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La La Land è davvero così bello come dicono?

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7 golden globes vinti, 14 nomination agli Oscar: la commedia musicale di Damien Chazelle in Italia uscirà il 26 gennaio. Francesca Ferri l'ha vista in anteprima per TPI

Sogni laccati di vernice vintage riecheggiano dai vecchi sax inseguendo la città delle stelle. Il sogno è sempre lo stesso, eppure ogni giorno sempre nuovo. E così anche l’autostrada di Los Angeles paralizzata dal traffico in una mattina come tante si può trasformare in uno sfavillante numero musicale del miglior teatro di Broadway.

Le luci di sala non hanno il tempo di spegnersi che già un esplosivo piano sequenza ci travolge in un turbinio di colori, canti e balli volutamente fuori dagli schemi.

Damien Chazelle avverte subito il pubblico non più abituato ai musical che la sua è una storia dalla leggiadria della fantasia e dall’asprezza della realtà. “We were seventeen, but he was sweet and it was true / Still I did what I had to do / ‘Cuz I just knew. Avevamo diciassette anni ma era tenero e sincero / Sapevo quello che avrei dovuto fare / Lo sapevo e basta”, così una voce si leva tra la gente che balla sull’assolata autostrada per introdurre il racconto di qualcuno che all’amore per un fidanzato affettuoso preferisce l’amore per un mondo in Technicolor.  

Se già i sette Golden Globes vinti il mese scorso avevano fatto applaudire al successo di sei anni di lavoro, le 14 candidature agli Oscar 2017, pari soltanto al record di Eva contro Eva e Titanic, dichiarano La La Land un fenomeno. Per la terza volta dopo Crazy, Stupid Love e Gangster Squad, Ryan Gosling e Emma Stone ritornano insieme questa volta dietro le telecamere del regista che ha lasciato senza parole la giuria dell’Academy.

Trentadue anni e tre candidature all’Oscar, Damien Chazelle torna a raccontare la storia di chi cerca fortuna a Hollywood che il cinema ha già raccontato innumerevoli volte, rendendo omaggio alla commedia musicale dell’età d’oro americana dei fiorenti anni ’50, senza rinunciare a reinterpretarla in chiave contemporanea per un pubblico che non riesce più a credere ai sogni di una volta.

Perciò Chazelle sceglie il musical per poter raccontare la sua storia con la massima libertà, perché solo il musical riesce a stare perfettamente in bilico tra la fantasia e la realtà, a far volare i sogni prima di riportarli a terra.

Gli idealisti romantici di La La Land non sono più gli ingenui sognatori di Un Americano a Parigi. Lei è Mia (Emma Stone), aspirante attrice che lavora come cameriera alla caffetteria degli studi Warner ma fallisce a ogni provino. Lui è Sebastian (Ryan Gosling), pianista innamorato del jazz che vorrebbe aprire un suo locale ma si scontra con i gusti imposti dal mercato.

I due si incontrano, si rincontrano, si corteggiano e si amano continuando insieme la loro corsa verso il successo che arriva solo quando la nostalgia del passato cede il passo al nuovo. “Come puoi essere un rivoluzionario se sei così tradizionalista? Resti aggrappato al passato ma il jazz parla di futuro”, ricorda a Sebastian John Legend nel suo primo vero ruolo sul grande schermo e che per il film di Chazelle si è dedicato al punto da comporre la canzone Start a fire. Tuttavia, successo dopo successo non sempre i sogni sono raggiungibili ai due.  

Sarà l’influenza del musical francese di Jacques Demy e del suo Les parapluies de Cherbourg che Chazelle tanto ama, sarà la necessità di dare credibilità ai suoi personaggi ormai distanti da Gene Kelly e Fred Astaire, ma La La Land non riserva il consueto happy ending che il genere prevede. Una soffusa malinconia, la lucida disillusione e una tenerezza che non deriva tanto dal romanticismo quanto dalla forza di cui necessita l’animo umano per superare le difficoltà della vita. 

Così Chazelle si scosta dal modello del musical classico che non vuole imitare ma soltanto omaggiare, lasciando in scena dei personaggi, forse a tratti goffi ma più veri. 

Eppure senza la fantasia non potremmo affrontare la realtà. “City of stars/ Are you shining just for me?/ City of Stars/ There’s so much that I can’t see/ Who knows?/ Is this the start of something wonderful?/ Or one more dream / that I cannot make true. Città di stelle/ Brilli solo per me?/ Città di stelle/ C’è così tanto che non riesco a vedere/ Chissà?/ È l’inizio di qualcosa di meraviglioso? O un altro dei sogni/ Che non riesco a realizzare”, così va cantando Sebastian su un ponte sul Pacifico al tramonto. La musica composta da Justin Hurwitz, amico d’infanzia del regista, esprime più di quanto le parole di Mia e Sebastian non dicano.

Così a passi di tip tap, volteggiano per la città i due amanti che la telecamera di Chazelle segue con la fluidità di un giro di danza. E se le strade a volte si separano, se la pellicola si brucia rovinando il momento per il bacio perfetto in una sala buia di un cinema o se la nostalgia del passato offusca il presente, bisogna ricordarsi che su un’autostrada californiana ci si può mettere a ballare, che può nevicare su una piscina d’estate, che si può volare tra le stelle del firmamento. La realtà è intessuta di sogni. 

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