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Chi è Giorgia Meloni e cosa vuole fare per Roma

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Dalla periferia romana di Tor Sapienza, la leader di Fratelli d'Italia ha raccontato molto di quello che vorrebbe fare se diventasse sindaco di Roma

“Sono orgogliosamente populista” dichiara fiera Giorgia Meloni. Non ha problemi a dirlo, mentre incontra i cittadini di Tor Sapienza, nella periferia est di Roma. La sua candidatura, nata in contrapposizione a quella di Guido Bertolaso quando ormai si capiva che era destinato al ritiro, sembrava destinata a riunire il centrodestra ma, dopo il sostegno di Forza Italia ad Alfio Marchini, ha finito per radicalizzarne le divisioni.

S&D

Giorgia Meloni ha 39 anni, è cresciuta alla Garbatella, ha fatto la gavetta in Azione Giovani, il movimento giovanile di Alleanza Nazionale ed è cresciuta al punto di diventare deputata nel 2006, a 29 anni, e due anni dopo ministro della Gioventù.

Oggi, tramite il partito che ha fondato nel 2012, Fratelli d’Italia, vuole ricostruire quella destra sociale che si è un po’ sbiadita, soprattutto quando ha aderito al Popolo della Libertà, lasciando che quell’elettorato che a Roma nel 1996 era circa il 30 per cento si disperdesse, preferendo, con il passare del tempo, il Movimento Cinque Stelle e la Lega Nord di Salvini.

Una destra sociale che aveva avuto l’occasione di governare Roma, nel 2008, con Gianni Alemanno, ma con risultati che non hanno convinto l’elettorato, che nel 2013 gli preferì Ignazio Marino. Ed è uno spettro che in parte rimane tra i militanti. “A Tor Tre Teste ha detto le stesse cose che aveva detto Alemanno” dice un cittadino del quartiere, anch’esso nella zona est di Roma, a una militante di Fratelli d’Italia.

La Meloni vuole far tornare la destra a quella che era prima di perdersi nel Popolo della Libertà, una destra che dice le cose come stanno, senza tanti giri di parole. Non è un caso che accanto a lei, nell’iniziativa del 14 maggio a Tor Sapienza, ha voluto Paolo Del Debbio, il conduttore del programma televisivo Quinta Colonna, noto per non usare mezzi termini.

I modi veraci e diretti della Meloni e di Del Debbio sono un simbolo di una nuova destra di popolo, che vuole stare dalla parte degli italiani emarginati, contrapposti alle élite radical chic e agli immigrati che, in Italia, “ricevono 35 euro al giorno ciascuno mentre tanti nostri connazionali perdono il lavoro e non arrivano a fine mese”, come racconta la stessa ex ministro.

“A Roma tranne un 10 per cento che vive nel bengodi, vivono tutti in periferia” sottolinea Del Debbio, mentre la Meloni nota come quelli che vivono in periferia siano i veri romani, in quanto sono i figli di chi viveva nella vecchia Roma e si è dovuto spostare verso l’esterno, lasciando la vecchia Roma agli uffici e a chi ha tratto giovamento della gentrificazione dell’area.

Una contrapposizione che forse nell’idea della Meloni vuole richiamare la divisione interna al centrodestra romano: da una parte lei, la candidata di una destra popolare, verace e vicina agli emarginati, dall’altra quella di Alfio Marchini, ricco costruttore, giocatore di polo e proprietario di una Ferrari.

Proprio in questa contrapposizione, la veracità della Meloni la fa apparire come una donna in grado di avere una connessione emotiva con i cittadini. Quando scende dall’auto, all’arrivo a Tor Sapienza, una signora del quartiere le porge un pacco. Si tratta di un regalo per il figlio che la Meloni porta in grembo.

Per costruire questo rapporto coi cittadini, la Meloni spesso e volentieri organizza giri nei mercati e sopralluoghi a sorpresa contro l’abusivismo senza farsi seguire da giornalisti e telecamere. “Il codazzo non aiuta a parlare con i cittadini” ci dicono dallo staff.

Anche a Tor Sapienza, zona che nel 2014 è stata protagonista di una vera e propria rivolta portata avanti da alcuni cittadini contro la presenza nel territorio di un centro che ospita minori richiedenti asilo, la candidata ha cercato di concentrarsi sui problemi del territorio, ma ha anche voluto evidenziare i problemi di tutta la città.

Le periferie, gli immigrati, la legalità e gli sprechi sono stati temi centrali. “Per me i luoghi occupati non esistono, si sgomberano” dice chiaramente, non lasciando spazio a nessuno dei movimenti che storicamente nella capitale occupano gli immobili abbandonati.

Non mancano stoccate ad alcune delle grandi opere rimaste da anni incompiute, come la Città del Nuoto di Santiago Calatrava (che sarebbe dovuta essere completata per i mondiali di nuoto del 2009) e il centro congressi noto come “La Nuvola” di Massimiliano Fuksas, sui quali sono già stati spesi troppi soldi che si sarebbero potuti destinare alla manutenzione stradale.

“Il mio sogno? Tor Sapienza come Trastevere”, dice anche. Vorrebbe promuovere in periferia una grande rigenerazione urbana che contribuisca a renderla più bella e vivibile, così come vorrebbe che le case popolari non fossero interi quartieri, ma alcuni appartamenti sparsi nei nuovi edifici, in modo da evitare forme di isolamento sociale.

Per combattere il fenomeno di chi non paga il biglietto sui mezzi pubblici, invece, propone in metropolitana tornelli più efficaci e negli autobus di reintrodurre l’antica figura del bigliettaio, fatto già proposto dall’assessore alla Mobilità di Marino, Stefano Esposito, e non attuato per ragioni di tempo.

Nell’incontro non cita quasi mai gli altri candidati, come a voler seguire soltanto la sua strada. Virginia Raggi – del Movimento Cinque Stelle – la menziona solo per dire che rifiuta il confronto, Marchini per il nonno costruttore e l’uscita di pochi giorni prima su Benito Mussolini, definito “grande urbanista”.

Il candidato del PD Giachetti, invece, non lo nomina mai, forse perché la sua campagna guarda più al radicale scontro interno al centrodestra che ai voti del centrosinistra, ideologicamente e culturalmente lontani dall’ex ministro della Gioventù.

Forse anche per questo la missione della Meloni non è facile. La caduta di Ignazio Marino nel 2015 l’aveva portata a essere in un primo momento una delle favorite alla sua successione nonché uno dei candidati naturali del centrodestra.

Lei stessa, all’inizio del 2016, aveva proposto la candidatura di Guido Bertolaso a sindaco di Roma. Nome che all’inizio aveva raccolto il sostegno di tutto il centrodestra, ma che si è trasformato invece nel pomo della discordia di quella che una volta si chiamava Casa delle Libertà.

La candidatura della Meloni si presenta sostenuta da Fratelli d’Italia, partito di cui è leader e che a Roma ha la sua roccaforte elettorale, e la Lega, che si presenta – come spesso nel centro-sud – con il simbolo “Noi con Salvini”.

Una vera incognita quest’ultima, dal momento che tradizionalmente si tratta di un partito filo-nord e anti-romano, ma che grazie alla svolta di Matteo Salvini sta cercando di diventare un partito nazionale di stampo lepenista, e che a Roma sta radunando intorno a sé numerosi nomi storici della destra romana, come Fabio Sabatani Schiuma, ex esponente di Alleanza Nazionale, che è candidato presidente municipio proprio a Tor Sapienza.

Al loro fianco, la civica “Con Giorgia”, il Partito Liberale Italiano e la Federazione Popolare per la Libertà, che raccoglie al suo interno partiti e movimenti centristi come i Popolari per l’Italia di Mario Mauro e il Nuovo CDU e che presenta come capolista Giuseppe Cossiga, figlio dell’ex presidente della Repubblica Francesco.

Il video è stato realizzato da Sarah Colautti e montato da Tiziano Rugi

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