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Cosa sono le smart drugs, le droghe legali

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Con il termine droghe furbe si identifica un'ampia serie di sostanze psicoattive di origine naturale e sintetica. Ecco come funzionano e perché sono legali

Un gruppo di ricercatori brillanti ma senza futuro ha un’idea geniale per fare soldi: sintetizzare e spacciare una nuova potentissima droga, una smart drug. La droga in questione è perfettamente legale perché la molecola da cui è composta non è ancora stata inserita dal ministero della Salute nella lista delle sostanze stupefacenti vietate.

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Dopo una serie di peripezie, la banda di ricercatori inizia a collaborare in incognito con la polizia per bloccare lo spaccio delle nuove smart drugs che circolano sul mercato, e consegnarne al ministero la formula perché possano essere catalogate.

È la trama, raccontata in maniera estremamente striminzita, dal film del regista italiano Sydney Sibilia, Smetto quando voglio e Smetto quando voglio, in questi giorni al cinema con l’ultimo episodio della saga. Il film ruota intorno all’espediente narrativo della caccia alle smart drugs, ma cosa sono esattamente le cosiddette droghe furbe?

Che cosa sono le smart drugs?

Con il termine di droghe furbe si identifica un’ampia serie di sostanze psicoattive di origine sia naturale che sintetica che possono produrre numerosi effetti tra cui il miglioramento temporaneo delle performance cognitive – per esempio la memoria e la capacità di apprendimento – o fisiche e l’induzione di allucinazioni, euforia, rilassamento, piacere fisico o alterato stato di coscienza.

Il termine smart drugs significa droghe furbe perché si tratta di sostanze che, allo stato attuale, sono vendute liberamente, poiché non rientrano nelle liste stilate dal ministero della Sanità che contengono le sostanze stupefacenti e psicotrope proibite e regolate dal DPR 309/90. Contengono principi attivi tra cui i più diffusi sono l’efedrina, la taurina, la caffeina, ma anche molecole usate in ambito farmaceutico e sostanze allucinogene.

Le categorie chimiche possono essere diversissime, con piante, estratti naturali o prodotti chimici. “Anche se un ministero rende illegale la cocaina, possono esistere laboratori che creano sostanze con effetti simili a quelli della cocaina ma con una formula chimica lievemente diversa che tecnicamente non risultano illegali”, spiega a TPI il dott. Francesco Saverio Bersani, psichiatra della Sapienza Università di Roma e studioso dei disturbi da uso di sostanze. “Se usati a dosaggi impropri e al di fuori delle indicazioni cliniche, anche alcuni farmaci divengono a tutti gli effetti delle sostanze d’abuso legali”.

C’è una grande confusione oggi in merito a queste sostanze. Una classificazione dei prodotti smart oggi in circolazione è difficoltosa: alcune ricerche scientifiche le suddividono per modalità di consumo, altre per classi chimico-fisiche, altre ancora per scopi d’uso.

Quali danni possono provocare?

Le smart drugs possono avere effetti dannosi sul sistema nervoso centrale, ancora poco conosciuti perché sono stati fatti pochi studi scientifici in merito. Si tratta quasi sempre di sostanze che danno un effetto benefico immediato ma che alla lunga risultano tossiche.

Questi prodotti vengono venduti nei cosiddetti smart shops, specializzati nella vendita di particolari prodotti erboristici diversi per origine o formulazione, o nelle online pharmacies. Il fatto che queste sostanze siano spesso vendute come prodotti naturali e legali può trarre in inganno i consumatori dal momento che spesso si tratta di sostanze dagli effetti psicoattivi potenzialmente dannosi e ancora poco noti.

Spesso si è indotti a pensare che la tossicità di una sostanza derivi dal fatto che questa sia sintetica, e che tutto ciò che è naturale “fa bene”. Questo assunto è privo di validità scientifica in quanto la tossicità di una sostanza dipende dal principio attivo presente e non dall’origine naturale o sintetica. La pericolosità è data anche dal fatto che droghe del genere, prodotte spesso in laboratori di paesi in via di sviluppo, e di scarsissima qualità, vengono immesse sul mercato e vendute senza che i consumatori sappiano cosa stanno acquistando.

Il giro di affari

Le smart drugs si trovano in maniera estremamente facile su Internet ed è molto facile scambiarsi informazioni in merito. Il commercio via internet di queste sostanze rappresenta un fenomeno criminale o para-criminale molto lucroso e di interesse transnazionale. Il fatturato totale delle smart drugs ammonta ormai a oltre un miliardo di dollari l’anno, secondo quanto si legge sul report dell’Istituto superiore di sanità.

Le nuove molecole presenti in natura sono potenzialmente infinite e per le autorità di un paese è difficilissimo identificarle, studiarle e inserirle eventualmente nella lista delle sostanze proibite in tempi brevi. Tutto questo lascia a chi le commercia un grosso margine di tempo, e di denaro, prima che le sostanze in questione vengano dichiarate illegali. Per una sostanza che viene inserita nella lista, molte altre vengono scoperte e messe in commercio.

“Si viene a conoscenza dell’esistenza di una nuova sostanza sul mercato solo dopo che è stata in circolazione per un po’ di tempo”, spiega ancora a TPI il dott. Francesco Saverio Bersani. “Sono sostanze su cui manca consistente letteratura scientifica di riferimento. Neanche i medici spesso sono in grado di individuare a cosa sia dovuta una determinata intossicazione o reazione. Esiste talvolta una sinergia tra professionisti della salute, ricercatori scientifici e autorità per captare informazioni, analizzare le sostanze e procedere con la messa al bando, ma rimane un processo abbastanza lento”.

“Esistono reti europee di accademici e ricercatori che usano internet per captare le informazioni in merito alle smart drugs”, prosegue Bersani. “Molto spesso di smart drugs si discute online, quindi monitorando questi canali si possono trovare informazioni su nuove sostanze o su nuovi trend di utilizzo che altrimenti sarebbero difficili da reperire”.

Alcuni paesi hanno invertito il processo di messa al bando delle sostanze: invece di dire “queste sono le sostanze illegali, tutte le altre sono legali”, hanno detto “sono tutte illegali tranne quelle indicate”. In questo modo si stringono molto le maglie, ma questo approccio è più difficile da seguire perché riguarda tutti i prodotti chimici, dalle droghe ai detersivi.

Qualche esempio

Dal 2009 il Sistema Nazionale di Allerta Precoce per le droghe del Dipartimento delle politiche antidroga (Dpa) ha rilevato circa 280 smart drugs. Tra queste ci sono Cannabis sintetica, catinoni sintetici, fenetilamine, fenciclidina, salvia divinorum, piperazine e altre.

Un esempio citato dall’Istituto superiore di sanità, è quello della salvia divinorum, una pianta regolarmente e legalmente venduta negli smart shops (come profumatore ambientale) il cui incremento nell’uso ha destato preoccupazione. Alcune ricerche approfondite sugli effetti psicoattivi e allucinogeni della pianta, hanno indotto le autorità a vietarla e a inserire il suo principio attivo, la salvinorina A, nell’elenco delle sostanze stupefacenti e psicotrope.

“In uno studio pubblicato nel 2013 avevamo riscontrato che la vendita di una medicina che si chiama tropicamide, il collirio che usano gli oculisti per indurre una dilatazione delle pupille durante la visita oftalmologica, era aumentata”, spiega Bersani. “Da questo siamo poi arrivati a scoprire che esistono persone che si iniettano il tropicamide per via intravenosa al fine di ottenere effetti psicotropi”. (A questo link il report della ricerca)

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