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“Mio figlio ha fino a 200 attacchi epilettici al giorno, ma i soldi raccolti per il suo intervento sono spariti”

Immagine di copertina
Claudio al ritorno a casa dopo l'intervento.

I genitori di Claudio hanno fatto una raccolta fondi per coprire le spese di un delicato intervento per il loro bambino. Ma il loro conto è stato prosciugato

Claudio ha 11 anni ed è portatore di una rara malattia ereditaria che si chiama sindrome dell’X fragile.

S&D

Nei portatori maschi, i sintomi di questa malattia sono più marcati rispetto alle femmine, e possono provocare ritardo nello sviluppo, difficoltà di apprendimento, problemi sociali e comportamentali.

Claudio ha anche una forma di epilessia che inizialmente sembrava leggera e che invece lo ha portato ad avere fino a 200 crisi epilettiche al giorno, come racconta a TPI la mamma di Claudio, Margherita.

“Per sette anni abbiamo girato l’Italia portando il bambino in vari centri di eccellenza, sperando che qualcuno potesse aiutarlo”, dice a TPI Margherita.

Per fare questo, la famiglia di Claudio, che vive in provincia di Lecce, spende i risparmi di una vita.

Così, quando si apre la possibilità di andare a Londra per una visita che lascia sperare in qualcosa di nuovo, i genitori dei compagni di classe del bambino e le maestre fanno una colletta per pagare le spese del viaggio.

Margherita non vuole ricevere buste, ci tiene che sia tutto tracciato e rendicontato, per provare che ogni centesimo sia stato speso per Claudio. Per questo apre una carta Postepay Evolution, presso PosteItaliane, che usa solo per le spese del figlio. Quando possono, anche lei e suo marito, che fa l’infermiere, versano dei soldi lì. 

“A febbraio 2018, con i soldi della colletta, siamo andati a Londra, dove i medici ci hanno proposto un intervento di cui mai nessuno in Italia ci aveva parlato”, racconta Margherita.

Si tratta di un pacemaker cerebrale, che non avrebbe fatto sparire l’epilessia di Claudio, ma avrebbe potuto ridurre il numero delle crisi.

“Siamo rimasti molto sorpresi quando abbiamo sentito di questa possibilità, perché in Italia nessun medico ce ne aveva mai parlato”, racconta Margherita. “Anche se non fosse stato risolutivo, questo intervento avrebbe potuto migliorare sensibilmente la qualità della vita di Claudio e anche la nostra”.

Sostenere l’intervento a Londra, però, avrebbe dei costi altissimi. La famiglia di Claudio riesce quindi a mettersi in contatto col dottor Marras responsabile del reparto di Neurochirurgia dell’ospedale Bambin Gesù di Roma. Il medico accetta di eseguire l’intervento.

Inserire un pacemaker cerebrale è ritenuto troppo pericoloso. “Il cervello di Claudio ormai non si può più toccare”, spiega Margherita. Così i medici decidono di usare un pacemaker vagale, cioè in grado di stimolare il nervo vago (uno dei nervi cranici), senza toccare il cervello.

Rimane il problema di come coprire il costo delle spese di viaggio e di soggiorno a Roma tra visita preliminare, intervento e visite di controllo.

A intervenire stavolta è un’amica virtuale di Margherita, conosciuta in un gruppo di mamme su Facebook. Si chiama Annalisa ed è romana.

Annalisa propone a Margherita di aprire un gruppo Facebook che si chiama “Le ali di Claudio” cui è collegata una raccolta fondi.

Varie persone che rimangono colpite dalla storia di Claudio iniziano a donare, anche se nel frattempo c’è anche chi se ne approfitta.

“Alcune persone hanno rubato la foto di mio figlio e iniziato a raccogliere fondi a nome suo, ma noi non abbiamo mai ricevuto una lira”, dice Margherita, “per questo ora siamo seguiti da un giudice tutelare che protegge l’immagine di mio figlio”.

“Hanno scritto cose non vere: che siamo una famiglia disagiata, ma non è vero. Siamo una famiglia normalissima, solo che la malattia di nostro figlio ci ha portato a bruciare tutti i nostri risparmi”, puntualizza Margherita. “Noi cercavamo solo un aiuto per Claudio, per visite mediche e viaggi, non per fare la spesa”.

Intorno ai primi di maggio, a Claudio viene prenotato un ricovero al Bambin Gesù per fare tutti gli esami necessari prima dell’intervento.

Qualche giorno dopo il loro rientro, i genitori di Claudio vanno a controllare l’estratto conto della carta, dove avrebbero dovuto esserci circa 2mila euro. A quel punto l’amara sorpresa.

“Il conto sulla carta era 0”, dice Margherita. “Inizialmente abbiamo pensato a un problema tecnico dello sportello. Ma poi abbiamo capito che non era così”.

In filiale, racconta Margherita, risultano una serie di storni dalla carta, che loro non hanno mai effettuato.

“Iniziano a nascere i sospetti”, dice. “Arrivavano notifiche di donazione, ma poi andavamo a controllare e non c’era niente sulla carta”.

Proprio nel momento in cui Margherita e suo marito si trovano dai carabinieri per denunciare quanto accaduto,  vengono chiamati dall’ospedale. “Ci dicono che l’intervento è fissato per martedì 15 maggio”, racconta Margherita, “ma noi non eravamo preparati né moralmente né economicamente”.

Il comandante dei carabinieri di Ugento (LE) ha confermato a TPI che i genitori di Claudio hanno effettuato una denuncia per presunta clonazione della carta.

“Non è detto che ci sia stata una clonazione”, ha detto il comandante. “Bisogna capire perché ci sono stati degli storni. Se il prelievo è avvenuto in campo internazionale occorrerà più tempo per individuare il responsabile, perché servirà una rogatoria internazionale. In genere chi fa questo tipo di truffe lo sa e per questo agisce dall’estero o con società che hanno sede all’estero”.

Martedì 15 maggio Claudio è stato operato a Roma. L’intervento è durato 4 ore, ma è riuscito. Venerdì 18 maggio è stato rimesso ed è tornato a casa.

Le spese del viaggio di andata sono state coperte da un’associazione religiosa che si chiama Cuoreamico onlus. Quelle del ritorno dalla generosità di altre persone.

Ma questo non vuol dire che i problemi provocati dalla presunta clonazione della carta siano risolti.

“Il bambino deve fare delle terapie, dopo due settimane dobbiamo tornare a Roma, e poi tornare ancora”, spiega Margherita. “Se avessimo avuto i soldi della raccolta fondi non ci sarebbero stati problemi”.

“Volevamo aprire un’altra raccolta, ma abbiamo paura”, confessa Margherita. Ci tiene a sottolineare che la sua famiglia non ha chiesto nulla agli altri. “Sono gli amici che hanno iniziato tutto e noi li ringraziamo di cuore”, dice. “Voglio che sia fatta luce su quello che è successo, per rispetto delle persone che hanno donato”.

TPI ha contattato PosteItaliane per capire se è previsto un rimborso in questi casi, e se sono previsti procedimenti speciali per casi come quello della famiglia di Claudio.

“Non è prevista una copertura da polizza assicurativa”, fa sapere l’azienda. “Ma la cliente dovrà presentare una richiesta di contestazione di addebito, indicando i movimenti che disconosce, fornendo la copia della denuncia che ha presentato ai Carabinieri e una copia del documento di riconoscimento e del codice fiscale”.

“Dopo la verifica delle transazioni contestate, se il reclamo verrà accolto, verrà rimborsata in tempi brevissimi”, assicurano.

TPI vi terrà informati sulle evoluzioni del caso.

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