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Intervista a Dario Corallo, il più giovane candidato alle primarie del Pd: “Zingaretti più pericoloso di Renzi”

Immagine di copertina
Credit: Dario Corallo

(Qui sopra l’intervento di Corallo all’Assemblea Pd del 17 novembre 2018 e l’invettiva contro Burioni, a seguire l’intervista di TPI)

A sentirlo parlare sembra Renzi: non quello degli ultimi tempi, quello saccente o prevedibile degli anni del suo governo, ma il Renzi degli inizi: romantico verso le idee, attento, pulito da tutte le sovrastrutture del tempo, carismatico al punto giusto tra le frasi retoriche e quelle invece tutte sue. Eppure, ci tiene a prendere da subito le distanze, Dario Corallo, il più giovane candidato alle primarie del Partito Democratico.

Zingaretti a TPI: “Molte più risorse su reddito di inclusione, infrastrutture e giovani: ecco il mio programma per il nuovo Pd” dario corallo

Pronto a sfidare, anche lui, i nomi grossi della dirigenza, dice di non essere affatto lusingato da queste presunte somiglianze: “Quando Renzi si candidò alle primarie nel 2012, era sì un giovane che stava sfidando Bersani, ma aveva dietro la fondazione Open e chi finanziava la sua campagna. Io viaggio da solo”.  dario corallo

In realtà è un viaggio in compagnia, perché ci incontriamo davanti la sua macchina assieme ad altri “compagni”, come li chiama lui mentre li presenta, sottolineando con la voce ogni sillaba di questa parola. “Chiamarli ancora così fa strano anche a me- dice, mentre si porta al petto le mani, come a volersi giustificare per quell’espressione nostalgica- qua dentro, almeno ai piani alti, alcuni valori sono scomparsi”.

Stanno ripartendo da Genova, dove si è tenuta una delle prime riunioni di “Un Nuovo PD”, questo è il nome della piattaforma che hanno messo in piedi, partendo da un form online per rintracciare adesioni intorno al progetto di Dario e dei suoi compagni. “Abbiamo già toccato con il nostro viaggio tutte le principali città italiane e abbiamo una base quasi in ogni regione. Per fare questo ci prendiamo permessi dal lavoro, dormiamo nei b&b più convenienti. Ogni passo di questo cammino è autofinanziato con sacrificio. A differenza di chi può permettersi eventi in pompa magna”.

Ti riferisci a qualcuno di preciso?

“Mi riferisco al 2014 e al momento in cui la maggioranza (PD) approvò un disegno di legge sull’abolizione dei rimborsi elettorali. Per un ragazzo qualunque, come me, è difficile buttarsi in una sfida come questa senza sostegni economici. Quindi, a tutti quelli che si chiedono come mai cambino i tempi ma le facce in politica siano sempre le stesse rispondo che il motivo è semplice: il domani appartiene a  chi ha qualcuno per pagarlo”.

Vi siete messi in ascolto di chi e di cosa?

Stiamo riscoprendo i circoli locali e incontrando i ragazzi. Ma la mia non è solo la candidatura dei giovani. La mia è la candidatura dei delusi di tutte le età. Occorre rottamare da sopra verso il basso.

Proprio come qualche illustro deluso di anni fa parli di rottamazione, e di nuovo il parallelismo è involontario. Ma perché la tua dovrebbe essere più credibile?

Allora l’errore di fondo che fece Renzi (oltre a tutti gli altri) fu quello di proporre una rottamazione integrale (si sono visti i risultati). Per me se ne deve andare solo chi ha sbagliato, solo chi ci ha portato al disastro. Credo che ci debba essere un principio di giustizia nell’eliminare o nel fare a meno di qualcuno dentro un partito.

Anche parlare di principi di giustizia è un altro indizio di nostalgia: la laurea in filosofia, probabilmente, ed i dieci anni passati dentro le giovanili del partito gli hanno, dice, fatto assorbire a forza nel linguaggio qualcosa di idealistico. 

Ma non appena si fa il nome di Zingaretti e degli altri suoi papabili avversari, ecco che la nostalgia diventa insofferenza, e l’idealismo di prima, improvvisamente, arrabbiato pragmatismo.

Tra i tuoi rivali più attendibili, inclusi ripensamenti dell’ultimo e valutazioni ancora non del tutto esplicite, ci sarebbero Zingaretti, Martina e sembra anche Minniti. Incarnano progetti simili per la “rifondazione” del partito o in cosa li trovi diversi?

Parliamo completamente della stessa cosa. Ognuno di loro ha fatto parte fino ad adesso della dirigenza, e ad oggi in quel gruppo mi sembra si siano dimostrati a loro agio. Sono espressione di quello contro cui stanno lottando.

Se dovessi però indicare chi fra di loro ritieni più pericoloso, chi nomineresti?

Zingaretti. Non io, ma lui, ha tratti parecchi simili a quelli di Renzi: nei toni, nel modo che ha avuto di parlare, anche a Piazza Grande. Possiede tutte le caratteristiche potenziali per tornare a fare dell’egocentrismo un problema dentro di questo partito.

Parli di similitudini adesso

Si, come Renzi, Zingaretti è un amministratore e lo è stato per certi versi anche Minniti, avendo avuto un ruolo politico in cui ha dovuto prendere decisioni forti. Ma puntare su chi ha amministrato, bene o male, ad oggi non è sufficiente e può addirittura essere un errore disastroso. Serve qualcuno che è stato h24 dentro il partito, che conosca prima di tutto gli strumenti per governare il partito prima che il resto.

Zingaretti, a Piazza Grande, ha usato l’espressione “partito della rete”, sottolineando l’esigenza di una virtualità più spinta. Un occhio strizzato e un guanto lanciato a chi per ora gestisce la comunicazione di Lega e Movimento 5 stelle

Non la trovo un’urgenza, anzi penso che ritenerla  tale offenda quei posti del sud dove tante volte la rete nemmeno arriva. Io ho origini di Avola, in provincia di Siracusa, e lì i miei parenti hanno difficoltà a prendere l’adsl. Non vorrei cadere nei patetismi, però è la verità.

Però che degli errori di comunicazione siano stati fatti è indubbio, almeno quanto lo è il fatto che la rete internet al sud non prenda ovunque bene.

Si ma sono stato io il primo ad ammetterlo, e con il mio gruppo di lavoro ci siamo sbracciati all’indomani del 4 marzo. Per trovare un metodo, per mettere in discussione quello a cui eravamo stati ammaestrati.

C’è chi non l’ha fatto, anche fra i suoi avversari?

Tutti i piani alti della dirigenza hanno impiegato questi mesi a crogiolarsi in dubbi oltre che irreali, soprattutto inutili. Si veda discussione sul cambio del nome del partito il mese scorso. Come se bastasse cambiare nome per fornire l’alibi e la prova che stesse cambiando qualcosa anche dentro. Prima i contenuti, poi i nomi.

Con quest’ultima frase c’è stato un déjà-vu nell’aria e per un momento è sembrato anche a se stesso un grillino.

(Ride) No, posso confermarlo. Ma sbaglia chi ha accusato di analfabetismo funzionale gli elettori del Movimento 5 stelle. Il PD, erigendosi a Burioni della classe politica, ha voluto semplificare i suoi errori grossolani, puntando il dito su chi, semplicemente, non ha avuto più fiducia.

Qual è  il rischio che venga eletto uno questi nomi?

L’instabilità. Sia il nome di Zingaretti che quelli di Martina e Minniti ci faranno ritrovare al punto di partenza tra tre mesi. Il tempo di dettare una nuova pseudolinea e poi si riveleranno tutte le compagini avversarie di cui sono portatori, tutte le loro smanie di protagonismo. E si tornerà a scontrarsi dentro il partito.

L’alternativa sono i volti meno noti?

Sicuramente i nomi come me, o quelli di persone che hanno ricoperto cariche diverse, stando dietro le quinte, non subirebbero l’effetto valanga dopo e sarebbero più inclusivi.

Qualcuno sta sottovalutando la tua candidatura?

Quasi tutti. Ma questa ignoranza nel non considerare che qualcosa alla base si sta muovendo gli tornerà addosso come un effetto boomerang.

In che senso?

Finora ad ognuno di questi personaggi, quando ciclicamente si sono presentate le occasioni delle primarie e delle nazionali, la base dei militanti ha organizzato gratuitamente campagne, volantinaggi, dibattiti e momenti di promozione delle loro politiche nelle realtà locali. E tutto questo è sempre stato dato per scontato, come fosse per natura dovuto. Non sarà più così, penso che avremo delle sorprese.

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