gli altri tre gloriosi compagni caduti per la salvezza e la gloria d’Italia.

Voi sapete il compito che vi tocca. Io muoio, ma l’idea vivrà nel futuro, luminosa, grande e bella.

Siamo alla fine di tutti i mali.

Questi giorni sono come gli ultimi giorni di vita di un grosso mostro che vuol fare più vittime possibile.

Se vivrete, tocca a voi rifare questa povera Italia che è così bella, che ha un sole così caldo, le mamme così buone e le ragazze così care.

La mia giovinezza è spezzata ma sono sicuro che servirà da esempio.

Sui nostri corpi si farà il grande faro della Libertà.

—- 

5. Bruno Frittaion (Attilio)

Di anni 19 – studente – nato a San Daniele del Friuli (Udine) il 13 ottobre 1925. Sin dal 1939 si dedica alla costituzione delle prime cellule comuniste nella zona di San Daniele. Studente del III corso di avviamento professionale, dopo l’8 settembre 1943 abbandona la scuola unendosi alle formazioni partigiane operanti nella zona, prende parte a tutte le azioni del Battaglione Písacane, Brigata Tagliamento, e quindi, con funzioni di vicecommissario di Distaccamento, dei Battaglione Silvio Pellíco.

Catturato il 15 dicembre 1944 da elementi delle SS italiane, in seguito a delazione, mentre con il compagno Adriano Carlon si trova nella casa di uno zio a predisporre i mezzi per una imminente azione. Trasferito nelle carceri di Udine. Più volte torturato. Processato il 22 gennaio 1945 dal Tribunale Militare Territoriale tedesco di Udine. Fucilato il primo febbraio 1945 nei pressi del cimitero di Tarcento (Udine) con Adriano Carlon, Angelo Lipponi, Cesare Longo, Elio Marcuz, Giannino Putto, Calogero Zaffuto e Pietro Zanier.

31 gennaio 1945

Edda,

voglio scriverti queste mie ultime, e poche righe.

Edda, purtroppo sono le ultime si, il destino vuole così, spero ti giungano di conforto in tanta triste sventura.

Edda, mi hanno condannato alla morte, mi uccidono; però uccidono il mio corpo non l’idea che c’è in me.

Muoio, muoio senza alcun rimpianto, anzi sono orgoglioso di sacrificare la mia vita per una causa, per una giusta causa e spero che il mio sacrificio non sia vano anzi sia di aiuto nella grande lotta.

Di quella causa che fino a oggi ho servito senza nulla chiedere e sempre sperando che un giorno ogni sacrificio abbia il suo ricompenso.

Per me la migliore ricompensa era quella di vedere fiorire l’idea che purtroppo per poco ho servito, ma sempre fedelmente.

Edda il destino ci separa, il destino uccide il nostro amore quell’amore che io nutrivo per te e che aspettava quel giornoche ci faceva felici per sempre.

Edda, abbi sempre un ricordo di chi ti ha sempre sinceramente amato.

Addio a tutti. Addio Edda 

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