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Vi spiego perché da quattro anni vivo chiuso nella mia stanza

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Davide ha 18 anni e dal 2014 ha deciso di non uscire mai di casa e di restare lontano da qualunque contatto con le persone. Ha raccontato la sua storia a TPI

“So che probabilmente sto sprecando gli anni migliori della mia vita. Ma semplicemente ho perso interesse nelle persone: non voglio incontrarle, non penso ci sia qualcun altro di valido fuori da questa casa. Voglio restare qui, nella mia stanza. Ed evitare i contatti con il mondo esterno, fino a quando sarà possibile”.

Davide, ha 18 anni, abita a Latina, e fa il grafico. Da quando aveva 14 anni vive chiuso in casa, in isolamento. Ha lasciato la scuola e il suo unico rapporto reale è quello con i genitori con i quali vive. Il resto dei contatti avviene sul web, tramite i social. Ma sono solo relazioni superficiali.

Davide fa parte del fenomeno socio-culturale degli hikikomori. La maggior parte sono persone che non studiano e non lavorano, isolati dalla vita sociale da almeno sei mesi, senza avere contatti con il mondo esterno.

Si mantengono grazie ai genitori o con lavori sul web che permettono loro di non uscire mai di casa, utilizzando tutti gli strumenti offerti dalle nuove tecnologie per sopperire alle normali attività quotidiane: fare la spesa, pagare le bollette, acquistare beni e servizi.

La maggior parte di loro ha tra i 13 e i 16 anni, vive a casa dopo essersi ritirato da scuola, senza ottenere metodi alternativi di studio. Questi ragazzi trascorrono la maggior parte del tempo giocando ai videogiochi o navigando su internet. Abusano del pc, ma lo fanno perché sono isolati.

Gli hikikomori guardano la vita attraverso un filtro, quello della finestra della propria stanza – o quello dello schermo del proprio pc – che protegge, isola, rassicura. Questo è il loro mondo: una completa solitudine senza un apparente data di scadenza. Il fenomeno, nato in Giappone, sembra essersi diffuso anche il Italia, coinvolgendo ragazzi dai 13 ai 25 anni.

“I giovani che decidono di vivere nel più totale isolamento in Italia oscillano tra i 60 e i 70mila”, spiega a TPI Marco Crepaldi, amministratore e ideatore della prima community italiana per hikikomori. Sono cifre da prendere con cautela perché si basano su stime e fino a oggi non sono state compiute ricerche ufficiali.

Crepaldi si occupa di dare assistenza e mettere in comunicazione 400 genitori e 300 ragazzi tra i 13 e 24 anni che hanno deciso di compiere questa singolare scelta.

TPI è riuscito a parlare via chat con Davide, che ha raccontato la sua storia e le motivazioni della sua scelta.

Davide, perché hai deciso di vivere come un hikikomori?

Diciamo che non sapevo di star diventando un hikikomori. Non mi definivo tale, e nemmeno lo faccio tutt’ora.

E allora come ti definisci?

Direi che “una persona” va bene. Non amo particolarmente etichette o semplici definizioni, nonostante non ci sia nulla di male in queste ultime.

Come trascorri la tua giornata?

Dipende da che cosa ho voglia di fare. Ultimamente passo molto tempo dietro a vari progetti grafici. Mi sveglio, vado in bagno e lavoro al pc. Quando non devo fare queste cose, è diverso: gioco e ascolto musica, suono.

Non vedi nessuno quindi, sei sempre a casa?

Esatto, a parte i miei genitori ovviamente.

Ed è così da quattro anni.

Sì, non incontro o vedo nessuno da tanto tempo. O almeno, dal vivo è così.

Quali sono le tue motivazioni?

Un motivo particolare non c’è. Sono tanti avvenimenti che si sono sommati nel tempo. Il cambio di casa compiuto tanti anni fa ha influito in modo abbastanza drastico.

Ovviamente poi viene la scuola, che a mio parere c’entra sempre in questi casi. Non voglio fare di tutta l’erba un fascio, ma la gente che ho conosciuto lì mi basta e avanza. Mi sono reso conto di non essere a mio agio nemmeno con i miei ex compagni di classe. Qualche problema c’era.

Ma le poche persone che ritenevi “salvabili” non hai più avuto il desiderio di incontrarle, di parlarci di persona?

Non c’è mai stato nessuno che ho ritenuto tale sinceramente. Sono fidanzato, la mia ragazza credo sia l’unica che ritengo tale. Diciamo che con lei mi sono dato uno scopo.

Ma non vi siete mai visti. Come vi siete fidanzati?

Online. Ci siamo molto legati, parliamo tanto e abbiamo pensieri molto simili.

Per lei uscirai di casa?

Forse sì, alla fine dell’anno.

Dopo quattro anni come pensi alla possibilità di incontrare una persona diversa dai tuoi genitori?

Se parliamo di persone qualsiasi, non mi piace l’idea. Lei è un’altra cosa, non la considero parte di questi miei problemi.

Non pensi che possano esistere al mondo altre persone come lei, che valga la pena conoscere?

Probabilmente sì. Ma ho perso interesse negli altri.

I tuoi genitori cosa ti dicono?

Nulla, non parliamo mai di questa cosa. Se capita che accenniamo il problema, ovviamente mi dicono che non sono d’accordo. Che preferirebbero altro. Ma non mi obbligano o forzano a cambiare vita.

E per il futuro?

Se potrò evitare di uscire lo farò. Tutto ciò che sarà possibile lo svolgerò da casa.

Non pensi che ti stai perdendo qualcosa, qualcosa di grande qui fuori e che stai sciupando gli anni più belli della tua vita?

Mi è stata già fatta questa domanda. In molti mi hanno criticato tanto per questa mia scelta. Penso di sì, mi sto perdendo qualcosa. Ma penso anche di no. Qualcosa mi perdo sicuramente, ma non mi interessa. Se mi interessasse uscirei, non avrei problemi.

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