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Ricordando il 25 luglio 1943

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La notte tra il 24 e il 25 luglio del 1943, il Gran Consiglio del Fascismo sfiduciò Benito Mussolini, interrompendo il suo governo dopo oltre 20 anni

La notte tra il 24 e il 25 luglio del 1943 il Gran Consiglio del Fascismo – che dal 1928 rappresentava il principale organo costituzionale italiano sotto il regime fascista – si riunì per discutere riguardo la posizione di Benito Mussolini, al potere ininterrottamente dal 1922, in seguito agli ultimi sviluppi della Seconda Guerra Mondiale.

Il conflitto, iniziato nel 1939 e che vedeva l’Italia in campo al fianco della Germania di Adolf Hitler e del Giappone a partire dal 1940, aveva preso una piega molto complessa per il nostro paese.

L’Italia era infatti stata sconfitta in Africa dagli Alleati, e la sua spedizione in Russia si era trasformata in una vera catastrofe per i nostri militari. All’inizio di luglio del 1943, le forze britanniche e statunitensi, consapevoli del momento di difficoltà dell’esercito italiano, occuparono prima le isole di Lampedusa e Pantelleria e, il 10 luglio, sbarcarono in Sicilia.

L’Italia non solo stava perdendo il controllo di tutte le sue colonie, ma si trovava il nemico nel proprio territorio. Era ormai palese che l’Italia fosse arrivata al conflitto completamente impreparata, ancora provata dagli impegni bellici in Etiopia, Spagna e Albania degli anni subito precedenti. Anche per questo, tra la popolazione e tra gli alti ranghi dello stato, si iniziò a pensare a una strategia per portare l’Italia fuori dal conflitto.

La situazione, con il passare del tempo, andò peggiorando di giorno in giorno: il 19 luglio, quando gli alleati avevano ormai preso il controllo di buona parte della Sicilia, colpirono con un bombardamento Roma, causando oltre 3mila morti nel quartiere popolare di San Lorenzo.

Il gesto è considerato da molti storici come la goccia che fece traboccare il vaso, e che portò il re d’Italia Vittorio Emanuele III a mettere in atto una manovra per sostituire Benito Mussolini e portare il paese fuori dalla guerra.

Il 24 luglio, il Gran Consiglio del Fascismo dunque si riunì, e il gerarca Dino Grandi propose un ordine del giorno che prevedeva il ripristino di tutte le funzioni statali e la restituzione al re da parte di Mussolini del comando delle forze armate.

Dopo una lunga discussione, i 28 componenti del Gran Consiglio approvarono l’ordine del giorno di Dino Grandi con 19 voti a favore.

Il giorno seguente, Benito Mussolini si recò dal re nella sua residenza di Villa Savoia – oggi Villa Ada – dove, a seguito di un colloquio, venne arrestato. Il fascismo era caduto.

Quando alla radio venne data notizia della sostituzione da parte del re di Benito Mussolini con il Maresciallo d’Italia Pietro Badoglio, in tutta Italia cittadini scesero in strada festanti, convinti che la fine del fascismo avrebbe coinciso con la fine della guerra.

In realtà, la situazione sarebbe stata ben più complessa. Badoglio inizialmente disse che l’alleanza con la Germania avrebbe continuato a essere in vigore, ma tutti avevano la chiara percezione che nel frattempo erano in corso le trattative con gli Alleati per porre fine alla guerra.

Quando la fine delle ostilità tra Italia e Alleati venne resa nota, non sarebbe arrivata la pace in Italia. L’8 settembre di quell’anno, l’armistizio fu reso noto e il Regno d’Italia si schierò dunque contro la Germania, che per risposta invase la penisola fino alla Campania, liberò Mussolini e lo mise a capo di uno stato fantoccio nel territorio sotto il loro controllo: la Repubblica Sociale Italiana.

La guerra, trasformatasi in un conflitto che mise anche italiani contro altri italiani, terminò solamente il 25 aprile del 1945, quando gli Alleati, al fianco di numerosi partigiani, liberarono le maggiori città del nord.

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