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Giallo di Arce, il padre di Serena Mollicone a TPI: “Convinto dall’inizio che fosse stata uccisa in caserma”

Immagine di copertina
Serena Mollicone. Credit: Facebook/Guglielmo Mollicone

Svolta nelle indagine sulla morte di Serena Mollicone, la 18enne ritrovata senza vita in un bosco nel Frusinate, nel giugno del 2001

Guglielmo Mollicone, il padre di Serena, ritrovata senza vita nel giugno del 2001 in un bosco nel Frusinate, si dice “convinto sin dall’inizio” che la figlia fosse stata uccisa in caserma. Ora a confermarlo sono i Ris dei Carabinieri che hanno appurato che la giovane, ad Arce, sia morta all’interno della caserma dei carabinieri del paese.

Secondo quanto sempre sostenuto da Guglielmo Mollicone, Serena in quel 1 giugno si sarebbe recata in caserma per denunciare un giro di droga in paese. “La droga è la piaga del nostro paese, quindi, con otto ragazzi morti di overdose come faceva a non parlarne?”, ha detto il padre di Serena in un’intervista a TPI.

Alla notizia che il carrozziere Carmine Belli – primo indiziato per la morte della 18enne e assolto nei tre gradi di giudizio – è stato riconvocato dagli inquirenti, Mollicone ha affermato che l’uomo avrebbe detto che, uscito dal carcere, ad aspettarlo a casa c’era il brigadiere Santino Tuzi. Quello stesso Tuzi che nel 2008 si suicidò, gettando ancora più ombre sulla vicenda di Serena Mollicone.

“Lo ha abbracciato e gli ha chiesto scusa. Però in quel momento non aveva capito il motivo di quelle scuse. Dopo, vista la situazione che è mutata verso la caserma, ha capito che le scuse erano perché lui sapeva tutto e non aveva parlato, gli aveva fatto fare quei mesi di carcere senza intervenire”, ha detto Mollicone.

“Ad Arce c’era un’aria strana”, ha più volte detto Gugliemo dopo la morte della figlia. “C’era una caserma che non funzionava, c’era droga a non finire, c’era prostituzione, c’era un’amministrazione che pensava solo agli affari suoi, una chiesa che faceva il proprio affare ma non andava incontro ai giovani. Peggio di così non poteva essere in quel periodo. Nessuno interveniva per mettere un freno”, ha detto ancora il padre della ragazza.

Un altro mistero riguarda il cellulare, ritrovato nel cassetto e non con Serena. “Il cellulare lo prese il maresciallo quando venne a casa la notte della sparizione, se l’è portato di nascosto, poi lo ha manomesso inserendo i numeri del diavolo “666” e poi lo ha riportato la notte della veglia quando a casa non c’era nessuno, quindi aveva campo libero”, ha riferito Guglielmo Mollicone.

Secondo il papà, Serena sarebbe stata uccisa perché “si è permessa di andare in caserma per denunciare il figlio del maresciallo per spaccio”.

“Tutti lo sapevano, ma era una cosa che nessuno doveva denunciare. Lei ha avuto il coraggio di farlo e quindi lì è stata uccisa. Arce era il primo paese in Europa per ragazzi drogati nel 2001, dati della Prefettura”, ha aggiunto ancora il papà di Serena.

Oggi Arce è un paese diverso. “Le forze dell’ordine controllano il territorio, ogni tanto beccano qualcuno che sta spacciando. Quando le forze dell’ordine fanno il proprio dovere, uno può stare sicuro, i ragazzi possono circolare liberamente e non rischiano di prendere le droghe”, ha detto ancora.

La svolta nelle indagini

Arriva dunque una svolta importante nelle indagini per la morte di Serena Mollicone. I carabinieri del Ris hanno appurato che la giovane è stata uccisa all’interno della caserma dei Carabinieri di Arce. Gli inquirenti sarebbero arrivati a questa conclusione a seguito di una importante perizia effettuata sulla porta e sui frammenti di legno presente sul nastro adesivo che legava mani e piedi della giovane, ritenuto compatibile con il materiale proveniente dai locali della caserma di Arce.

L’ipotesi più accreditata è che Serena abbia perso i sensi a seguito delle percosse subite e la morte sarebbe sopraggiunta per soffocamento a causa di un sacchetto di plastica che gli assassini le hanno messo in testa, ostruendole le vie respiratorie.

La svolta investigativa è arrivata con la perizia del medico legale Cristina Cattaneo, responsabile dell’Istituto di medicina legale di Milano. Nella perizia si sosteneva che sulla porta della caserma dei Carabinieri di Arce c’era un segno generato dalla caduta violenta di Serena, che ha battuto la tempia sinistra.

Gli inquirenti sostengono inoltre che la giovane sia stata aggredita in un alloggio della caserma in disuso e che la caduta l’abbia tramortita ma non uccisa. Le indagini sulla morte di Serena Mollicone si sono rivelate particolarmente complesse e articolate e gli inquirenti, dopo 17 anni, cercano ancora i colpevoli dell’omicidio.

Intanto l’altra novità importante è che Carmine Belli, il carrozziere di Arce, è stato convocato dal sostituto procuratore Maria Beatrice Siravo, presso la Procura di Cassino, per riferire dettagli in merito al giorno della sua scarcerazione, nel luglio del 2004.

Come racconta anche il padre di Serena, il giorno della sua rimessa in libertà, il carrozziere ha incontrato davanti casa sua il brigadiere Santino Tuzi. Secondo le indagini, parrebbe che Belli sarebbe stato utilizzato come capro espiatorio. Tra pochi giorni si chiuderanno le indagini sulla morte di Serena Mollicone e la Procura è in tumulto.

Le indagini proseguono e nel giugno scorso, il sostituto procuratore di Cassino Maria Beatrice Siravo ha effettuato un sopralluogo in Polonia per prelevare le impronte digitali di due donne sospettate di essere coinvolte nell’omicidio di Serena. Le due, dopo la morte di Serena, avevano lasciato Arce repentinamente per ritornare nel loro paese, vicino Varsavia.

La ricostruzione della morte di Serena

Serena Mollicone, 18 anni, scompare misteriosamente da Arce, nel Frusinate, il 1 giugno del 2001. Il suo corpo viene rinvenuto due giorni dopo nel boschetto dell’Anitrella, frazione del vicino Monte San Giovanni Campano. La giovane è stata ritrovata con mani e piedi legati e con la testa completamente ricoperta da un sacchetto di plastica.

La giovane studentessa sarebbe stata colpita alla testa e successivamente trasportata nel boschetto quando ancora era ancora viva. La sua morte, probabilmente, è sopraggiunta per asfissia a seguito di una lunga agonia.

Dall’autopsia si è appurato che Serena sarebbe morta nella notte tra venerdì 1 e sabato 2 giugno. Nessun segno di violenza sessuale sul suo corpo. Il giorno della scomparsa, Serena non si reca a scuola, ma presso l’ospedale di Isola del Liri, a 10 chilometri da Arce, per una radiografia ai denti.

Tornerà ad Arce in pullman, probabilmente, e, poco dopo le 13, qualcuno la vede nella piazza principale del paese.

Alle ore 14 avrebbe dovuto incontrare il fidanzato a Sora, ma Serena non si presenterà mai a quell’appuntamento. Alle 21 il padre Giglielmo denuncia la scomparsa. Chi ha ucciso Serena Mollicone? Perché? Una settimana dopo il ritrovamento del cadavere, il telefonino della giovane – che probabilmente aveva con sé il giorno della scomparsa – viene ritrovato dal padre in un cassetto. Come mai si trovava li?

“Ci sono degli aspetti che possono far pensare che questa ragazza potrebbe essere stata uccisa, o in maniera non intenzionale: se la ragazza si è presentata spontaneamente in quella caserma per poter magari cercare di redimere chi stava creando problemi con lo spaccio di droga nella zona dove lei abitava; o se invece è stata invitata in quella caserma. Questo cambierebbe anche il tipo di incriminazione: non si tratterebbe di omicidio preterintenzionale ma probabilmente di omicidio premeditato”. Così ha riferito a TPI la Dottoressa Mary Petrillo, psicologa criminologa e coordinatrice del Crime Analysts Team.

Carmine Belli, 36enne di Arce, viene arrestato il 6 febbraio 2003, con l’accusa di omicidio volontario e occultamento di cadavere. Dopo un anno e mezzo di carcere, viene assolto nei tre gradi di giudizio.

Tutti gli indizi a suo carico non sono stati ritenuti sufficienti per dimostrare la sua colpevolezza. L’accusa aveva chiesto 23 anni di carcere e, secondo il pm, il carrozziere di Arce non aveva un alibi per la mattina del 1 giugno. Gli inquirenti nella sua officina avevano trovato un bigliettino con data e ora dell’appuntamento che Serena aveva con il dentista. Nessun nome sul biglietto, ma solo quelle indicazioni.

L’accusa sosteneva che Belli, quella mattina, si sarebbe recato in auto a Isola Liri, e avrebbe fatto salire Serena Mollicone alla fermata dell’autobus dopo le 10 per accompagnarla ad Arce. Secondo la ricostruzione che fecero all’epoca i pm, Serena sarebbe stata colpita al volto dopo aver rifiutato una proposta di Belli.

Ma nessuna prova a confermare la dinamica. Il carrozziere, infatti, quando è morta Serena, si trovava presso la sua autofficina. Nessuna impronta né altre tracce di Dna di Serena sono state ritrovate nell’auto del carrozziere, né sul corpo della giovane tracce riconducibili a Belli.

Negli anni si sono susseguite diverse testimonianze sulle ultime ore di vita di Serena Mollicone. Una barista afferma – e poi ritratta – di aver visto Serena in compagnia di Marco Mottola, il figlio del maresciallo, a bordo di una Lancia Y10 bianca.

Nel maggio del 2002 la Procura di Cassino interroga il figlio del maresciallo Mottola. Il ragazzo riferisce di aver visto l’ultima volta Serena alla festa di Sant’Eleuterio ad Arce, in compagnia di alcune amiche.

Ma le ombre attorno alla morte di Serna Mollicone si infittiscono quando, l’11 aprile del 2008, il brigadiere Santino Tuzi si toglie la vita con un colpo di pistola al cuore.

Quel giorno il carabiniere riceve una telefonata, si veste, saluta la famiglia ed esce di casa. Dice che sarebbe dovuto andare ad Arce, ma nel giro di poco sarebbe tornato a casa. Non fece mai ritorno: si reca alla diga di Arce e si uccide.

Un suicidio avvolto nel mistero. Di Tuzi sappiamo solo che qualche giorno dopo avrebbe dovuto avere un confronto con il maresciallo Mottola. Tuzi era un elemento chiave dell’indagine sulla morte di Serena Mollicone. Le dichiarazioni del brigatiere avevano infatti aggravato la posizione del maresciallo.

Tuzi riferisce agli inquirenti che Serena, il giorno dell’omicidio, avrebbe citofonato in caserma. La giovane sarebbe entrata nell’edificio alle ore 11.30, dopo che il maresciallo Mottola avrebbe dato autorizzazione. La studentessa sarebbe andata in quella caserma per denunciare un giro di droga in paese, che coinvolgeva anche parenti dell’allora comandante della stazione.

Secondo il papà Gugliemo che da anni si batte per ottenere giustizia e verità, Serena voleva fermare lo spaccio di droga che lentamente stava uccidendo i suoi amici di Arce, che nel 2001 risultava una città con una tossicodipendenza dilagante.

Alcuni amici di Serena erano caduti nella rete della droga, il primo passo per aiutarli ad uscire da questo tunnel era proprio denunciare lo spaccio. Oggi, per la morte di Serena Mollicone, sono indagati per omicidio volontario e occultamento di cadavere il Maresciallo Mottola, il figlio Marco, la moglie Anna. Il luogotenente Vincenzo Quatrale è indagato per concorso morale nel delitto e per istigazione al suicidio di Santino Tuzi, l’appuntato Francesco Suprano per favoreggiamento.

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