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Morì suicida per un video hot girato dai suoi “amici”: dopo 5 anni pena estinta per i 5 ragazzi

Immagine di copertina

Carolina Picchio si è uccisa nel maggio 2013 gettandosi dal balcone della sua casa di Novara dopo aver visto, sul suo telefonino, un video che alcuni “amici” avevano girato a una festa.

A quella festa aveva bevuto un po’ troppo. Neanche si ricordava di quanto accaduto. Ma quel video, che la riprendeva in un momento “intimo”, l’ha gettata nel panico.

Il poche ore quel video pubblicato sui social era stato visto e “apprezzato” da 2.600 utenti. I commenti? Insulti, battute di cattivo gusto, prese in giro. Troppo forte la pressione e la vergogna in una ragazzina di soli 14 anni.

Così Carolina, dopo aver scritto una serie di biglietti di addio, denunciando chi l’aveva ripresa a quella festa e chi ha poi diffuso quel video, si è buttata dal blcone di casa.

“Oggi si è chiuso un cerchio, non spetta a me dire se giustizia è stata fatta, l’unica certezza è che nessuno mi ridarà indietro Carolina”.

Queste le parole di Paolo Picchio, il padre della ragazzina che nel gennaio 2013 si suicidò a Novara dopo essere stata vittima di cyberbullismo. Stamattina al Tribunale dei minori di Torino si è tenuta l’udienza che ha visto concludersi il periodo di messa alla prova (che una volta superato estingue il reato) per i cinque ragazzi coinvolti all’epoca dei fatti minorenni.

L’unico maggiorenne aveva invece patteggiato con la condizionale 1 anno e 4 mesi. I giovani hanno svolto lavori socialmente utili disposti dagli assistenti sociali, mentre il Centro multidisciplinare sul disagio giovanile della Casa Pediatrica del Fatebenefratelli-Sacco di Milano si è occupato dell’aspetto “psicologico”.

In sede processuale tutti i ragazzi, accusati a vario titolo di violenza sessuale, stalking, diffusione di materiale pedopornografico e morte come conseguenza di altri reato, avevano ammesso le proprie responsabilità.

“Grazie a Carolina” aggiunge il padre della vittima “è nata la prima legge in Italia e in Europa sul cyberbullismo. Prima del 2013 nessuno parlava questo fenomeno del tutto ignorato, che però colpisce il 30% dei giovani. Mi auguro che l’aver sostenuto cinque anni di processo e un lungo periodo di messa alla prova sia servito a questi ragazzi”.

Poi il messaggio a 4 dei 5 ragazzi: “Spero abbiano capito che quelle non erano ragazzate, ma veri e propri reati. Uno di loro l’ho incontrato e mi ha chiesto scusa, con gli altri non c’è mai stato alcun contatto”.

Amareggiata la madre di Carolina, Cristina Zocca, come spiega il legale della donna Andrea Fanelli. “È molto provata, non è soddisfatta di come siano andate le cose, ma sa bene che la giustizia minorile funziona così. Un minore può anche fare una strage ma se si pente alla fine se la cava. Questo può andare bene se sei il genitore dell’imputato, ma la mamma della vittima non puoi che essere delusa”.

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