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Le lettere inedite delle donne che lavoravano nelle case chiuse

Immagine di copertina

Nel 1958 veniva approvata la cosiddetta legge Merlin che sancì la chiusura dei bordelli. Una pubblicazione della Fondazione Anna Kuliscioff raccoglie alcune lettere alla senatrice Merlin di sostegno alla sua battaglia

Il 20 febbraio di sessant’anni fa veniva approvata la celebre legge Merlin, che sanciva la definitiva chiusura dei bordelli, le cosiddette “case chiuse”.

Questa notizia puoi leggerla direttamente sul tuo Messenger di Facebook. Ecco come

Negli anni precedenti al 1958 il dibattito sul tema fu molto acceso e la senatrice socialista Angelina Merlin, promotrice della legge, raccolse in un volume edito dall’Avanti! e pubblicato dalla Fondazione Anna Kuliscioff, le lettere delle donne che lavoravano nelle case chiuse e che le chiedevano di non abbandonare la causa.

La realtà delle case chiuse dell’epoca è un chiaro ritratto della decadenza morale e sociale dell’Italia del dopoguerra. Le donne che lavoravano come prostitute erano chiuse in una sorta di ghetto sociale da cui era difficile se non impossibile uscire.

Leggi anche: Perché le case chiuse si chiamavano così?

“Le lettere di consenso che riceve Lina Merlin offrono, in un lessico semplice e con drammatica chiarezza, argomenti assai convincenti. In questi scritti affiora non solo la volontà di non essere più oggetto di sfruttamento nei postriboli controllati dallo Stato, ma soprattutto la speranza di ritrovare una vita normale mettendosi alle spalle tutte le ignobili vessazioni burocratiche e le regole discriminatorie che impedivano l’esercizio dei più elementari diritti civili come il lavoro o il matrimonio con pubblici dipendenti”, si legge nella prefazione della raccolta.

La senatrice Merlin da giovane aveva partecipato dalla Resistenza, e in seguito fu eletta dall’Assemblea costituente, e fu l’artefice dell’articolo della Costituzione che garantì la parità tra uomo e donna. Il suo obiettivo non era tanto di abolire la prostituzione, quanto piuttosto abolirne lo sfruttamento, a maggior ragione da parte dello Stato.

In Italia i bordelli vennero istituiti nel 1859 ed erano conosciuti i bordelli, allora, venivano anche chiamati “case di tolleranza” poiché grazie al decreto di Camillo Benso, conte di Cavour venivano tollerate dallo Stato.

Il disegno di legge sulla loro chiusura era già stato presentato dieci anni prima, nel 1948 dalla stessa Merlin. A causa del lungo dibattito e della fine del mandato della senatrice la proposta non divenne legge, ma nel 1953 la Merlin venne rieletta e ripresentò il disegno di legge, che fu definitivamente approvato il 20 febbraio 1958.

Alla mezzanotte di quello stesso giorno, in Italia, vennero chiusi 560 bordelli che ospitavano quasi 3mila prostitute.

Alcune delle lettere inedite:

B., 27 Gennaio 1951
Signora Deputatessa Merlin

Io ò saputo dalle mie compagne della legge che fà per noi prostitute. Io non me ne intendo; sono una povera donna che faceva la serva e sono delle campagne di C. e vorrei tornarci a fare la serva o la contadina non questo mestiere che mi fà schifo.

Ero a M. e M. mi faceva terrore e io uscivo poco, avevo paura dei trammi e delle macchine, ma un giorno uscivo e incontrai uno che mi si mise dietro a camminare dietro.

I miei padroni tutte le sere facevano cene, ballavano e poi si baciavano e anche con le mani non stavano fermi bene e io pensai che fare all’amore non era peccato e mi ci misi con un giovanotto che non parlava come noi di C. Ma un giorno mi portò nella sua camera perché disse
«ò male allo stomaco».

Ma altroché male lui, mi prese e mi cosò
anche mentre io piangevo e dissi «ò paura ò paura». Poi non mi à sposato e mi à fatto fare il figliolo. Io sono prostituta perché i padroni non mi rivolevano e loro erano come me e peggio e si facevano sempre cornuti fra elli.

ò paura di venire via per la fame e per chiedere perdono alla famiglia che sono onesti fratelli e sorelle. Però a C. sarei felice, ci sono nata, c’è l’aria sana, gli olivi e la vendemmia e anche i contadini mi volevano bene.

M’aiuti Signora Deputatrice io voglio salvare mio figlio.


Onorevole, Sono una di «quelle» e seguo con interesse quanto Lei vuol fare.

Le dirò soltanto perché a 25 anni faccio questa vita. Ho fatto le scuole medie e poi mi sono impiegata.

Il mio principale quando ha visto che sull’atto di nascita risultavo, senza mia colpa, figlia di N. N., ha subito pre teso di approfittare di me.

Il resto va da sé. Ora ritornando alla vita normale, come potrò rifarmi se dappertutto, anche all’affittacamere, dovrò mostrare i miei dati più privati?

Perché non cerca di rimediare anche a questo? Perché tutti devono sapere i nostri fatti personali? La ossequio.


Gentile Senatore,

Dicono che mi metteranno in galera appena chiudono le case ma io non ho mai fatto del male a nessuno e in galera non ci voglio andare, ci vadano i padroni che ci 14 sfruttano il sangue a tutti noi;

sono una di quelle ma non ero cosi e volevo crescere onesta, invece a 15 anni in una baracca mio cognato mi prese per forza e poi mi minacciò sempre di dirlo a mia sorella che ero stata io; appena mi accorsi di essere grossa scappai di casa e andai a fare la serva in una osteria.

Appena si accorsero che dovevo fare il bambino mi dissero che ero una p. e che se volevo rimanere ancora li dovevo lavorare senza paga perché già il mangiare e il dormire era troppo per quello che facevo.

Invece lavoravo come una soma e quando alla maternità feci il bambino non avevo latte e lo portai a balia e mi dissero che se non pagavo prima non me lo prendevano. Incontrai un soldato che mi disse sei una brava ragazza e i soldi per il bambino te li trovo io che ho la terra al paese e poi ti sposo.

Allora i miei padroni dell’osteria glielo dissero che lo avevo avuto da mio cognato e che ero una p. e che anche li facevo la p., invece non era vero e lavoravo sempre come una soma e mi davano da mangiare quello che avanzavano gli altri e dormivo sul pianerottolo con un materasso per terra.

Allora lui disse mi hai detto delle bugie e io non ti guardo più e non l’ho più visto. Allora uno che veniva all’osteria mi ha detto se sei brava te li trovo io i soldi basta che qualche volta vieni con me, se no niente soldi per il tuo bambino e mi avrebbe fatto licenziare dove lavoravo; mi portava sempre fuori e diceva che dovevo andare anche con i suoi amici se no niente soldi per il bambino e mi avrebbe fatto arrestare perché ero una p.

Un giorno una come me mi disse va là stupida perché ti fai sfruttare c’è un posto che guadagni bene e poi vai in America con il tuo bambino e nessuno ti vede più. Invece era d’accordo con lui e sono finita in una Casa e non le dico cosa ho passato e tutti i soldi me li portano via i padroni e lui che è d’accordo.

Quando voglio scappare mi dice che il mio bambino me lo portano via e se esco mi mettono in galera e in galera e senza il mio bambino non ci voglio stare.

Non sono vecchia, sono frusta, ho 24 anni, il mio bambino le monache non lo vogliono perché dicono che è bastardo e dove me lo tengono costa tanti soldi ma lui non deve sapere che sua mamma è una p. Sono sempre malata che non ho la forza quasi di alzarmi dal letto e sono in una Casa bassa e allora posso stare.

Tanti mi dicono perché io che sono brava sono finita li e la padrona che è d’accordo con lui mi dice adesso la Senatore chiude le Case e se non sei d’accordo con noi ti mettono in galera con il tuo bambino. È vero che mi mette ranno dentro se chiudono i casini?

Senatore, invece di farmi mettere dentro mi potrebbe mandare all’ospedale con il mio bambino e a farci curare perché il bambino ha sempre qualcosa e il dottore dice che è il sangue non buono, invece io il sangue buono prima l’avevo, invece è che non gli hanno mai dato tanto da mangiare perché si approfittano che io non ci sono e dicono che il denaro non basta e lui patisce la fame e ci ha sempre qualcosa.

Non mi faccia mettere dentro me lo ha detto uno che è venuto che lei Senatore è una brava persona e allora io ho detto ci scrivo e se è una brava persona mi aiuta. Non ho mai fatto male a nessuno e sono una povera ragazza sfruttata sempre, sono una di quelle ma per mio bambino farei tutto.

Non dica a nessuno il mio nome perché se lo sanno che le scrivo mi fanno ancora del male e al mio bambino che non sa che sua 15 mamma è una p. e mi crede brava. Il mio bambino lo faccio pregare per lei se mi fa ritirare con il mio bambino all’ospedale in un posto che nessuno sappia chi sono e se mi stracciano il libretto perché è meglio morire tutti e due piuttosto che questa vita.

Ce ne sono tante altre povere signorine come me che non ci hanno colpa e che hanno paura, hanno bambini da aiutare e gente cattiva le sfrutta, ma se invece di metterci in galera ci aiutano tutte allora sarà una gran bella cosa. I meglio saluti e mi aiuti che il mio bambino pregherà per lei.


Senatrice Lina Merlin

Senato della Repubblica

Sono una ragazza di 28 anni, sono senza padre, in casa siamo in otto componenti, quattro grandi tutti disoccupati e quattro bimbi. ò fatto domanda al Sanatorio di F. e da […]. Per ora […] non assume personale e per il Sanatorio ci vogliono le carte pulite, le quali queste non le tengo.

Essendo disoccupata dal 1943 e avendo una bimba di nove (9) anni a carico, sono caduta anch’io in quel fango, ho dovuto vendere la mia carne. Ora, già da due anni male non ne faccio più, però la voro per me non ce n’è.

Debbo ancora cadere su quel fango? Debbo insegnare a mia figlia un domani fare male, perché a sua madre non le danno lavoro? Anch’io voglio redimermi, anch’io voglio essere all’al tezza di tutte le ragazze e se lavoro non me lo danno cosa debbo fare?

Andare in casa di tolleranza, questo passo non voglio farlo. Quindi mi rivolgo a Lei se può fare qualche cosa, al meno darmi una via d’uscita.

Con la speranza di essere ascoltata. Ossequi.

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