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Home » News

È vero che gli italiani non vogliono più adottare bambini?

Immagine di copertina
Un fotogramma dal film "Lion - La strada verso casa".

TPI ha cercato di capire cosa si nasconde dietro il crollo delle adozioni in Italia e quali sono gli ostacoli, di varia natura, che rendono difficile adottare un minore

Il ministero della Giustizia ha reso noti i numeri sulle adozioni, nazionali e internazionali, delle coppie italiane.

Questa notizia puoi leggerla direttamente sul tuo Messenger di Facebook. Ecco come

Si tratta di un vero e proprio crollo: tra il 2001 e il 2016 la diminuzione delle adozioni internazionali è stata del 60 per cento, con 2.335 procedure avviate in meno.

A livello nazionale, la diminuzione è stata del 31 per cento.

Il crollo di questi numeri dipende da fattori di natura culturale, politica e burocratica.

“Adottare un minore in Italia è diventato estremamente complicato”, sostiene Marco Griffini, presidente di Amici dei Bambini (Ai.Bi.), un’organizzazione non governativa costituita da un movimento di famiglie adottive e affidatarie.

I tempi di attesa sono eccessivamente lunghi, la burocrazioni troppo cavillosa e anche per i minori abbandonati in Italia non è possibile fare molto.

Secondo il presidente Griffini, per quanto concerne le adozioni internazionali, il primo problema è politico: “C’è stato un disinteresse dei governi che si sono susseguiti negli ultimi anni. Bisogna lavorare con i paesi stranieri, mantenere relazioni diplomatiche con loro e avviarne di nuove. Tutto questo negli ultimi cinque anni non è stato fatto. Speriamo nei prossimi governi per la riabilitazione di una Commissione Adozioni Internazionali”.

Da una prima analisi dei dati pubblicati sui siti degli enti autorizzati, il 2017 segna un calo del 32 per cento di bambini adottati rispetto all’ultimo report ufficiale del 2015: siamo sulle 1.000-1.100 adozioni per anno.

“Eppure di coppie sterili in Italia che potrebbero e vorrebbero ricorrere all’adozione ce ne sono molte”, ricorda Griffini.

Non avendo a disposizione alcun registro nazionale di sterilità, in Italia è possibile effettuare solo stime approssimative del fenomeno. La sterilità, intesa come assenza di concepimenti dopo 24 mesi di rapporti volutamente fecondanti, interessa il 20,6 per cento della popolazione.

Secondo Griffini si parla di circa 3 milioni di coppie sterili e di 5 milioni di donne senza figli. “Un esercito di donne che non possono avere figli per natura e che potrebbero voler intraprendere alle un’adozione internazionale”.

Le difficoltà che interessano le adozioni internazionali riguardano anche i nuovi operatori del pubblico preposti a esaminare le richieste.

Capita spesso, secondo Griffini, che questi funionari di “seconda generazione” non abbiano idea di cosa sia l’adozione internazionale, fissando dei paletti troppo stretti e puntando l’attenzione sul fallimento delle adozioni, ossia su quei casi in cui i minori vengono inviati nuovamente al paese di origine.

“Gli unici dati in nostro possesso emanati dall’Istituto degli innocenti di Firenze parlano del 3 per cento dei fallimenti. il 97 per cento riesce: un risultato straordinario”.

Il tribunale dei minorenni

L’Italia è l’unico paese europeo, insieme al Belgio, che richiede ancora il passaggio da un tribunale dei minorenni per ottenere l’idoneità all’adozione internazionale.

“Di fatto questa situazione ha determinato delle strutture per cui molti tribunali italiani emettono quelli che vengono chiamati ‘decreti vincolati’. In sostanza, sono i tribunali che stabiliscono quanti figli si possono avere, quanti anni bisogna avere per adottare, e mettono dei paletti che impediscono a molte coppie di portare avanti un’adozione”.

Adozione nazionale

In Italia non è possibile conoscere  effettivamente dai vari tribunali dei minorenni, 29 in tutto, quanti sono i bambini dichiarati adottabili.

Il problema principale è che non esiste una banca dati in grado di stabilire il numero esatto di minori abbandonati.

Ciò dipende dal fatto che numerosi tribunali non sono ancora informatizzati e dunque non riescono a condividere le informazioni mettendole a sistema.

“Stando alle stime, esistono circa 35mila minori fuori famiglia, collocati o in famiglie affidatarie o in comunità educative che potrebbero essere adotatti. Senza dei numeri precisi, e mia poter individuare questi minori, diventa impossibile poter adottare per molte coppie italiane”, spiega Griffini.

“Stiamo assistendo a un fenomeno che difficilmente si riesce a indirizzare: le famiglie affidatarie sono sempre le stesse, e le comunità educative non sono l’ideale per un minore fuori famiglia. Un cane che si morde la coda”.

Le comunità educative che hanno sostituito gli orfanotrofi

Gli orfanotrofi (o istituti) in Italia non esistono più. Sono stati chiusi a fine 2006, in base alla legge 149 del 2000. In base a questa norma, se un minore viene privato della famiglia d’origine deve essere collocato solo temporaneamente in comunità educative e al più presto in un’altra famiglia, o in affido o in adozione.

Gli istituti erano delle comunità di accoglienza che raccoglievano più di 12 bambini per volta, fino ad arrivare a 50 bambini.

Con la legge 149 sono stati aboliti e sono state create delle comunità educative che possono ospitare al massimo 12 minori per volta.

“Alcune comunità occupano più piani di uno stesso stabile, utilizzando una cucina in comune, e trasformandosi così di fatto in un istituto. In questo modo viene aggirata la legge”, racconta Griffini, che però parla di casi isolati.

Le adozioni nazionali sono veramente poche: da 20 anni a questa parte la media si attesta sui 1.000 casi.

Gli italiani non vogliono più adottare?

“Le coppie vorrebbero adottare, sono davvero tante le famiglie senza figli, trovare 10mila-15mila famiglie all’anno disposte ad adottare sarebbe una sciocchezza”, spiega Griffini. “Ma i problemi restano”.

“Nei programmi elettorali dei vari schieramenti politici, in vista delle elezioni del 4 marzo, si nota una volontà di combattere la denatalità”, sostiene Griffini.

“Tutti i programmi elettorali puntano a questo. Va inserita l’adozione in questa forma. Ad esempio: la legge che ha istituito la banca dati dei minori dichiarati adottabili è ancora ferma, perché non attuarla?”, si domanda infine Griffini. 

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