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Home » News

Il “21 marzo” della mafia foggiana: morti e silenzio

Immagine di copertina
Credit: ANSA/FRANCO CAUTILLO

Da qualche anno in provincia di Foggia nello stesso giorno, il 21 marzo, c'è un appuntamento macabro e di sangue: la mafia dei montanari spara e uccide

Pochi giorni fa a Padova l’associazione Libera ha marciato contro la mafia e per ricordare le vittime innocenti delle organizzazioni criminali. Da qualche anno in provincia di Foggia nello stesso giorno, il 21 marzo, c’è un altro appuntamento macabro e di sangue: la mafia dei montanari spara e uccide.

Due anni fa a Monte Sant’Angelo, sul Gargano, viene ucciso all’alba Francesco Silvestri, ritenuto vicino al clan Li Bergolis. Lo scorso anno l’agguato a Marco Raduano, boss di Vieste, vicino ai Romito, che scampa alla morte e si salva miracolosamente.

Pochi giorni fa, nella stessa, il 21 marzo, mentre tornava a casa di sera Francesco Pio Gentile, detto “passaguai”, è stato ucciso a fucilate sotto casa. Gentile era esponente di spicco, a Mattinata, del clan Romito, cugino del boss Mario Luciano Romito, anche quest’ultimo ucciso nella strage del 9 agosto 2017 nella quale persero la vita due innocenti, i fratelli Luciani.

La faida per il traffico di droga, lucroso affare che salda gli interessi della mafia dei montanari con quella albanese, è tra la famiglia Romito-Gentile (alleati con i Raduano) e qualla Li Bergolis-Miucci (alleati con i Perna). A Mattinata, provincia di Foggia, su un litorale tra i più belli di Italia, i boss fanno i padroni.

Un territorio dove la mafie, ignorate per anni dalla politica nazionale, sono tre quella del litorale, quella foggiana, la cosiddetta società, e quella di Cerignola. In un paese, l’Italia, dove la guerra alle organizzazioni criminali non è la priorità e i malacarne fanno mattanza di diritti con minacce, violenze e omicidi.

L’incontro con il boss assassinato nel comune sciolto per mafia

Nel settembre 2017, due anni fa, chi scrive, per un servizio per Rai2, incontrò Francesco Pio Gentile. Lo avvicinai mentre era a bordo di un suv, era alla guida mentre alla sua destra sedeva Francesco Scirpoli, altro elemento vicino alla famiglia Romito e fratello dell’incensurata ed estranea a queste vicende, allora segretaria del Pd, Libera Scirpoli.

Chiesi di mafia e di chi comandava, Gentile ripartì velocemente per evitare le domande, i due si limitarono a dire: “E tu come fai a sapere chi siamo. La mafia? Ma quale mafia”. Erano liberi di girare per il paese, ora uno è stato ucciso, l’altro è stato arrestato perché avrebbe partecipato alla rapina di un portavalori.

Per capire il livello criminale in questo territorio basta leggere quanto scrive l’ultima relazione della direzione investigativa antimafia: “Lo scenario criminale del Gargano risulta in forte evoluzione, strutturalmente precario e, pertanto, di complessa intelligibilità. In questo territorio (la cui morfologia del promontorio e dalla dorsale litoranea, sicuramente non favorisce le azioni di contrasto), il fenomeno mafioso è caratterizzato dalla presenza di una pluralità di gruppi criminali, basati essenzialmente su vincoli familiari e non legati tra loro gerarchicamente, nonché dall’ascesa di giovani leve”.

Eppure le organizzazioni criminali sono entrate nel ventre della rappresentanza politica locale infiltrando il consiglio comunale. Il sindaco Michele Prencipe, a metà 2017, al cronista spiegava: “Su Mattinata, sul comune la mafia non pesa niente”. Non l’ha pensata così la prefettura di Foggia che ha chiesto e ottenuto dal consiglio dei ministri, nel 2018, lo scioglimento per mafia del comune e ora ha proposto l’incandidabilità di alcuni amministratori.

L’agguato a Francesco Pio Gentile
Delitti impuniti

Oltre ai boss liberi, a breve, dovrebbe essere scarcerato un influente esponete dei Li Bergolis, alle infiltrazioni nei comuni, alla violenza c’è anche altro. Ad accrescere il potere criminale è la diffusa impunità, i troppi delitti rimasti senza colpevole.

È il caso di Francesco Armiento, scomparso nel 2016, vittima di lupara bianca, il suo corpo è scomparso nel nulla e la madre chiede, inascoltata, giustizia. Nei mesi scorsi è stato archiviata la posizione dell’unico sospettato legato al clan Quitadamo, egemone in zona.

“Non voglio nemmeno pensare – racconta Luisa Lapomarda, madre di Francesco – come l’abbiano ucciso, ho paura che l’abbiano fatto soffrire e che l’ultima parola sia stata ‘mamma’”.

Qui la mafia resta fuori dalle case fino a quando il veleno non entra dentro per un’estorsione, un omicidio, una lupara bianca. Francesco, in passato, aveva assistito ad un omicidio. Una realtà nascosta dove ogni dolore è privato e non c’è una reazione collettiva, consapevole contro i clan.

Nel caso di Francesco Armiento, la procura di Foggia ha chiesto l’archiviazione dell’unico indagato perché scrive: “Non vi sono elementi sufficienti a sostenere l’accusa in giudizio”. Neanche il processo.

L’avvocato di famiglia è Pierpaolo Fischetti che in questi anni ha condotto battaglie per la legalità nel suo territorio. Di recente è stato destinatario di una intimidazione. Una testa di capretto infilzata in un enorme pugnale davanti alla finestra dello studio legale.

L’intimidazione contro l’avvocato Fischetti
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