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Viviani (Lega): “Al Festival della Mente di Sarzana un’omelia radical chic di luoghi comuni a cui non crede più nessuno”

Immagine di copertina
Festival della Mente Sarzana

"Al Festival della Mente di Sarzana un'omelia radical chic di luoghi comuni a cui non crede più nessuno. Sono sempre stati invitati esclusivamente esponenti della cultura militante di centrosinistra. Una politicizzazione estrema". A dirlo a TPI è il deputato leghista Lorenzo Viviani, che aggiunge: "Se non ci saranno presupposti per il cambiamento, vale la pena spendere 150mila euro per fare di Sarzana l’house organ del Pd?"

Il Festival della Mente 2018 si è tenuto a Sarzana, in provincia di La Spezia, dal 31 agosto al 2 settembre per la sua quindicesima edizione.

Nonostante il Festival abbia registrato un boom di presenze, non sono mancate le polemiche da parte di alcuni esponenti della Lega, che hanno accusato il Festival di essere “troppo di sinistra”.

La critica è stata avanzata dalla senatrice Stefania Pucciarelli, dal deputato Lorenzo Viviani e dal segretario provinciale Fabrizio Zanicotti, i quali hanno anche minacciato: “o il Festival cambia radicalmente struttura, oppure va chiuso”.

La replica è arrivata dalla direttrice della manifestazione, Benedetta Marietti.

“È un approfondimento culturale multidisciplinare, non riguarda la politica”, ha detto Marietti. “Ho sempre avuto piena autonomia nella scelta dei relatori; da quattro anni firmo un programma di cui sono responsabile”.

“Scelgo i relatori – umanisti, scienziati, artisti nazionali e internazionali – in base alla qualità delle loro ricerche e delle loro competenze, oltre che per la loro capacità di rivolgersi con un linguaggio accessibile a un pubblico ampio, eterogeneo e intergenerazionale”, ha spiegato la direttrice.

Per capire meglio le ragioni di questa polemica, TPI.it ha intervistato Lorenzo Viviani, deputato della Lega.

On. Viviani, il Festival della Mente è un evento culturale e non politico. Da cosa nasce quindi la vostra posizione?

Come ci insegnano la storia e la sociologia, spesso la cultura è militante, e il Festival della Mente è sempre stato un forum dove sono stati invitati esclusivamente esponenti della cultura militante di centrosinistra in generale, e del Pd in particolare.

La questione è collegata, come è stato scritto, all’intervento al Festival del fondatore della Comunità di Sant’Egidio Andrea Riccardi?

Riccardi è il caso più emblematico di quest’anno, ma in altre occasioni non è mancata la politicizzazione estrema del Festival.

La lectio magistralis di Riccardi ha destato stupore soprattutto per i grossolani errori storiografici commessi pur di propagandare l’ideologia dell’immigrazione selvaggia.

Infatti, sostenere che durante la seconda guerra mondiale i nordafricani che combattevano nelle milizie francesi hanno liberato l’Italia non solo è falso, ma vergognoso e meschino se si considera che non ha proferito parola sugli stupri di massa compiuti proprio da quelle truppe.

Consiglio a Riccardi di guardare la Ciociara di Vittorio De Sica, o di leggere l’omonimo romanzo di Moravia. A lui la scelta.

La senatrice Stefania Pucciarelli ha detto che il Festival è “riservato a ospiti radical chic”. Lei è d’accordo?

Non mi risulta che la senatrice abbia detto così. Abbiamo rilasciato una nota stampa congiunta in cui si dice che l’intervento di Riccardi è stato una omelia radical chic ai cui luoghi comuni ormai non crede più nessuno. Mi sento di sottoscrivere ancora, e con maggior forza, quelle parole.

Insieme a Pucciarelli e Zanicotti lei ha fatto sapere che “dall’anno prossimo o il Festival cambia la musica oppure saremo propensi a chiuderlo”. Vi riferite a un taglio dei fondi da parte del comune o cos’altro?

Come abbiamo dichiarato, il Festival della Mente deve essere per davvero un forum culturale nel quale è garantita la pluralità di prospettive e di opinioni.

Noi non siamo il Pd che laddove ha governato ha sempre censurato ogni voce critica: a Spezia dove governiamo da più di un anno è venuta, pochi giorni fa, la Bandabardò a tenere un concerto e ha insultato Salvini dal palco.

A ruoli invertiti, con una band di destra e una amministrazione di sinistra, una cosa simile non sarebbe mai accaduta.

L’anno prossimo benvenga Riccardi con le sue tesi discutibili, ma perché non può esserci anche uno storico che parla delle “marocchinate” o delle violenze partigiane nel triangolo rosso?

Se ci saranno i presupposti per avere un Festival della Mente plurale e aperto a tutti, la Lega ne sosterrà persino il potenziamento e la ricerca di nuovi investimenti.

Ma se i presupposti non ci saranno sorgerà una domanda spontanea: vale la pena spendere 150mila euro per fare di Sarzana l’house organ del Pd?

Lo statuto prevede per l’indirizzo del Festival e la scelta dei conferenzieri la totale facoltà di scelta senza interferenze del direttore. Pensa che eventi culturali come quello di Sarzana debbano avere un’impronta politica?

Ci tengo a ricordare che l’anno scorso è stato invitato persino Matteo Renzi al Festival della Mente, per presentare quel suo libro di cui nessuno si ricorda neanche più il titolo, e che soltanto le proteste di Regione Liguria fermarono il progetto.

Il fatto, poi, che l’ex Sindaco di Sarzana Alessio Cavarra sia un renziano di ferro mi fa pensare che o l’autonomia della direzione artistica non è affatto garantita, oppure che la stessa direzione ha qualche simpatia politica di troppo.

La direttrice del Festival, Benedetta Marietti, ha parlato della presenza di una pluralità di voci. Lei non crede che fossero presenti varie anime culturali?

Se c’erano sono state nascoste bene.

Questa edizione del Festival della Mente ha comunque registrato un boom di presenze. Non è un segnale che sta andando nel verso giusto così per com’è?

Non è in discussione il format, né tantomeno il diritto di esprimersi per la cultura di centrosinistra vicina al Pd.

Chiediamo soltanto che non sia monopolizzato da una certa parte politica.

Fino ad ora è stato il festival del Pd, noi non vogliamo che diventi il Festival della Lega o della destra, ma quello di tutti i cittadini italiani che cercano una cultura impegnata nella società.

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