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Travaglio contro Marianna Madia: “Quando vede un buco ci entra”

Immagine di copertina
Marco Travaglio e Marianna Madia

Duro articolo del direttore del Fatto Quotidiano che accusa di opportunismo politico l'ex ministra: "Passata da D'Alema a Renzi, da Monti a Zingaretti"

Il direttore del Fatto Quotidiano, Marco Travaglio, ha scritto un duro articolo contro l’ex ministra Marianna Madia, titolare della delega alla Pubblica amministrazione ai tempi dei governi Renzi e Gentiloni.

Travaglio ripercorre il curriculum di Madia e la accusa di opportunismo politico, essendo passata a sostenere uno dopo l’altro diversi leader, da Letta a Renzi, passando per Veltroni, D’Alema, Bersani, Monti, Gentiloni, e arrivando ora a manifestare sostegno per Nicola Zingaretti in vista delle primarie del Partito democratico.

Scrive il direttore del Fatto Quotidiano: “Un tempo, per capire che aria tirava, bastava pedinare Clemente Mastella: se mollava un governo, era chiaro che la crisi era questione di giorni; se scaricava un alleato per sposarne un altro, era inutile aspettare le elezioni perché lo sconfitto e il vincitore erano già decisi. Ora che Clemente nostro s’è ritirato (provvisoriamente, s’intende) nel Sannio natìo, bisogna seguire il filo di Marianna. Nel senso di Madia”.

“Grazie a un fiuto sconosciuto ai rabdomanti, ai cani da trifola e persino ai vecchi democristiani, la ragazza riesce sempre a stare dove tira il vento, e con largo anticipo. Ora, per dire, sostiene Nicola Zingaretti alle primarie del Pd. Che a questo punto sono inutili, tanto si sa già chi vince”.

Travaglio racconta la vita privata e politica di Madia, “classe 1980, romana, nipote di un avvocato missino e figlia di un giornalista-attore-consigliere comunale veltroniano, liceo francese Chateaubriand, poi Scienze politiche alla Sapienza”. E ancora: “Già fidanzata di Giulio Napolitano, collaboratrice di Minoli a Rai2, moglie del produttore Mario Gianani”.

Il giornalista parla anche di un “dottorato di ricerca all’Imt di Lucca con una tesi un po’ copiata”. Il riferimento è a una vicenda ancora oggetto di disputa legale tra la stessa Madia e il Fatto Quotidiano a causa di una serie di articoli pubblicati dal giornale nel 2017 in cui si accusava la allora ministra di plagio nella sua tesi di dottorando: gli articoli portarono all’istituzione di una commissione interna dell’IMT di Lucca, che confermò la piena regolarità del lavoro di Madia, escludendo qualsiasi forma di plagio.

Il direttore del Fatto prosegue ripercorrendo il rapporto tra Madia e politica, fin dall’inizio: “Un giorno segue una conferenza di Enrico Letta, ne rimane (non si sa come) rapita, glielo va a dire e quello la fa entrare in Arel, la fondazione che ha ereditato da Andreatta”, scrive. “Nel 2008, a 27 anni, grazie all’amico Veltroni è addirittura capolista del Pd nel Lazio. Ed entra a Montecitorio con queste storiche parole: ‘Porto in dote la mia straordinaria inesperienza’”.

Travaglio ricorda poi come D’Alema abbia portato la allora deputata con sé nella redazione di Italianieuropei, con lei che in un’intervista di Radio Luiss avrebbe detto: “L’intelligenza politica di D’Alema è già Storia”

Poi, continua l’articolo, “Max tramonta e la giovine deputata si schiera con Monti. Alle primarie del Pd, fa campagna per Bersani contro Renzi”.

“Così viene rieletta deputata, solo che poi il premier lo fa Letta. Ma lei non deve nemmeno spostarsi: era già lettiana da piccola. Segue una breve fuitina con Civati. Quando Renzi diventa segretario, lei è già renziana”.

Diventata ministra del Governo Renzi nel 2014, scrive Travaglio, Madia “da allora del renzismo difende tutto, anche l’indifendibile”. “Intanto è arrivato Gentiloni e Marianna – ci credereste? – è già gentiloniana: infatti rimane ministra”.

Travaglio arriva alle cronache attuali e alle primarie del Pd: “Madia è già migrata armi e bagagli con Zingaretti”, scrive.

“Che c’è di strano se una che in 10 anni è riuscita a essere veltroniana, dalemiana, montiana, bersaniana, lettiana, civatiana, renziana, gentiloniana, ora è zingarettiana?”, conclude il direttore del Fatto. “Diceva Totò: ‘Quando vedo un buco, io entro’. Il bello è che la fanno ancora entrare”.

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